È possibile che nel creare l’RM 66 Flying Tourbillon, in Richard Mille avessero in testa questa frase: «Rock has always been the devil’s music», il rock è sempre stato la musica del diavolo. Non l’ha pronunciata un curato di campagna ma David Bowie, uno che di rock qualcosina capiva. E che cosa c’entri con questa musica un marchio come Richard Mille è abbastanza evidente a chi conosce l’orologeria. Se c’è un brand che ama pensare al di fuori di schemi e convenzioni, esattamente come fa il rock, è proprio questo.
Lo ha fatto dieci anni fa con l’RM 052 Tourbillon Skull, presentato al Sihh 2012 come interpretazione meccanica sublime del cosiddetto “memento mori”. Quel “ricordati che devi morire”, fin dall’antica Roma era un monito a vivere scansando la superbia e gli eccessi. La mano scheletrica che fa il gesto delle corna, che campeggia sul quadrante dell’RM 66 Flying Tourbillon, va in tutt’altra direzione. Quella indicata dal rock ‘n’ roll: scioccare, scuotere e rivoluzionare lo status quo, vivendo la vita al massimo.
L’anima rock di Richard Mille
Nella cultura rock, il teschio è un simbolo di ribellione e sopravvivenza. Mentre le corna suggeriscono l’idea di “fare casino” e dicono «noi ti adoriamo» a un artista impegnato a violentare la chitarra per trarne musica immortale. Hanno un significato che richiama l’essere parte di un clan, sono un simbolo di cameratismo che urla: «Noi apparteniamo a questa tribù».
Nel caso dell’RM 66 Flying Tourbillon, la tribù non è solo quella dei pochi fortunati dal portafogli profondo, che potranno sborsare la bellezza di 985.000 franchi iva esclusa per acquistare uno dei 50 orologi prodotti dal Marchio. È anche e soprattutto la tribù di chi capisce di alta orologeria ed è capace di guardare al di là di un oggetto irriverente, deliberatamente oltre le regole e, per questo, Richard Mille fino al midollo. Vediamo insieme perché.
Qua la mano!
Come è ovvio, e come immagino abbiano voluto in Richard Mille, ciò che cattura l’occhio quando cade sul quadrante è la mano in oro rosso. Come se fosse vista ai raggi X, afferra letteralmente il ponte centrale del movimento mentre fa il gesto delle corna. Creata da squadre di lavoro supervisionate da Olivier Vaucher, rinomato incisore ginevrino, è micropallinata, lucidata e rifinita interamente a mano in maniera artigianale.
È costituita da cinque pezzi prima fresati, sui quali il lungo e meticoloso lavoro di levigatura e lucidatura mette poi in risalto i contorni delle ossa e le delicate articolazioni, con la loro finitura micropallinata.
La scheletratura del movimento e il doppio vetro zaffiro su quadrante e fondello consentono di apprezzare un dettaglio che trovo fighissimo: le falangi ripiegate del pollice, del medio e dell’anulare, che consentono alla mano di tenere saldo il movimento sono visibili dal retro dell’orologio. E danno all’intero quadrante una tridimensionalità mai vista, o quasi.
Giocare con i materiali
Tanto per evitare la banalità, la cassa dell’RM 66 Flying Tourbillon è un mix di tre materiali sui quali Richard Mille ha costruito tanta parte della propria eccellenza. Carbonio Tpt per lunetta e fondello (se ancora non sapete di che cosa si tratta, leggete qui), titanio grado 5 e oro rosso per la carrure. Quattro placchette di quest’ultimo materiale, poste sul lato cassa, hanno una lavorazione a clou de Paris. Che però, in un pezzo come questo, anziché ispirarsi all’estetica dell’alta orologeria, ricordano le borchie che tempestavano cinture e “chiodi” di metallari e punk. Un lavoretto che ha impegnato il team casse per 1.500 ore di ricerca e sviluppo e 9 mesi di lavoro.
Un modo per mescolare mondi anche lontani che, come spiega Alexandre Mille, direttore commerciale di Richard Mille, è tipico del brand: «Al marchio piace giocare con i contrasti, giustapponendo regni che sono completamente in contrasto. I nostri orologi si sono sempre distinti. Con sensibilità e sfumatura, testimoniano il nostro grande amore per la tecnica e l’innovazione, il nostro abbraccio aperto dei molti mondi che ci circondano».
La corona dell’RM 66 Flying Tourbillon
Insomma, l’RM 66 Flying Tourbillon sembra essere principalmente un orologio scenografico, “orgogliosamente anticonvenzionale” come lo definisce il brand. Ma è anche un concentrato di tecnologia con dettagli che lasciano a bocca aperta. Pensereste mai che per sviluppare la sola corona i tecnici di Richard Mille ci hanno messo la bellezza di 200 ore? Roba che un amanuense dell’XI secolo ci avrebbe messo meno a trascrivere 100 pagine di un classico latino.
Senza contare le 12 ore che ciascuna corona richiede per essere lavorata e rifinita. «Per che cavolo ci hanno messo così tanto?», potreste dire? Perché questa corona non serve solo a caricare l’orologio ma a proteggerlo dall’utilizzatore maldestro. Quello che carica, carica, carica… e arriva a violentare la molla senza saperlo. E senza rendersi conto che il povero orologio grida di dolore.
Una sovraccarica accidentale può infatti causare danni all’albero di carica o esercitare un’eccessiva tensione sulla molla nel bariletto. Per evitarlo, la corona è dotata di un limitatore di coppia, un dispositivo di largo uso in meccanica che permette di ridurre la coppia torcente a un valore massimo oltre il quale non può andare. In sostanza, blocca la trasmissione del moto tra l’organo trainante (la corona) e quello trainato (la molla), intervenendo quando sulle strutture di collegamento s’iniziano ad avere sollecitazioni eccessive a causa del sovraccarico.
Così la corona si disinnesta automaticamente quando la tensione della molla nel bariletto è ottimale. Una finezza tecnica che dal punto di vista estetico ha la forma di un artiglio in titanio grado 5, lucido. E quanto sia difficile lucidare il titanio, che prende fuoco come fosse paglia, dovreste saperlo. I sei bracci dell’artiglio afferrano una guarnizione in gomma, la stessa usata per il cinturino, e il punto di aggancio incrocia un rubino sintetico posto sul prolungamento dello stelo di avvolgimento.
Sulla testa della corona, un minuscolo teschio, anch’esso in titanio, è il richiamo più evidente all’RM 052 Tourbillon Skull. Del resto Julien Boillat, Direttore del dipartimento casse di Richard Mille, in una breve intervista a corredo del lancio dell’RM 66 Flying Tourbillon ha detto che in azienda cercavano da anni un successore di quell’orologio. Ed eccolo qui.
Il calibro RM 66
Tutta quest’abbondanza di meraviglie tecniche, estetiche e di materiali non ci deve far dimenticare che senza il suo cuore meccanico, anche un pezzo come l’RM 66 Flying Tourbillon sarebbe come la donna cantata da Cocciante: bello senz’anima.
L’architettura del calibro manuale RM 66 mette a ore 6 il bariletto a carica rapida, che fornisce all’orologio un’autonomia di 3 giorni, mentre il tourbillon volante è in evidenza a ore 12. Non è la prima volta che Richard Mille si cimenta con un questo tipo di tourbillon (chi non ne ricordasse le caratteristiche, può leggere questo articolo). Ma prima d’ora non lo aveva mai messo in questo posto d’onore, a bilanciare l’ingombrante mano cornuta.
Il tourbillon volante ha il bilanciere a inerzia variabile, una caratteristica che assicura una maggiore affidabilità in caso di urti e nelle operazioni di assemblaggio e manutenzione. Inoltre, garantisce migliori risultati cronometrici sul lungo periodo. La gabbia del tourbillon è fissata solo a un’estremità dell’asse, eliminando il ponte superiore in modo da accentuare visivamente l’impressione che esso galleggi nel vuoto. Un vuoto accresciuto dalla scheletratura completa del calibro, in titanio grado 5, e, come ho scritto prima, dal doppio zaffiro su fondello e quadrante.
La forza del messaggio
Oggi preferisco chiudere qui, lasciando alle didascalie ulteriori informazioni su quadrante, dimensioni, dettagli tecnici del movimento. Per concentrarmi su una riflessione finale che non ha a che fare con il prezzo dell’orologio: perché costano tanto i Richard Mille, l’ho già spiegato qui. E la sostanza non cambia con l’RM 66 Flying Tourbillon.
Quello su cui voglio soffermarmi è la volontà che l’alta orologeria ha, ogni tanto, di prendersi meno sul serio. Lo fa con orologi come questo, nel quale un paio di corna è capace di oscurare le tecniche più avanzate, l’impiego di materiali di ultimissima generazione, anni e anni di ricerca e sviluppo. Senza sminuirli, badate, ma facendo in modo che il messaggio (“Let’s rock!”, in questo caso) sia più forte del prodotto.
Personalmente non credo che vedremo l’orologio al polso di qualcuno che quarant’anni fa girava per Londra con la cresta blu e una spilla da balia infilata nella narice, o che si spiaccicava contro le transenne, ipnotizzato dalle dita di Angus Young. Più facile pensare a qualche manager di Singapore, fiero di mostrare che chi veste in doppiopetto può nascondere un’insospettabile punta di trasgressività. Anche questo, signori, è Richard Mille.