Storia e storie

Il MoSaBa e gli altri ESA al diapason

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Proseguiamo il racconto dei movimenti al diapason realizzati dalla ESA tra gli anni Sessanta e Settanta, e lasciato in sospeso la scorsa settimana… Protagonista il MoSaBa, uno dei calibri più famosi dell’epoca.

All’inizio degli anni Sessanta si pensa che il diapason abbia un grande avvenire davanti a sé e che ci sia spazio per molti miglioramenti. Il progetto originale 214 di Max Hetzel si rivela infatti troppo sensibile agli urti e alla posizione, con notevoli scarti dovuti alla gravità terrestre. A un certo momento si troveranno contemporaneamente a lavorare sul diapason, oltre a Bulova con le evoluzioni del 214, anche il Centre Eletronique Horloger (CEH) con i progetti Alpha e Gamma, Hetzel stesso (che faceva un po’ azienda a sé all’interno di CEH) col progetto Swissonic, e la stessa ESA.

Soluzione diapason: gli esordi del MoSaBa 9160

Proprio la ESA avvia nel 1961 gli studi su insistenza del Direttore di ETA, Heinrich Stamm. A capo del team c’è André Beyner. La soluzione ai problemi gravitazionali è un diapason completamente ridisegnato, a forma di “H”, e fissato al centro anziché in basso, con i magneti a un estremo e all’altro dei contrappesi. Questa forma riduce grandemente gli errori posizionali e aumenta la resistenza agli urti. Ciò permette di stare nel ±1 secondo al giorno di precisione e ±0,5 secondi di scarto posizionale: un buon miglioramento rispetto all’Accutron originale, che aveva uno scarto di ±2 secondi se immobile ma ben ±4,5 se in posizioni diverse. La frequenza di vibrazione è 300 Hz. Nonostante le molte differenze e migliorìe, il concetto è comunque lo stesso dell’Accutron, tanto che richiedere una licenza Bulova è imprescindibile. Il movimento prende il nome di MoSaBa, dal francese Montre Sans Balancier.

Il miglioramento tecnico e qualitativo è evidente, stante anche i molti anni trascorsi dal progetto di Hetzel e il prezzo più alto in cui si posizionano questi modelli: i due moduli con le bobine sono facilmente smontabili senza rimuovere il diapason, la parte elettronica è molto miniaturizzata. Il modulo motore è separato dalla platina col resto del treno e il datario. In generale il movimento è molto più facile da disassemblare, revisionare e rimontare. Nel corso degli anni le bobine si sono rivelate sensibili all’umidità e all’acido delle pile (quella lato pila si rovina più facilmente). Inoltre occorre una mano esperta per regolarne la velocità: capita spesso che una regolazione fatta a tentativi comporti il raddoppio della velocità del motore, perché a certe condizioni l’indice fissato al braccio del diapason prende due denti anziché uno a ogni vibrazione.

Quasi come Orazi e Curiazi

Nel 1965 il MoSaBa è pronto, ma rimane ancora da chiedere la licenza. Come ai tempi leggendari della Roma dell’età regia, si incontrarono 3 persone per ESA (André Beynier, Léo e François Dupasquier) e 4 per Bulova (Sol Flick, Harry Hensel, Jules Sandoz e Hans Schaller). Dopo 3 anni di discussioni ci si accorda per un milione di dollari una tantum, svariati dollari per ogni movimento e l’incisione di “Licensed by Bulova” sul ponte superiore.

Appena si trova l’accordo, nel 1968, viene presentato il calibro 9160, senza data. Non si sa se sia stato incassato in qualche orologio: personalmente non ne ho mai visto un esemplare. L’anno successivo arriva il modello a più vasta diffusione, il 9162 col datario, mentre occorrerà attendere il 1972 per la versione day/date, numerata 9164. Il modulo elettronico era prodotto da EEM, la parte meccanica da ETA.

Il successo del MoSaBa

Il MoSaBa ha conosciuto un ottimo successo ed è stato incassato, con diversi gradi di finiture, da Omega (per la maggior parte), Longines, Movado, Zenith, IWC, Solvil & Titus, Certina, Baume & Mercier, Tissot, Rado, Eterna e altri ancora. Dopo la fine della produzione, nel 1976, una parte dei fondi di magazzino fu acquistata da Imado per realizzare il modello Tuning Fork. Il MoSaBa è stato prodotto anche ad Hong Kong per il mercato asiatico con i nomi di 536.111 (9162) e 536.121 (9164).

Siccome al pari del maiale non si butta via nulla, sono sopravvissuti persino i fondi dei fondi. E nel 1990, alla Fiera di Basilea, la Technos di Neuchâtel presenta l’orologio Mosaba, con fondello trasparente, che al giorno d’oggi è reperibile soprattutto in Giappone.
Tuttora è estremamente facile trovare sia orologi che incassano il MoSaBA, sia i relativi ricambi, addirittura nei loro incarti originali.

Soluzione diapason + cronografo: 9210

ESA si preoccupa di avere a listino anche un cronografo, che sarà l’unico mai realizzato a essere mosso da un diapason. Anziché sviluppare un movimento da zero preferisce un approccio modulare. Incarica perciò la Dubois Dépraz di creare un modulo cronografico da infilare a mo’ di panino tra il motore e la platina col datario. Nel 1972 il progetto è pronto e il calibro ESA 9210 viene presentato a Basilea l’11 maggio, insieme alla versione 9164, solotempo con day/date.

Nei tre anni di produzione complessivamente ESA ne ha realizzato 21mila esemplari, così ripartiti: 12mila Omega 1255, gli unici color rame, in genere incassati nel modello Speedsonic; 3mila Longines Ultronic L749.2; 3mila Certina C-Tronic Chronolympic 749; 3mila Baume & Mercier Tronosonic Chronograph 19210. Questi ultimi sono rifiniti un po’ meglio, color nickel e lavorati a Côtes de Genève. Invece i fondi di magazzino Longines sono stati venduti come Derbysonic Chronograph. E sul loro quadrante, sopra le finestrelle del datario, restano visibili i forellini in cui si applicava la clessidra alata, che peraltro resta visibile incisa nella fibbia.

La versione cronografo resterà in vendita dal 1972 al 1976.

Soluzione quarzo: i calibri 9180 e 9240

Di calibri al quarzo ESA ne ha realizzati un’infinità. Ci limitiamo qui ai primi due, il calibro 9180 e il calibro 9240 realizzati nel 1972, perché rappresentativi del periodo di passaggio.

Il quarzo infatti è già da 32.768 Hz ma è ancora in forma di barra, abbastanza sensibile agli urti. Il chip è già un integrato Eurosil CMOS ma il motore è ancora un Lip con rotore a 8 magneti di platino-cobalto e bobina fissa a 4 ciambelle, che si era già visto sul Lip R33. Questo tipo di motore aveva un difetto: i rubini del rotore si usuravano velocemente per le forze magnetiche non tangenziali ma perpendicolari al rotore stesso, il che provocava una continua attrazione e repulsione da parte delle bobine. L’istituto di ricerca LSRH di Neuchâtel dovette studiare un olio apposito, il G5.

Il vantaggio del motore Lip è una totale silenziosità di funzionamento. L’aspetto del calibro 9180 ricorda da vicino il 9158, da cui riprende l’esperienza accumulata.

Le varianti del calibro 9180 montate in orologi da uomo sono state il 9181 con datario mensile e il 9182 con datario settimanale. Il calibro 9240 montato negli esemplari da donna, delizioso nelle ridotte dimensioni, ha visto le varianti 9241 e 9242. Tratteremo il resto della storia della Svizzera nel mondo elettrico in un prossimo futuro.