L’uso degli smalti nella decorazione degli orologi da persona inizia tra il XVI ed il XVII secolo. Nell’articolo precedente, avevamo brevemente raccontato della grande scuola francese di Blois, dei capolavori realizzati da Jean Toutin e dai membri della dinastia Huaud: oggetti principeschi.
I tempi cambiano, cambiano le mode e mutano anche le esigenze e le richieste del mercato.
Lo splendore opulento degli smalti secenteschi francesi, vero trionfo della maestria e dello sfarzo, verrà assai ridimensionato già a partire dalla fine del XVII secolo. Gli stessi artisti orafi, orologiai e smaltatori di fede protestante, rifugiatisi in Svizzera per evitare persecuzioni religiose, erano meno orientati all’ostentazione, o all’esibizione.
Gli smalti rivestono i quadranti
Alle porte del XVIII secolo, avvengono alcuni fenomeni molto interessanti. In quel periodo negli orologi comincia ad apparire la lancetta dei minuti, il pendolo diventa indispensabile per gli esemplari domestici e da torre, la molla inizia a regolare l’isocronismo delle oscillazioni dei bilancieri. E si affermano i primi quadranti in smalto.
Li troviamo per la prima volta non in Svizzera, bensì in Inghilterra. In pratica si tratta di lamine metalliche ricoperte di sostanza vitrea – uniforme nel colore, solitamente bianco, ma talvolta decorata e policroma -, cotte al forno ad alte temperature (oltre gli 800°C) come vuole la tecnica del Grand Feu, per ottenere la caratteristica superficie lucente, dalla consistenza simile appunto al vetro. Fragile sì, soggetta a rompersi e a creparsi sotto i colpi di urti e cadute accidentali, ma praticamente inalterabile al trascorrere del tempo e all’esposizione alla luce. Dalla bellezza incorruttibile, destinata a rimanere immutata nei secoli.
Fino ad allora invece i quadranti degli orologi da tasca, o da interni, erano sempre stati in metallo: più o meno lavorati, più o meno ricchi, magari impreziositi da smalti ma solo parzialmente. Ora invece nasce il quadrante completamente monocromo, perfettamente liscio, oppure con le cifre orarie in riserve leggermente rialzate rispetto allo sfondo, per creare l’effetto cartouche.
La moda dei quadranti candidi e lucidi si diffonde rapidissima. Nel frattempo, gli smaltatori di casse da orologio orientano la loro produzione verso tecniche e stili più in linea con i tempi e di costo più contenuto. Eccezion fatta, s’intende, per i pezzi di altissima qualità.
Gli smalti dal Seicento al Settecento
Dal Barocco al Rococò: dal desiderio di stupire, dalla ricerca dell’esuberanza e dell’effetto a tutti i costi, il gusto muta e ricerca grazia e leggiadria, in modi e forme più lievi. Appaiono splendidi esemplari in cui gli smalti adornano solo porzioni della superficie della cassa, con grande eleganza.
Nasce la châtelaine, cioè la ricca catena a placchette da agganciare alla cintura, all’altezza della vita, cui attaccare le piccoli oggetti necessari: ditali, agorai, forbicette per le signore; sigilli per la ceralacca, ornamenti e talismani per i signori. Per entrambi – quasi sempre – l’orologio è in posizione centrale.
La Francia non ha più l’assoluto predominio del mercato. Oltre alla nascente concorrenza elvetica, eccellenti smaltatori operano anche nei Paesi di lingua tedesca e in Inghilterra, pur seguendo stili e gusti propri della tradizione locale.
Lo smalto diviene accessibile
Inizia con il Settecento anche una produzione di smalti di qualità più modesta: incontriamo orologi decorati a smalto in argento, o addirittura in ottone e in metallo dorato. La qualità, è facile immaginarlo, era proporzionale alla capacità di spesa del committente.
Lo smalto più pregiato, in un orologio, era sempre quello che conteneva una o più miniature: veri dipinti ottenuti con pennelli sottilissimi su aree estremamente piccole. La finitura doveva essere tecnicamente e visivamente perfetta. Verso la metà del secolo diventa di gran moda lo smalto di colore blu, quello che ancor oggi si chiama “blu gioielleria”, il cui fascino si manterrà intatto fino ai nostri giorni.
Lo smalto incastonato
Dopo il 1750, nella produzione francese e in quella ginevrina diventa comune l’uso di inserire una placchetta, solitamente di forma rotonda od ovale, contenente un minuscolo ritratto o altro soggetto, dipinto a smalto, nella parte centrale del fondello. La rimanente parte a vista di quest’ultimo era solitamente lavorata a bulino con decorazioni nello stile in voga, oppure decorata a bassorilievo.
Molto spesso la parte smaltata centrale del fondello era protetta tutt’intorno da una corona di piccole perle, o di marcassiti – per chi non poteva permettersi pietre preziose – che la incorniciavano e al tempo stesso ne proteggevano il delicato bordo esterno.
Non si deve mai dimenticare che anche in quei tempi la circolazione degli artisti e gli scambi tra produttori erano cosa comune. Sono comuni gli orologi che recano le firme di importanti autori parigini, ma mostrano una cassa inequivocabilmente ginevrina. Per non parlare di quei pezzi che portavano, già da allora, firme contraffatte di celebri artigiani o di orologiai mai esistiti… Quasi sempre erano indicati in modo fraudolento come operativi a Londra o a Parigi, per accrescere l’importanza del pezzo agli occhi del compratore non accorto.
Cambia il Re, cambia la moda
Con l’avvento del regno di Luigi XVI, nuove tendenze emergono in tutte le Arti: l’orologeria non sarà estranea a questa rivoluzione. Lo scopriremo insieme, nella prossima puntata.