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Orologeria e religione: una mostra fra storia e filosofia

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Nel corso degli ultimi anni ho notato una crescente attenzione, soprattutto in alcune nazioni e in determinati ambiti culturali, verso un tema antico ma raramente affrontato: quello delle relazioni tra l’Uomo e la misura del Tempo. Oggi, vi parlerò dunque di una mostra su “orologeria e religione” che si sta svolgendo negli Stati Uniti. Come abbiamo già visto in un’altra occasione, l’interesse dei colleghi statunitensi verso le origini della propria arte orologiera sembra veramente aver trovato un nuovo impulso. Anche la mostra di cui parleremo oggi permette di ammirare ottimi orologi creati Oltreoceano nei secoli passati, però ha un taglio che la rende del tutto particolare. I pezzi non sono solo studiati da un punto di vista storico o meccanico, ma inseriti nel più ampio contesto della fede, uno dei valori che sorressero i pionieri e i pellegrini in quegli anni di grande difficoltà.

Una mostra e un convegno

La mostra in questione s’intitola What has Greenwich to do with Jerusalem? An Exhibit on the Intersection of Horology and Religion – da noi semplicemente riassunto come Orologeria e religione, appunto – e si svolge nei locali del prestigioso Gordon College di Wenham, in Massachusetts. Inaugurata un paio di settimane fa e aperta al pubblico fino al 5 marzo con ingresso gratuito, ospiterà il prossimo 1° febbraio un simposio sullo stesso tema, cui parteciperanno esperti e studiosi di fama internazionale.

A condurlo saranno i due brillanti e cordiali organizzatori dell’esposizione, due miei cari amici: Robert Frishman, detto Bob, e Damon DiMauro. Entrambi sono apprezzati storici dell’orologeria, ma Bob è anche un notissimo restauratore di esemplari antichi. Competenti e appassionati, sono ambedue convinti che l’orologio, già di per sé oggetto degno di ammirazione, possa essere anche interpretato come veicolo culturale. Cioè come chiave di lettura verso mondi non molto lontani da noi in termini temporali, ma remotissimi se guardiamo ai cambiamenti nello stile di vita delle persone.

Durante il convegno, altri studiosi toccheranno i temi più vari: dalla misura e percezione del tempo nelle Sacre Scritture, in termini di ore e calendario, fino all’analisi storica della diffusione dei quadranti solari di soggetto religioso, molto frequenti nel passato.

Orologeria e religione: il Tempo e il Divino

Grazie all’amicizia che ci lega, ho potuto raccogliere informazioni direttamente da Bob Frishman. La prima cosa che gli ho chiesto era come avessero potuto pensare che un argomento così specifico come “orologeria e religione” potesse attrarre un pubblico non specialistico di visitatori. «Damon è docente presso il Gordon College», mi ha spiegato, «una scuola dalla forte connotazione cristiana. Per cui, sin dall’apertura, abbiamo subito incontrato l’entusiastico riscontro di allievi, famiglie e docenti, vista anche la novità del nostro approccio». Un approccio che definirei a tutto tondo, perché comprende i diversi aspetti del rapporto fra la misura del tempo e la teologia, in un’ottica storica, etica e filosofica.

«Non siamo ancora al simposio: ma l’affluenza continua ad aumentare, soprattutto di esterni, e questo rende noi e la Direzione del college molto soddisfatti. Questa operazione ha potuto godere della sinergia derivante dal taglio della Scuola, marcatamente confessionale, dalle nostre personali passioni (di Bob e Damon, NdR) e dall’ampia disponibilità di materiale iconografico proveniente dalla mia collezione, dalla quale è stato facile estrarre esempi che ponessero in correlazione il Tempo, la sua misura, e il Divino. Strano a dirsi: in qualche modo, il tema in sé era sempre stato sottovalutato».

L’idea del Tempo in due religioni

Continuando a parlarne con Bob, mi permetto di rimarcare che le religioni prese in considerazione in questa mostra sono essenzialmente due: il Cristianesimo, nelle sue varie accezioni, e l’Ebraismo, per i riferimenti alla Sacra Scrittura. Si tratta di una scelta voluta, oppure no? Bob mi spiega quindi che la mostra è in un contesto – quello del Gordon College – intriso di Cristianesimo, che nell’Antico Testamento affonda le sue radici. Mi fa notare che l’esposizione porta in risalto figure di orologiai, tra i pionieri, che erano fervidissimi credenti: uomini di chiesa come Edmund Currier o Edward Duffield e quaccheri come Ebenezer Sargent, tanto per citarne alcuni. Ma espone anche alcuni dei più antichi orologi da torre prodotti sul territorio americano, naturalmente per una committenza religiosa.

Curiosa per natura, non posso non chiedere spiegazioni sullo strano titolo ufficiale. Cioè, cosa c’entra Greenwich (sede dell’Osservatorio astronomico che fornisce l’ora di riferimento al meridiano zero, vicino a Londra) con Gerusalemme? Bob ride, poi mi spiega che il titolo nasce da una leggera satira a un programma pluriennale svolto all’interno del Wenham College, intitolato What has Athens to do with Rome?, ovvero cosa c’entra Atene con Roma? In quel percorso di ricerca, l’obiettivo è lo studio degli ideali ateniesi e romani, la loro eredità e la loro trasformazione, che ha condotto allo sviluppo del Cristianesimo. Nel nostro caso, siamo partiti da concetti che si incontrano nei più antichi testi sacri: per esempio il Tempo come dono prezioso – finito, anche se di di durata ignota a priori -, concesso dal Divino all’Uomo, in contrapposizione a concetti del Vecchio Testamento, come quello dell’Eternità.

Il materiale di supporto

La mostra Orologeria e religione riunisce in tutto una ventina di esemplari, perlopiù orologi a cassalunga, ma anche da parete, da tasca e componenti di esemplari da torre. È corredata da una ricca documentazione, composta da volumi rari tra cui antiche edizioni della Bibbia, lettere autografe, fotografie d’epoca. Ma un ruolo primario è svolto anche dai pannelli di corredo ai pezzi fisici, nei quali il visitatore scopre, spesso per la prima volta, scene medievali e rinascimentali in cui gli orologi sono protagonisti.

Chiedo a Bob: notate interesse, per queste insolite raffigurazioni, da parte del pubblico? Puntuale la risposta: «Un interesse grandissimo. Molto più di quanto potessimo immaginare. Da parte dei visitatori notiamo prima di tutto lo stupore. Ma se li si avvicina e si comincia a dare loro qualche spiegazione, anche solo i primi strumenti di lettura e interpretazione, allora mostrano un forte desiderio di saperne di più, di capire».