Un’impresa da scenario sci-fi. La mostra 10 milliards d’années, che fino al 30 ottobre è ospitata al Musée d’Art et d’Histoire (Mah) di Ginevra, cerca infatti di “raccontare” il concetto di tempo dalla prospettiva dell’universo. Confrontando cioè il tempo scientifico con l’arte e la misurazione che ne fanno gli orologiai. E creando così un dialogo tra la nozione di tempo universale e tempo quantistico.
Da sempre i fisici tentano di misurare il tempo puntando lo sguardo il più indietro possibile, utilizzando anche le tecnologie più sofisticate per risalire al momento primordiale del Big Bang. Ma il tempo concepito dai maestri orologiai non è come quello del fisico, appunto. Tanto per fare un paio di esempi, il primo conta il passare del tempo in secondi, l’altro in nanosecondi. E poi, per gli orologiai, il tempo è regolato in base alle 24 ore del ciclo solare. Per gli astrofisici, invece, ai 10 miliardi di anni di vita del Sole. Come suggerisce il titolo della mostra, tanto si stima essere l’età della stella madre del nostro sistema solare. Ed è grazie a essa se l’uomo ha effettuato le prime misurazioni del tempo.
Tempo universale o soggettivo?
Nessuna città più e meglio di Ginevra, che è sede del Cern e patria dell’orologeria, era deputata a ospitare una mostra come quella che dal 22 luglio è in corso al Musée d’Art et d’Histoire. Mettendo a confronto le nozioni di tempo universale e tempo quantico, 10 milliards d’années fa emergere il contrasto tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. A fare da congiunzione tra i due estremi è l’arte, una disciplina capace di esprimere il tempo come esperienza personale e soggettiva, ma con un valore e un significato in grado di sfidare lo stesso trascorrere del tempo. Una disciplina, quindi, fuori dal tempo.
Come la scienza, infatti, l’arte e l’orologeria richiedono creatività e capacità di pensiero innovativo, necessari per immaginare moduli lunari e telescopi, ma anche opere che trasmettono emozioni e meccanismi sempri più precise che ambiscono all’eternità. L’aspetto che più affascina della mostra, comunque, è osservare come il lavoro dei fisici sia interpretato da artisti e orologiai. Questi ultimi in particolare “sezionano” il tempo, miniaturizzando i moti e i ritmi dell’universo. Non solo hanno inventato complicazioni meccaniche come il calendario perpetuo, l’equazione del tempo e le fasi lunari, ma sono riusciti perfino a stipare la loro rappresentazione nello spazio ridotto di un orologio.
Da vedere a 10 milliards d’années
Esposti nelle sale del Mah, si possono così ammirare rarità artistiche e meccaniche provenienti proprio dai fondi del museo ginevrino, che possiede una delle più importanti collezioni di orologeria del mondo. I capolavori d’epoca illustrano non solo la storia del costume, ma sono testimonianza delle scoperte scientifiche e dell’evoluzione della tecnologia: nella mostra 10 milliards d’années s’incontrano quindi esemplari con autonomi, con suonerie, funzioni aggiuntive e complicazioni astronomiche.
Fra i tanti, ecco per esempio l’orologio “da persona” di Aegidius Ungarus con sveglia e quadrante tattile, della prima metà del XVI secolo. L’orologio da tavola con sveglia stile gotico, in ferro dipinto, di Martin[us] Rager del 1679. Oppure l’esemplare astronomico da tavolo di André Millenet del 1712, che riporta su un singolo quadrante numerose indicazioni. O, ancora, lo spettacolare Planetarium dei George Adams, donato alla Bibliothèque de l’Académie de Genève nel 1775. E curiosità come il micrometro al 1/3600 di millimetro di Benjamin Oltramare, datato 1825/40.
Fra arte e tecnologia
Mentre, a rappresentare l’attualità, si ritrovano diversi modelli da polso realizzati dalle principali maison elvetiche con il concorso di designer, architetti, grafici. Si può così osservare come l’orologeria di oggi continui a perseguire un’altra lunga tradizione che ha contribuito al suo prestigio: l’esplorazione estetica. In mezzo agli strumenti per la misura del tempo, però, le sale del Museo sono “animate” dai pezzi d’arte contemporanea. Tra gli highlight, l’installazione di François Morellet Π weeping neonly n° 1 del 2001. O quella di Alicja Kwade Reflection of Attraction del 2017. Ma ci sono anche opere di Alighiero Boetti, Brognon Rollin, Miriam Laura Leonardi, Gianni Motti e tanti altri…
Accanto alle pendule Neuchateloise e ai massicci pendoli da terra, spicca il moderno totem dell’Electronic Master Clock System, realizzato da Patek Philippe per l’aeroporto di Ginevra-Cointrin. A ben guardare, un punto di incontro fra scienza e orologeria. Così emblematico da diventare l’immagine stessa della mostra.