Approfondimenti

Gli anelli-orologio, una storia lunga secoli

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Degli anelli-orologio di Chanel abbiamo già scritto altrove. Ma quelle magnifiche creazioni – come spesso succede in orologeria – hanno dietro di sé una lunga storia da raccontare. Lo ricordiamo: si tratta di autentici gioielli che celano un microscopico orologio sotto una o più gemme montate a castone su anelli da signora, destinati al pubblico femminile ma capaci di suscitare ammirazione e stupore in chiunque.

Sollevando la gemma o la parte superiore della montatura, gli anelli-orologio Chanel rivelano un minuscolo quadrante. Il movimento, per ragioni di dimensione e di precisione, è al quarzo. Il piccolissimo objet de vertu resta nascosto come splendido accessorio fino a quando – in un momento sapientemente scelto dalla fortunata che lo possa esibire – la cupolina superiore venga delicatamente aperta con nonchalance, rivelando il piccolo segreto.

Prodigi della tecnica moderna? Nuovi traguardi che l’attuale tecnologia rende disponibile? Saremmo tentati di dire di sì, se non fosse che le cronache antiche, per noi sempre fonte inesauribile di meraviglia e di informazioni, non ci rivelassero storie quasi incredibili. Riscontrate peraltro in documenti e atti d’epoca, per cui non possiamo dubitare della loro veridicità.

Un salto indietro di cinque secoli

Partiamo anche stavolta per un viaggio del tempo e ci spostiamo in Veneto, nella zona di Vicenza. Siamo nel XVI secolo, un’epoca di grandissima fioritura della scienza dell’orologeria, in cui ancora in Italia potevamo vantare grandissimi maestri dell’Arte, in grado di competere con i migliori costruttori d’Oltralpe. Giacomo Marzari, storico della città di Vicenza, in un suo celebre testo intitolato Storia di Vicenza, ci narra delle personalità di spicco della bella città palladiana. E in particolare, intorno al 1570, di un personaggio affascinante: Giorgio Capobianco da Schio.

Artista e costruttore audace e peritissimo, secondo altre cronache a lui contemporanee progettò e costruì persino automi in forma di vascello. I quali, posti lungo le principesche tavole imbandite dei grandi committenti cui erano destinati, si muovevano lungo la tavola, con tanto di marinai a bordo in azione, e persino piccolissimi cannoni che a tempo debito sparavano a salve, indubbiamente suscitando lo stupore e il divertimento dei commensali. Ma gli anelli-orologio, diranno i nostri lettori? Ecco subito il mistero svelato.

Il mirabile esemplare di Capobianco

Stando alla cronaca del Marzari, il nostro Giorgio Capobianco progettò e costruì un orologio celato in un anello, un vero piccolo capolavoro. Ma facciamoci narrare la storia nelle parole dell’antico cronista. “Giovanni Giorgio Capobianco, nuovo Prassitele, merita d’essere con gli altri ingegni vicentini annoverato, havendo con la sottilità del sopra umano intelletto suo fatte opere maravigliose et di stupendo magisterio. Fabricò tra l’altre un horologio dentro di un portabile anello, che aveva intagliati nella testa i dodici celesti segni, con una figurina framezzo, che segnate mostrava per numero l’ore, giorno e notte pulsanti…“.

Già qui possiamo fare le nostre prime considerazioni. L’orologio, naturalmente meccanico, portava i dodici segni dello Zodiaco. Potremmo essere indotti a immaginare qualche funzione astronomica, ma la cronaca non ci fornisce ragguagli e potrebbe anche darsi di una semplice decorazione a fini estetici. Ciò su cui non abbiamo dubbi è che il piccolo tesoro fosse dotato di suoneria, visto che Marzari ci dice che l’orologio aveva le ore del giorno e della notte pulsanti. Il tutto nelle dimensioni del castone di un anello. Non siamo in grado di narrare di più di questo piccolo tesoro, e confidiamo che future ricerche rivelino negli archivi antichi ulteriori informazioni. Ma Marzari ci racconta ancora quanto sia stato importante questo anello-orologio per il Capobianco stesso.

Un capolavoro salvifico

Proseguendo nella sua scarna descrizione, leggiamo infatti che: …il quale [Capobianco] avendolo donato all’eccellentissimo Duca di Urbino Guido Ubaldo [Guidobaldo II Della Rovere, 1514 / 1574, duca di Urbino e celeberrimo mecenate] fu potissima cagione della salvezza di sua vita, perché avendo egli ucciso un nemico suo in Rialto di Venezia con un stiletto, et preso e condotto nelle forze della giustizia, dovendo morire operò sua eccellenza di modo presso la Serenissima Signoria, servendosi anco dell’autorità di Carlo V Imperatore, che gli fu salvata, restando esule.

L’ammirazione del Duca di Urbino verso il genio del nostro orologiaio e la mediazione dell’Imperatore Carlo V permisero a Capobianco di aver salva la vita, e limitarono la condanna all’esilio dai territori della Serenissima. Del resto in quell’epoca non era inconsueto che personaggi notevoli per ingegno frequentassero ambienti quantomeno di dubbia fama, o fossero coinvolti in quelli che oggi chiameremmo “fattacci da cronaca nera”.

Del piccolo capolavoro purtroppo abbiamo perso le tracce. Probabilmente – visto che il buon Capobianco, cacciato dai territori veneziani, non fu più in grado di assicurargli la necessaria manutenzione – finì come tanti altri congegni con il diventare inservibile. Ed è anche probabile che a un certo punto sia stato fuso per recuperare il metallo prezioso. Sta di fatto che sembrerebbe irrimediabilmente perduto. Ma la sua fama sopravvisse all’autore e ancor oggi ci permette di avere migliore consapevolezza circa le capacità progettuali e realizzative dei grandi maestri orologiai italiani dei secoli passati.

Gli anelli-orologio, da oggetti d’élitari ad accessori di moda

È necessario aggiungere comunque che la produzione di simili creazioni proseguì nel corso dei secoli successivi, seppur sporadica e affiancata da altri modi di indossare gli strumenti per la misura del tempo. Mentre l’arte della miniaturizzazione portò a inserire meccanismi per l’indicazione dell’ora perfino all’interno dei bottoni, gli anelli-orologio continuarono ad avere successo presso i ceti più elevati. Commissionati più dai nobiluomini che dalle nobildonne, con grande sfoggio di oro, smalti e pietre preziose, erano esibiti proprio per stupire.

Se ne ha la riprova negli archivi delle maison storiche come nelle raccolte museali, pubbliche e private, che testimoniano l’evoluzione degli orologi-gioiello secondo l’avvicendarsi del gusto e delle mode. Dalle fogge più simili agli esemplari da tavolo e da tasca per tutto il XIX secolo, si ingentiliscono con la Belle Epoque e con il Liberty acquistano decori floreali. Durante il periodo dell’Art Déco, invece, assumono linee geometriche: realizzati soprattutto in platino, vengono incastonati quasi esclusivamente da diamanti – con qualche eccezione per le pietre di colore, di solito taglio baguette. Diventano quindi più fantasiosi negli anni Quaranta/Cinquanta del Novecento, e ancor di più tra i Sessanta e i Settanta.

L’avvento del quarzo, infine, li trasforma in oggetti dalla vocazione pop. E se ancora agli inizi del nuovo millennio sono in particolare le Case più prestigiose dalla vocazione gioielliera a creare preziosi pezzi unici, gli anelli-orologio dei nostri giorni sono diventati una tendenza, ricorrente di stagione in stagione con forme sempre nuove. Certamente, nelle battute delle case d’asta può capitare ancora di imbattersi in pregiati esemplari del passato, ricercatissimi dai collezionisti, mentre le grandi Marche periodicamente creano ancora pezzi unici o tirature limitatissime ad alta caratura, ma ormai li si ritrova in tutti i segmenti di mercato, anche a prezzi irrisori. Semplici accessori di moda, alla portata di tutti.