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Manifattura Italiana: Dolce&Gabbana tra decori barocchi e tecnica svizzera

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Progettare la cassa perfetta. Ecco il pallino del maestro orologiaio, espertissimo del settore, che Stefano Gabbana e Domenico Dolce hanno voluto inserire nello staff della loro manifattura a Legnano, nell’hinterland milanese. E il risultato di tanta ricerca è la cassa della collezione Manifattura Italiana, sintesi ben riuscita fra orologeria e gioielleria.

Ma prima di parlare della nuova famiglia di orologi di Dolce&Gabbana si deve fare un passo indietro. E sottolineare l’approccio verso l’orologeria del marchio, che da anni ha ormai intrapreso un percorso estremamente rispettoso delle tradizioni tipiche della Svizzera delle lancette. Tant’è vero che, caso unico nel panorama italiano della moda, ha appunto istituito una propria manifattura di orologi e gioielli; in cui ha chiamato maestranze con lunga esperienza e grande passione, con le quali sta realizzando una crasi fra estro e artigianalità italiani, tecnica e savoir-faire elvetici.

La cosa è evidente proprio nella collezione Manifattura Italiana. Una serie in tiratura limitata di sei referenze, dedicate ciascuna a una città d’arte: Venezia, Milano, Firenze, Roma, Napoli e Palermo. Ognuna con un taglio estetico peculiare, ma tutte accomunate dal movimento DG 01.01, brevettato in Svizzera per la maison italiana e frutto di un lungo lavoro di assemblaggio manuale. Le varianti di ogni modello sono prodotte in soli 10 esemplari; e ogni pezzo riporta il numero progressivo inciso a mano sul fondello.

Del resto solo un “maestro” avrebbe potuto trovare la soluzione adeguata per ottenere sia le superfici per i decori e le finiture volute dal design, sia le dimensioni necessarie per ospitare il movimento. Attenzione però a non interpretare queste righe in chiave troppo tecnica. In questi orologi infatti la meccanica non soffoca la radice culturale dell’antica tradizione italiana, resa esplicita anche attraverso la visualizzazione dell’ora.

Infatti alcuni esemplari della collezione Manifattura Italiana riportano la suddivisione del quadrante in 24 ore, grazie a un apposito demoltiplicatore della ruota delle ore. Si tratta dell’indicazione secondo l’hora italica, un arcaico sistema di calcolo orario; adottato sino alla metà del XVIII secolo, venne poi gradualmente soppiantato dalla cosiddetta ora alla francese o ultramontana, usata ancor oggi, che identifica nelle ore 12 (mezzogiorno) il momento della giornata in cui il sole è alla massima altezza.

Nell’hora italica, invece, il calcolo partiva dal tramonto, considerato la ventiquattresima ora del giorno. Se ne trova citazione anche nei “Promessi Sposi”, e la si può vedere tuttora in alcuni antichi esemplari da torre. Per esempio nell’orologio conservato nella controfacciata del Duomo di Firenze o nella Torre dell’Orologio di piazza San Marco a Venezia. Proprio da qui prendono spunto i due omonimi modelli della collezione Manifattura Italiana. Che si distinguono per il decoro: Firenze presenta i gigli incisi e Venezia il sole e la luna a rilievo su un cammeo.

Richiamo storico che da un lato ribadisce la volontà di affermare l’italianità di Dolce&Gabbana; e dallaltro intende offrire un plus di curiosità ai clienti stranieri, sempre alla ricerca di dettagli in grado di rendere ciascun pezzo acquistato nel Belpaese, o comunque Made in Italy, un “conversation piece”. Tuttavia la meccanica non sarà probabilmente il motivo principale di interesse verso i modelli Manifattura Italiana, a dispetto dell’interessante costruzione. Il movimento vanta infatti 4 mm di spessore, un micro-rotore decentrato per la carica automatica e 58 ore di autonomia.

Piuttosto, c’è da scommettere che la maggior parte degli acquirenti, spesso fedelissimi del marchio, saranno invece conquistati dalle decorazioni barocche degli esemplari. In particolare quelle dei modelli Napoli, inciso a ghirlande, e Palermo, con quadrante in lapislazzuli; oltre che dalla vera e propria opulenza del Roma, interamente in oro rosa inciso a mano.

Il calibro DG 01.01 è montato anche nell’Invisible Setting, un pezzo unico (già venduto) in cui oltre 400 diamanti di altissima qualità rivestono cassa, quadrante, corona e chiusura déployante. Un particolare virtuosismo tecnico permette la disposizione delle gemme senza l’utilizzo di castoni o griffe visibili; e fa di questo pezzo un unicum da collezione, accompagnato da una confezione sontuosa e da un libro che ne esplora lo storytelling.