Storia e storie

Elgin, esperimenti elettrici non riusciti

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Dopo Lip, Elgin. Proseguiamo il racconto della storia degli orologi elettromeccanici, e riprendiamo il discorso con la Marca americana che, come abbiamo visto, a tratti ha affiancato il cammino di quella francese. Una Casa, a sua volta, dal lungo passato e in grado perfino di anticipare di un decennio i risultati d’Oltralpe.

Elgin, Illinois

Elgin è una città che si trova a una sessantina di chilometri da Chicago. Nel 1865 divenne sede del primo stabilimento della National Watch Company, azienda che nel 1875 mutò il proprio nome adottando anche quello della città stessa. Per quasi un secolo fu una delle maggiori fabbriche di orologi del mondo: produsse almeno la metà di tutti gli esemplari da tasca fabbricati negli States e negli anni Venti del Novecento contava 4.600 lavoratori.   

Prima dell’istituzione dei fusi orari, sul territorio americano regnava una profonda difformità nella misurazione del tempo: soltanto nel Wisconsin erano in uso 38 orari differenti. Nel 1908, il Presidente Theodore Roosevelt decise quindi di riorganizzare il sistema orario e affidò l’incarico al National Bureau of Standards (oggi Nist, National Institutes of Standards and Technology). Rispondendo all’appello, nel 1910 Elgin costruì un Osservatorio astronomico con un telescopio per calcolare il tempo siderale e dotare così i propri orologi di un’accuratezza senza pari.

L’inizio della fine

Gli affari di Elgin andarono nel migliore dei modi fino alla Seconda guerra mondiale, quando la Manifattura riconvertì la produzione a fini bellici. Il vuoto produttivo nazionale lasciò campo libero ai concorrenti. E fu così che gli orologi elvetici conquistarono il mercato americano: durante il conflitto, ogni anno la Svizzera esportava negli Usa 7 milioni e mezzo di esemplari, che coprivano il 75% della domanda locale (pari quindi a 10 milioni).

Elgin non fu più in grado di recuperare le fette di mercato perdute. Provò perfino la strada dei modelli ultra-economici, quelli che avevano prezzi così bassi da rendere più conveniente un nuovo acquisto al posto della riparazione. Ma non riuscì più a risollevarsi.

Nel 1964, un secolo dopo la fondazione, la fabbrica di Elgin venne chiusa e due anni dopo demolita, mentre la produzione fu delocalizzata in altri luoghi. Nel ’68 l’attività cessò del tutto e il Marchio venduto. Dopo vari passaggi di proprietà, arrivò nelle mani di un produttore cinese di basso livello. Mentre l’osservatorio era stato donato già nel 1960 a una scuola pubblica, cui appartiene tuttora.

Il calibro 722

La produzione di orologi elettromeccanici influì notevolmente sulla rovina della Marca. A partire dagli anni Trenta, Elgin aveva dato il via allo sviluppo di un calibro di questo tipo, ma le ricerche si erano arenate durante la guerra. Poi, nel ‘46, riprese gli studi, che in seguito procedettero in modo spedito anche grazie alla collaborazione con Lip, iniziata nel ‘49.

Come già scritto altrove, il 19 marzo 1952, all’Hotel Blackstone di Chicago, il Presidente di Elgin John Shennan presentò alla stampa il modello Electronic con il calibro 722. L’evento conobbe un’ampia risonanza. Per cogliere l’atmosfera, durante la presentazione il movimento era esposto in una vetrina segnalata da una freccia rossa lunga due metri. Spirito americano…

Dal punto di vista tecnico, il calibro 722 si basava sugli stessi principi di funzionamento del Lip R27. Anche il questo caso il bilanciere era fornito di un magnete permanente animato da una bobina, alimentata a ogni oscillazione per mezzo di un filo che il passaggio stesso del bilanciere metteva a contatto con il polo positivo dell’alimentazione.

Il calibro 722 aveva davvero dimensioni minuscole: misurava 18 x 14 x 4 mm. Sagomato a mezzaluna, lasciava spazio all’interno della cassa per una batteria con la stessa forma insolita. In seguito, quando si comprese che tutte le pile non cilindriche soffrivano di innumerevoli problemi, i tecnici di Elgin ne montarono due in parallelo. Nel 1952 inoltrarono domanda di brevetto per il movimento, ma lo ottennero solo 6 anni dopo.

Il calibro 725

Proprio come accadde con il prototipo francese, il calibro 722 non si rivelò per niente adatto alla produzione industriale: troppo piccolo, troppo diverso da ciò che offriva il mercato, aveva bisogno di un’esperienza non ancora raggiunta. La Elgin passò oltre e nacque così il calibro 725. Un po’ più grande del precedente (25 mm di lunghezza), montava un’unica pila – trasferita sul fondello già nella versione definitiva del calibro 722. L’utilizzo di due pile, necessariamente impossibilitate ad avere lo stesso voltaggio, creava correnti parassite che ne riducevano la durata.

Nel corso degli anni, la produzione toccò i 9mila pezzi, incassati in esemplari marchiati Lord Elgin (nome dedicato alle collezioni maschili, mentre quelle femminili erano chiamate ovviamente Lady Elgin). Li si poteva acquistare soltanto nella zona di Chicago: nel 1962 la versione con cassa in acciaio costava 79,95 dollari e quella placcata oro 89,95. L’obiettivo però era riuscire ad abbassare il prezzo fino a 49,95 dollari.

In realtà il 90 per cento degli orologi venduti fu oggetto di reso. Elgin distrusse gli orologi tornati in assistenza, il che spiega la rarità di pezzi oggi disponibili, che appaiono di rado nei negozi specializzati (come Unwind in Time, in Texas) e raggiungono spesso quotazioni di rilievo.

Malgrado i miglioramenti apportati al movimento, anche il 725 presentava infatti numerosi difetti. La meccanica era troppo delicata e si rompeva al minimo gesto, mentre il contatto elettrico si bruciava facilmente. Per risolvere quest’ultimo problema, proprio come alla Lip, in parallelo alla bobina fu installato un diodo con funzione di spegniscintilla.

…e il 910

Prima di abbandonare del tutto il progetto, però, Elgin provò a giocare un’ultima carta. E mise a punto un’ulteriore evoluzione del movimento: il calibro 910. I cambiamenti erano simili a quelli attuati da Lip nell’R148: il bilanciere alleggerito, la platina riprogettata, la bobina ridisegnata e fissata a entrambe le estremità (non più solo dalla parte opposta al bilanciere), il doppio filo di contatto, il treno del tempo ridotto nelle dimensioni per far posto a fili più robusti. Il calibro 910 fu montato esclusivamente in una cassa di acciaio, ma ben pochi esemplari raggiunsero effettivamente il mercato.

A conti fatti, l’avventura elettromeccanica di Elgin finì per essere disastrosamente costosa. E diede un decisivo apporto alla chiusura definitiva dell’azienda.