Storia e storie

Accutron by Bulova. Far funzionare gli orologi con il diapason #1

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Iniziamo oggi una nuova serie di articoli dedicati agli orologi elettronici, scritta da un esperto del settore, Francesco Consumi, appassionato collezionista di esemplari a tema. E cominciamo con una pietra miliare: il Bulova Accutron, di cui ripercorreremo le vicende in diverse puntate

Nell’orologeria ci sono un certo numero di prima e di dopo. Una buona parte di questi si è collocato negli anni ’50, e uno di questi è stato il Bulova Accutron. Un orologio prodotto per ben 17 anni in oltre 5 milioni di esemplari, tanto che nel decennio ’60 è stato il dispositivo elettronico più diffuso al mondo.

L’Accutron non è stato il primo orologio elettrico, ma è stato il primo ad abbandonare il bilanciere, utilizzando il diapason come risuonatore, e il primo veramente elettronico. Ha abbracciato quasi tutto il tumultuoso ventennio che ha rivoluzionato l’industria orologiera: lanciato nell’ottobre 1960, quando Hamilton, Elgin e Lip erano già sul mercato con i loro modelli elettrici, è uscito di scena nel 1977 -, sopravvivendo a quasi tutti i concorrenti e convivendo per qualche anno con il quarzo.
Nel frattempo, l’industria francese era morta, quella americana era sul bordo della fossa e quella svizzera aveva visto ridurre di due terzi i suoi addetti (da 90mila a 30mila) e si stava trasformando da industria generalista a produzione di lusso.

L’Accutron è stato infine il primo orologio a pile realmente funzionante e affidabile, quando i concorrenti erano di fatto prototipi da far testare ai clienti. Quasi tutti gli esemplari di Elgin, per esempio, dovettero essere riparati o sostituiti in garanzia, finendo per dissestare irrimediabilmente le casse del produttore statunitense.

1952, Hotel Blackstone

Il 19 marzo 1952 all’Hotel Blackstone di Chicago il Presidente di Elgin, John Shennan, presenta il calibro 722. Contemporaneamente, all’Accademia delle Scienze di Parigi, Fred Lip mostra il Lip R27. Nell’orologeria da polso nasce un nuovo mondo. Il bilanciere è ancora presente, ma funge contemporaneamente da spinta e regolazione; la molla non c’è più: al suo posto è arrivata la pila (per la verità, due).

L’effetto fu enorme, e una delle persone più colpite fu Ardé Adolph Bulova (1887/1958), figlio di Joseph Bulova (nato Bulowa, 1851/1936), immigrato a New York nel 1875 dalla natia Boemia e fondatore dell’omonima Casa. Nei primi anni del ‘900 Ardé avvia una propria produzione di orologi da tavolo e da tasca. Nel 1912 costruisce una fabbrica a Bienne, Svizzera, che sarà poi ampliata nel 1950 per poter eseguire tutte le fasi di produzione.

In quell’anno e in quella nuova fabbrica viene assunto Max Hetzel (1921/2005). Lui non ha alcuna formazione orologiera, anzi: è un ingegnere elettrico con specializzazione in radiotelegrafia e una tesi intitolata Electromechanical frequency filters for telegraphy channel transmission che gli era valsa una medaglia d’argento. Nei tre anni precedenti aveva lavorato al Politecnico Federale di Zurigo, occupandosi di ottica e registrando i primi brevetti.

Nel successivo trentennio l’industria orologiera dovrà avventurarsi in campi mai visti prima, e presto diventerà la regola assumere persone con un bagaglio culturale del tutto estraneo al settore, in grado di approcciare in maniera nuova i vecchi problemi.
Il primo incarico del giovane ingegnere riguarda l’automazione della produzione industriale.

Talmente bello che si fa anche noi

Ardé Bulova capisce subito che il futuro va a pile e chiede a Hetzel un report dettagliato sui nuovi calibri francesi e americani. Nell’aprile del 1952 il report è pronto, e trasuda entusiasmo per la nuova tecnologia. Hetzel rileva però come la precisione sia pressoché la stessa degli orologi meccanici, dal momento che l’oscillatore è tale quale: il bilanciere. Il marginale miglioramento è dovuto solo all’assenza della molla e della sua incostante erogazione di forza durante la scarica.

L’ingegnere ritiene che solo elevando di ordini di grandezza la frequenza, in accordo con le leggi della fisica, si possa aumentare in maniera significativa la precisione. Per la sua tesi aveva già studiato i diapason mossi elettronicamente, e la sua idea è di applicarli agli orologi. Si passerebbe così dai pochi Hertz dei bilancieri classici – che ancora oggi per la maggiori parte oscillano tra le 3 e le 4 volte al secondo, con punte di 16 per lo Zenith Defy Lab o per il vecchio Citizen Cosmotron 8810 – alle centinaia di Hertz di un diapason.

Perdipiù sa che i diapason sono poco influenzati dalla temperatura e hanno armoniche molto deboli, cioè un suono molto puro. Risentono però in maniera pesante della posizione spaziale (quasi 5 secondi al giorno di differenza tra le varie posizioni), ma questo è un problema che non sarà lui a risolvere: se ne occuperà un decennio più tardi un’altra azienda, la ESA, con i diapason dotati di contrappesi.

Brevetta, brevetta tutto!

Hetzel si rende conto che nessuno prima di lui ha avuto quest’idea, il che affascina Ardé Bulova e ne stimola il senso degli affari: essendo un’idea nuova, la si può brevettare. L’ingegnere scrive un brevetto così ben fatto che sarà impossibile da aggirare non solo per tutta la concorrenza, ma persino per lui stesso – quando si troverà a lavorare dall’altra parte della barricata. Tanto che l’ultimo calibro diapason da lui concepito, vent’anni dopo per conto di Omega, sarà un ridisegno sostanziale che darà origine a un altro interessantissimo movimento, il 1220 “Megasonic”.

Alla fine l’Accutron sarà coperto da oltre 20 brevetti che daranno a Bulova un vantaggio strategico: fino al 1968 si rifiuterà di cederli a chicchessia. Dopo quella data ed estenuanti trattative verrà ceduto a ESA per il suo 9162, mentre Citizen potrà realizzare i suoi Hisonic che altro non sono che Accutron 218-219 realizzati in Giappone. Usciranno anche a marchio Universal quando la Casa ginevrina sarà acquisita dagli orientali.

Il circuito nell’Accutron

Se il diapason c’è già – con magneti conici al nickel-cobalto – il resto è da inventare. Nella primavera del 1952 Hetzel riesce ad ottenere i disegni dell’Elgin 722 e del Lip R27. All’inizio del 1953 Bulova gli invia dagli Stati Uniti ben 3 transistor Raytheon CK 722. Sui quali l’ingegnere in tre mesi realizza l’antenata delle attuali breadboard, il primo circuito per eccitare un diapason a 200 Hz.

Il 19 giugno 1953 Hetzel ottiene il primo brevetto in Svizzera, il numero 312290. Le bobine sono del tutto simili alla versione definitiva dell’Accutron: una da 8100 e una da 6000 giri di rame da 15 micron per muovere il diapason, e un’altra da 2000 – concentrica a quella da 6000 – per rilevarne la posizione e alimentare di conseguenza il transistor. Il sistema è autoregolante: se per uno shock il diapason si allontana troppo, il transistor resta spento più a lungo e la situazione torna alla normalità. L’efficienza è molto elevata: oltre l’80%, il consumo complessivo di 8 microwatt.

Da vibrare a girare

Per trasformare la vibrazione in movimento rotatorio, a uno dei rebbi del diapason è fissato un indice con in cima un rubino minuscolo (0,18 x 0,18 x 0,06 mm), che insiste sulla prima ruota di 3 mm di diametro con 300 denti alti 0,025 mm. Il sistema non deve essere lubrificato per nessun motivo, pena il blocco.

Appena viste ruote così piccole, gli orologiai di professione previdero durate molto brevi. Sbagliavano. Per tagliare i denti di una ruota così piccola Hetzel inventa anche il macchinario apposito: un diapason più grosso, con una lama di diamante fissata in cima, sotto la quale gira la ruota inizialmente liscia. Poi in realtà per la produzione industriale si utilizzò un macchinario più convenzionale.

Gli 8 prototipi pre-Accutron realizzati da Hetzel funzionavano con diverse frequenze, dai 240 ai 360 Hz. Questi ultimi si rivelarono più precisi e 360 Hz fu la frequenza scelta per la produzione finale.

Le pile!

Come tutti i suoi colleghi, anche Hetzel si dovette scontrare con l’inaffidabilità delle pile disponibili al tempo. Ai tempi le pile a bottone erano agli albori, non erano nemmeno a bottone. Il requisito era la durata di almeno un anno, in modo da marcare una vera supremazia rispetto all’orologio meccanico che richiedeva una ricarica quotidiana.

Sul mercato non esistevano pile in grado di erogare una corrente molto bassa, per un così esteso lasso di tempo, senza eccessive dispersioni di energia e perdite di acido. Sono state proprio le maison orologiere a stimolare il settore. Furono sperimentate varie forme, molte delle quali pensate per occupare lo spazio nella cassa lasciato libero dal movimento. Per il Lip R27, per dire, erano a forma di fagiolo. Solo dopo molte prove e fallimenti si addivenne ai materiali e alla forma attuale, cilindrica in quanto risultata la meno incline ai versamenti di acido.

Nel 1955 un’intera serie di prototipi fu buttata perché creduta non funzionante, quando il problema era invece nelle pile. Questo intoppo fece perdere la pazienza a Lore Sandoz-Peter, Direttore della Bulova Svizzera, che ordinò di trasferire il progetto Accutron nella sede americana. Anche Ardé Bulova si stava stancando della mancanza di risultati pratici ed era incline a fermare tutto, ma morì improvvisamente a Los Angeles.

Il progetto si trasferì comunque, ma i problemi di industrializzazione continuarono fino al 1959. La perdita del “suo” progetto fece meditare a Hetzel di cercarsi un nuovo lavoro, e per questo contattò Omega. Come andò a finire lo vedremo nella prossima puntata.