Il Seamaster Diver 300M targato 2018 rappresenta l’ultimo step evolutivo di un modello a suo modo storico. Nato per le immersioni ma divenuto celebre grazie alla ribalta del grande schermo
Il 2018 che si avvia a concludersi ha marcato i primi 25 anni del Seamaster Diver 300M, modello professionale di Omega ben conosciuto tra gli appassionati del genere in quanto titolare, a suo modo, di un “brevetto” da sub. Ora, va da sé che oggi la tendenza è quella di festeggiare ogni minima ricorrenza, e che un quarto di secolo costituisce sicuramente un discreto traguardo, ma in fondo è anche vero che, a ben vedere, a livello anagrafico la longevità del Diver 300M non rappresenta certo un primato tale da essere inciso nella pietra ad imperitura memoria.
Perché allora tanta risonanza? Perché a voler essere pignoli, per la collezione, l’anno in corso ha riservato una serie di celebrazioni a matrioska. I 25 anni del Seamaster Diver 300M vanno ricercate infatti all’interno di quelle per i primi 60 anni del Seamaster 300, che a loro volta ricadono all’interno di quelle dei 70 del Seamaster, il primo Seamaster (per chi volesse approfondire l’argomento consigliamo di farlo attraverso le pagine della monografia dedicata fresca di stampa). Quello cioè nato nel ’48, alla fine della guerra, sulla sponda dell’expertise maturato dalla marca durante il conflitto. Subacqueo sì, in quanto capace di difendersi dall’acqua (come i capitolati degli eserciti esigevano che fosse), ma insospettabile, in quanto non ancora “diver”. Qualifica ricevuta solo 10 anni dopo, come detto, con il “300”, vero predecessore della collezione contemporanea.
Di stazioni intermedie, dagli Anni 60 ad oggi, ce ne sono poi state tante, e i modelli Seamaster – quelli destinati alle immersioni – sono arrivati gradualmente a spingersi a profondità via via sempre superiori (o sarebbe meglio dire, a resistere a pressioni via via sempre maggiori), eppure tra questi il “300” ha sempre mantenuto uno status a suo modo unico. Perché prima di tutto ha sempre rappresentato un buon compromesso. Resistente, insomma, ma non esasperato. E, di conseguenza, relativamente costoso (anche da produrre) ma non inarrivabile. Un perfetto modello commerciale, insomma, spendibile in virtù della sua sportività anche con chi non lo avrebbe mai indossato nemmeno in una vasca da bagno.
Poi è anche vero che per fare carriera bisogna spesso nascere con la camicia. Ed è quello che è successo al “nostro” Seamaster Diver 300M. Quando nel 1993, ossia 25 anni fa, a Bienne ci si siede a un tavolo per siglare l’accordo che avrebbe legato la marca a Mr. James Bond, emerge infatti come diretta conseguenza la necessità di ricercare una collezione pertinente da associare al personaggio. Scartato lo Speedmaster, già forte di suo grazie all’heritage derivato dal suo impiego nelle missioni spaziali, la scelta ricade così quasi automaticamente sul Diver 300M. È fresco di fabbrica, è sporty-elegant, ed è anche legato al mare, cosa che va a braccetto con i gradi ottenuti al servizio della Royal Navy del comandante Bond. Di punto in bianco anche il Seamaster Diver 300M si lega insomma ad una storia di successo.
Da quel giorno, nonostante l’arrivo nella collezione di modelli come l’Aqua Terra o il Planet Ocean, nell’immaginario collettivo il vero Seamaster è sempre lui, il Diver 300M. Che ora, appunto, è tornato. Identico a se stesso, o forse no. Perché se un prodotto è a suo modo iconico, è più che comprensibile che si presenti relativamente “conservatore” sul fronte dell’approccio