Dopo un periodo di interruzione, riprendiamo la serie di articoli sulla storia degli orologi elettronici. Eravamo rimasti al MoSaBa: e ora restiamo tra gli anni Sessanta e Settanta, ma ci spostiamo in Germania, per focalizzarci su Junghans…
La Junghans è nata nel 1861 a Schramberg, nel Baden Württemberg, e dopo circa un secolo di storia inizia a dedicarsi con impegno agli elettrici. Poiché i tedeschi partono un po’ dopo francesi, americani e svizzeri, riescono a saltare la fase del contatto elettrico – che come abbiamo visto è una fonte inesauribile di problemi – per approdare direttamente al transistor con l’immancabile tecnologia ATO. Il calibro J100 è pronto nel 1961 con bilanciere con i magneti permanenti a bordo e bobina fissa. Questo calibro però non tollera bene il movimento, che causa importanti scarti di misurazione, e finisce negli orologi da tavolo. Occorre lavorare altri 6 anni.
Il primo vero calibro elettronico da polso, il movimento J600 o 600.00 “ATO-Chron” (o “Dato-Chron” per quelli con il datario), è finalmente presentato nel 1967. Ha dimensioni di 30,5×5,7 mm, un bilanciere che oscilla a 3 Hz, e nel primo anno ne vengono venduti 10mila pezzi. Nel 1968, arrivano le varianti 600.10 e 600.12 con datario. Entro il 1975, ne sono prodotti oltre 100.000 esemplari. Nonostante un comune difetto di rapida usura dell’asse del bilanciere e rotture occasionali della bobina fissa, oggi è ancora possibile trovare esemplari funzionanti. Lo Junghans 600 sarà copiato a piè pari dai sovietici per il loro primo elettronico, il Luch 3045.
L’era del quarzo
Anche lo studio del quarzo inizia esattamente un secolo dopo la fondazione. Il progetto per un orologio da polso al quarzo parte con calma, finanziato dalla ricerca del Land del Baden Württemberg. Dopo 7 anni di sviluppo, nel 1968, la Junghans annuncia i rivoluzionari risultati dei quarzi Beta 1 e 2 depositati all’Osservatorio di Neuchâtel: ben 10 Beta nei primi 10 posti. La cosa dimostra l’incredibile precisione e affidabilità della nuova tecnologia. Questo catalizzatore risveglia l’interesse della Junghans: che, in collaborazione con altri pionieri dell’orologeria elettronica, inizia a esplorare il potenziale del quarzo per i movimenti degli orologi da polso.
Nel 1970, la Junghans presenta con orgoglio un prototipo innovativo che incorpora un quarzo di ragguardevoli dimensioni operante a 8.192 Hz, la stessa frequenza dei Beta 2. Questo quarzo è accoppiato a un chip con soli 13 step di divisione, dato che ogni step aggiuntivo avrebbe consumato ulteriore corrente. Come molti altri pionieri, la Junghans si trova a dover inventare un nuovo tipo di motore per adattarsi a questa nuova tecnologia. La scelta ricade su un’ancora con una bobina mobile: quando alimentata, si avvicina al magnete fisso e con un indice spinge direttamente (con un suono distintivo) la ruota dei secondi, che presenta 60 denti. Una molla si occupa quindi di riportare l’ancora alla sua posizione originale, completando così il ciclo.
Junghans Astro-Quartz 666
Il 14 aprile 1971, l’innovativo movimento W666 “Astro-Quartz” fa la sua prima apparizione pubblica all’Hotel Intercontinental di Francoforte. L’anno successivo, nel 1972, entra ufficialmente in produzione. I primi 25 esemplari sono prodotti in-house. Ma, a causa di scarti eccessivi durante il taglio dei quarzi – oltre il 50% – la Junghans decide di acquistare cristalli di taglio AT da Siemens. E garantisce così una maggiore precisione e affidabilità nel processo di produzione.
Nonostante le sfide iniziali, il calibro 666.00 si rivela una creazione notevole. Il prezzo di 800 marchi per gli orologi alimentati da questo movimento lo colloca però in una fascia di mercato più alta. Nel 1974, la Junghans risponde alla sfida introducendo le revisioni 666.02, che utilizza un quarzo alla frequenza standard di 32.768 Hz, fornito stavolta da Motorola, e il calibro 667. Quest’ultimo opta per un normale motore Lavet, e riesce così a ridurre significativamente i costi, consentendo una maggiore accessibilità. Le varianti del calibro 667 includono la 667.00 senza alcuna complicazione, la 667.20 con datario e la 667.30 con day-date, offrendo opzioni per ogni esigenza.
L’alta frequenza
Durante la produzione, la Junghans adotta una nuova strategia di approvvigionamento: acquisisce quarzi a forma di diapason dalla giapponese NDK e chip integrati dall’americana Intersil. Una versione particolarmente intrigante di questa serie è la 667.26, che presenta un quarzo operante a una frequenza straordinaria di 4.194.304 Hz, quasi il doppio rispetto ai 2,4 MHz dell’Omega 1510 Megaquartz. L’elevata frequenza si traduce in una precisione straordinaria che raggiunge uno scarto di 0,08 secondi al giorno.
Sorprendentemente, nonostante la frequenza significativamente più alta del quarzo, il consumo di energia è di soli 12 microampere, grazie al chip prodotto da Eurosil e, come detto, al basso numero di divisore per due. Ciò consente una durata della batteria di un anno, rappresentando un notevole progresso tecnologico.
Alla fine, il totale dei movimenti prodotti da 666 e 667 supererà i 40.000 esemplari. Il che dimostra il successo e l’innovazione di Junghans nell’abbracciare la tecnologia del quarzo.