Storia e storie

Hamilton 500, il primo movimento elettrico. Dal Ventura in poi

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In questo articolo illustriamo il primo movimento elettrico al mondo a raggiungere effettivamente il mercato, seppur non il primo mostrato al pubblico: l’Hamilton 500. In ogni caso, tutto questo gruppetto di testa non era ancora maturo per la commercializzazione, finendo per far fare ai clienti da tester. Dovremo aspettare 3 anni, fino all’uscita del Bulova Accutron, per avere un orologio a pile realmente affidabile.

Hamilton, un’azienda storica

Prima di finire nell’immensa galassia del Gruppo Swatch, Hamilton ha avuto una lunga storia.
Fondata nel 1892 a Lancaster, Pennsylvania, deve il nome ad Alexander Hamilton, il fondatore della città e precedente proprietario del terreno su cui sorse la fabbrica. Divenne famosa per i suoi orologi per ferrovieri, di cui arrivò a detenere la maggioranza del mercato.

La parte di storia che ci interessa inizia dopo la II Guerra Mondiale, quando la fabbrica finalmente dismette la produzione bellica che l’aveva tenuta occupata negli anni precedenti e può riprendere a fabbricare orologi. Il Direttore della ricerca, George Luckey, nel 1946 inizia a pensare a un orologio elettrico. Il suo progetto è approvato, ma il lavoro procede con una certa calma. Ai tempi, gli orologiai tendevano a fare tutti gli stessi sogni.

1952,  Hotel Blackstone

Il 19 marzo 1952, all’Hotel Blackstone di Chicago, il Presidente di Elgin, John Shennan, presenta il calibro 722. Contemporaneamente, all’Accademia delle Scienze di Parigi, Fred Lip mostra il Lip R27.
L’eco si abbatte in tutti gli uffici progettazione orologieri del mondo, e quello di Hamilton non fa eccezione. D’improvviso il progetto finisce in cima alla lista delle priorità del Direttore tecnico di Hamilton dell’epoca, John Van Hoorn.

Nel luglio 1952 si inizia a studiare il prototipo PM-1 (Permanent Magnet), che risulta pronto a metà 1953. A ottobre ‘52 parte anche il progetto EM-1 (Electromagnetic Model 1). Tra i due, il PM1 si dimostra migliore, e diventerà la base per l’industrializzazione. A dicembre 1956 il progetto è definitivamente pronto e diventa il calibro 500, da allora universalmente noto come Hamilton 500.

L’importanza di arrivare primi

Il 3 gennaio 1957 avviene il lancio dell’Hamilton Electric. Con una modestia tipicamente americana è definito “La più importante innovazione orologiera degli ultimi 477 anni”. La concorrenza di Elgin e Lip è battuta sul tempo.

La prima uscita dell’Hamilton 500 fu in un orologio della linea Ventura, con un’originale cassa asimmetrica triangolare creata dal designer Richard Arbib che lo rendeva immediatamente riconoscibile. Fu commercializzato anche un modello decisamente più classico ma molto elegante, denominato Van Hoorn, dal nome del direttore tecnico.

L’aspetto del calibro è per certi versi acerbo, ma in ogni caso ben rifinito e bello a vedersi, se si esclude l’inguardabile molla della pila. I magneti permanenti di platino-cobalto sono fissi, la bobina è sul bilanciere che oscilla a 18.000 Alternanze/ora (2,5 Hz). Il tutto è coperto da 45 brevetti. L’alimentazione della bobina avviene – per mezzo di un filo che porta il negativo fino a un contatto posto sul bilanciere – tramite sfregamento durante il percorso di andata del bilanciere.

L’orologeria incontra i designer

Il coinvolgimento di Richard Arbib (New York, 1917/1995) merita un discorso a parte, perché è esemplificativo del coinvolgimento nel mondo dell’orologeria di figure nuove ed esterne a questo mondo.

Laureatosi al Pratt Institute di New York in design industriale nel 1939, Arbib ha disegnato automobili per Packard, American Motor Company e altri carrozzieri. Con il proprio studio di design, ha realizzato anche interni di carrozze ferroviarie, macchine fotografiche, pure copertine di libri di fantascienza. Dopo aver creato il Ventura, ha disegnato anche altri modelli di Hamilton e successivamente ha firmato orologi per Gucci, Benrus, Sheffield. Negli ultimi anni si dedicò persino ai dirigibili, per i quali si era convinto di un ritorno nei cieli come mezzo di mobilità di massa.

Dopo di lui, altri designer industriali si cimenteranno col tema, come ad esempio Roger Tallon per Lip.

Debug dell’Hamilton 500

Tornando al nostro Hamilton 500, come in tutti i progetti di questo periodo la fretta di arrivare in produzione fa tralasciare le rifiniture e le varianti si susseguono per rimediare alle sbavature.

Nel 1959 il calibro 500A introduce una molla fermapila finalmente di forma normale. Nel 1961 arriva il calibro 505 – quello più diffuso ed ancora oggi di facile reperibilità – che elimina i lunghissimi e delicatissimi fili di contatto modificando il percorso della corrente elettrica: la prima ruota dopo il bilanciere è ora in contatto col negativo e isolata dal resto. Il contatto tra il bilanciere e la prima ruota nel momento della spinta causa l’alimentazione della bobina. Soluzione ripresa anche da altri progetti, come ad esempio i Ruhla UMF 25 e 26.
Le varianti 505C e 507 introducono il datario ma non vedono la luce. Fu studiato anche un calibro per orologi da donna ma, di nuovo, non arrivò in produzione.

Furono realizzati altri prototipi per risolvere il problema della carbonizzazione del contatto che portarono alla soluzione di invertire la polarità di tutto il movimento. Alcuni di questi prototipi hanno funzionato ininterrottamente per oltre 20 anni.

Il tramonto

La crisi però inizia a mordere: gli americani sono incalzati dalla produzione svizzera e giapponese. Hamilton fonda una sussidiaria per vendere orologi a basso costo a marchio Vantage, nei quali c’era una copia del calibro 505, chiamato 130E, realizzato però con componenti importati.

Nel 1962 una joint venture con Ricoh, finalizzata a rifornire il mercato giapponese, dette vita al calibro 555, che a sua volta era il Vantage 130E. Non ressero però la concorrenza di Seiko, per cui nel 1965 l’unione si sciolse e i residui calibri 555E prodotti in Giappone furono smaltiti nel mercato americano di nuovo dentro i Vantage.

Per non imbarcarsi in altri costi di sviluppo, i modelli successivi di Hamilton Electronic incassavano i calibri svizzeri di grande serie ETA 9154 e 9158.

Il canto del cigno avvenne nel 1971 con la creazione del primo orologio digitale al mondo, il Pulsar, con display a Led. Prodotto in 400 esemplari venduti a oltre 2000 dollari.

The end

Alla fine, la produzione è durata complessivamente 12 anni: cessò definitivamente nel 1969. Non si conosce il numero esatto di movimenti prodotti ma dev’essere stato elevato, dal momento che ne furono dichiarati 42mila solo per il primo anno di produzione. Successivamente Hamilton ha imboccato lo stesso viale del tramonto che di lì a pochi anni ha dissolto tutta l’industria americana. Nel 1966 aveva acquisito la Buren Watch Company, della omonima città svizzera. La produzione fu gradualmente spostata in Europa e nel 1969 smise ogni produzione negli Stati Uniti. La marca Buren-Hamilton tornò in mani svizzere ma col crollo delle vendite cessarono anche le attività europee entro il 1972. Nel 1974 il Marchio fu acquisito dalla SSIH, ora Swatch Group.

Grazie all’elevato numero di esemplari costruiti e alla relativa affidabilità raggiunta con gli affinamenti successivi, non è comunque difficile trovare esemplari di calibri 500A o 505 ancora funzionati. Più difficile reperire in buono stato gli Hamilton 500, per la loro fragilità e il breve periodo di commercializzazione: appena due anni. Tutt’oggi ricercatissimo il modello Ventura, tanto che è stato riproposto sul mercato in tempi recenti, con movimenti sia al quarzo (ETA F03.101, F05.111 ed altri) che automatici (sempre ETA, come ad esempio il C26.101, basato sul 2671). Ed è tuttora in collezione.