Il commento più bello che ho letto sul nuovo UR-230 Polaris di Urwerk l’ho trovato su un sito specializzato americano. Riferendosi al predecessore di questo orologio, ossia l’UR-230 Eagle, l’autore scrive che la nuova referenza “somiglia più a uno Stormtrooper che a Darth Vader”. Non serve essere dei fan di Guerre Stellari per capire che la differenza principale tra i due orologi, esteticamente parlando, sta nel colore della cassa: nera quella dell’Eagle, bianca quella del Polaris. Il cui nome richiama proprio il concetto di candore.
Il carosello dell’UR-230 Polaris
All’UR-230 Eagle avevamo dedicato una pillola all’interno di uno dei nostri oroscopi, circa un annetto fa. Se andate a rivedere l’immagine a corredo e la confrontate con quella del Polaris, capite subito la citazione alla George Lucas di cui sopra. E capite subito che anche questo UR-230 adotta il sistema di affissione dell’ora “vagabonda” simile a quello impiegato dall’UR-100 Electrum, di cui scrissi tempo fa, tipico della manifattura svizzera. Simile, ma non uguale, perché pare che in Urwerk non si annoino mai, per cui hanno sostituito i tre dischi delle ore con altrettanti prismi.
Per il nuovo UR-230 Polaris, la Manifattura ha infatti sviluppato una versione sofisticata della complicazione a satelliti girevoli che è la firma meccanica di Urwerk. Su un carosello a tre braccia, altrettanti prismi rotanti recano ciascuno quattro numeri, uno per ogni faccia. Scorrono lungo una sezione di 120 gradi, con la faccia dell’ora corrente rivolta verso l’osservatore. Ciascun prisma è inserito in una lancetta retrograda tridimensionale in alluminio che indica i minuti. Terminata la corsa dei 60 minuti, la lancetta scatta e ritorna allo 0, dove accoglie il prisma che indica l’ora successiva. E così via.
Il sistema ingegnoso funziona grazie al calibro automatico di manifattura UR-7.30 con doppio bariletto, che lavora a 28.800 alternanze/ora per 48 ore circa di riserva di carica. Un’autonomia piuttosto contenuta, si potrebbe pensare, nonostante il doppio bariletto. Non dimenticate però che stiamo parlando di un calibro ingegneristicamente piuttosto complesso che necessita di molta energia per alimentare il tipo di visualizzazione a satellite. Con i minuti retrogradi, oltretutto: il che significa che la lancetta, durante il suo moto, immagazzina progressivamente la molta energia che le serve per ritornare allo 0 con uno scatto fulmineo, una volta “sganciata” un’apposita leva. Energia che, scatto dopo scatto, inesorabilmente scema.
Turbine di protezione
Va da sé che un movimento del genere sia piuttosto delicato. Per proteggerlo, Urwerk ha sviluppato un doppio set di ammortizzatori, presente anche nell’UR-230 Eagle, che lavora tramite l’impiego di turbine. Si tratta di una prima mondiale, a testimonianza del continuo lavoro di ricerca e sviluppo portato avanti dal Marchio.
Il primo set di turbine ha il compito di attenuare l’impatto di qualsiasi urto esterno sulla cassa, garantendo così la robustezza e la durata dell’orologio. Uno dei due interruttori circolari sul retro della cassa consente di disattivare/bloccare il rotore automatico perché, in questo modello, la carica manuale è ancora possibile tramite la corona. Lo scollegamento del rotore protegge le altre parti del calibro nel caso in cui il rotore stesso si muova a una velocità pericolosa per la sua incolumità, quando è sottoposto a forza G elevata. In questo caso, chi indossa l’orologio deve prevedere il rischio e impostare l’orologio in modalità di carica manuale. Un indicatore a lancetta sul quadrante a ore 1 permette di capire se la modalità di carica automatica è impostata (On) o meno (Off) in quel momento.
L’aria che tira
L’altro set, che dà vita alla complicazione del cosiddetto “freno ad aria”, ha un funzionamento un po’ più complesso. Un secondo interruttore, anch’esso sul fondo cassa, consente a chi indossa l’orologio di modificare la velocità del flusso d’aria intorno al rotore automatico. Le turbine agiscono come una valvola che consente l’ingresso di maggiore o minore aria nella camera che ospita il rotore. Quando l’aria viene limitata nel passaggio da una zona all’altra, il rotore automatico si muove più lentamente.
La regolazione del sistema modifica l’attrito degli ingranaggi, con il sistema meccanico che ne cambia la velocità di movimento. Il rotore automatico, protetto da un cuscino d’aria, resiste agli urti e ai movimenti estremi. Se non si desidera disattivare completamente il rotore, è possibile limitarne il moto in modo che continui a caricare automaticamente la molla, ma non così liberamente come se non vi fosse alcuna limitazione nel flusso d’aria.
Questo sistema non è nuovissimo. Un concetto simile è utilizzato nella maggior parte dei movimenti degli orologi con ripetizione minuti che utilizzano un regolatore: tramite un flusso d’aria, rallenta il funzionamento della suoneria di una ripetizione minuti in modo da migliorare la percezione del suono. I regolatori del flusso d’aria sono storicamente utilizzati in una varietà di motori e macchine, ma l’applicazione di questo concetto a un rotore automatico da parte di Urwerk è nuova e interessante. Sicuramente favorisce una maggiore interazione tra il movimento dell’orologio e chi lo indossa. Come nel caso del primo set di ammortizzatori, anche per il “freno ad aria” c’è un indicatore a ore 11 che segnala la modalità inserita.
La cassa dell’UR-230 Polaris
Detto del movimento, vengo alla cassa, che è l’altra chicca dell’UR-230 Polaris. È realizzata in un composito stratificato la cui base polimerica ospita fogli di ceramica intrecciati con strati di fibra di vetro. Utilizzato nell’industria aerospaziale e in quella medicale, questo nuovo materiale ad alte prestazioni combina i vantaggi di ciascuno dei suoi componenti. Per esempio, le ceramiche classiche sono sì dure e resistenti, ma poiché si creano con un processo di sinterizzazione a caldo, sono inclini a frantumarsi in caso di forte impatto. Grazie alle fibre di vetro che contiene, questa ceramica di Urwerk è sostanzialmente infrangibile.
La resina che incapsula le lastre a base di fibre è di colore bianco, mentre la fibra di vetro è di un color argento molto chiaro. Grazie alla lavorazione della cassa, gli strati di materiali diversi finemente impilati riflettono la luce sui diversi colori; l’effetto è variabile a seconda della curva della cassa stessa e dell’angolo con cui la luce la colpisce. Un po’ come nel caso della fibra di carbonio, che ha un’estetica irregolare e scintillante. Nello specifico, il bianco dell’UR-230 Polaris è vivo, cambia costantemente e in modo sottile e contrasta con il calibro Urwerk UR-7.30, che è quasi completamente nero. A differenza dell’Eagle, l’UR-230 Polaris non ha il coperchio che celava alla vista la parte superiore del quadrante, il quale qui rimane pienamente visibile.
Vista la particolarità dell’orologio, preferisco lasciare ulteriori dettagli nelle didascalie, in modo che siano le immagini a parlare. Ricordo che l’UR-230 Polaris è, come tipico delle creazioni di Urwerk, una edizione limitata: 35 pezzi. Il prezzo è in linea con i “giocattoli” che nascono dalla mente di Felix Baumgartner e Martin Frei, alla guida della manifattura: 160.960 euro. Ma volete mettere la goduria di avere al polso uno Stormtrooper meccanico?