Approfondimenti

L’Ora Universale di Patek Philippe. Storie di tecnica

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Parliamo un po’ dell’Ora Universale di Patek Philippe, precorrendone brevemente la storia anche tecnica.

L’invenzione, è noto, va attribuita all’orologiaio indipendente Louis Cottier, che all’inizio degli Anni Trenta la propose a diverse marche. Sicuramente il modulo “ore del mondo” era interessante, ma non poi da ola, tenendo conto che a quell’epoca la gente non viaggiava granché e soprattutto non aveva il problema di sincronizzarsi con l’ora “di casa” per comunicare. Visto che si comunicava più per lettere e telegrammi che altro: il telefono era merce rara.

Pochi i viaggiatori: basti pensare che il Boeing 247, nato nel 1933, trasportava appena 10 passeggeri. Viaggiare era un lusso pazzesco e infatti le prime marche a comprare i movimenti di Cottier furono (in ordine alfabetico) Agassiz (l’odierna Longines), Patek Philippe, Rolex e Vacheron Constantin. Marche di vero lusso.

Ah, periodicamente qualcuno riaccende la polemica su quale sia stata la prima marca a produrre un orologio con ora universale, visto che Patek Philippe ne rivendica appunto la paternità. Patek Philippe, proprio come il marchio ginevrino sostiene. La prova (indiziaria, ma di gran peso) sta nel fatto che nessuna delle marche concorrenti ha mai contestato il fatto. E vi pare che se un concorrente potesse dar dei bugiardi a quelli di Patek Philippe non lo farebbe con entusiastica, impietosa euforia?

Il modulo originale era di una semplicità geniale: un pignone prende il moto dalla ruota delle ore e lo trasmette ad un anello suddiviso in 24 ore – 24 fusi – che ruota in senso antiorario. Il nome delle città viene letto su una lunetta girevole regolata manualmente. La richiesta d’energia non era elevata; (a quei tempi il problema poteva essere drammatico, dal momento che certi orologi arrivavano a malapena a 30 ore di autonomia complessiva). E il fatto che il consumo fosse costante consentiva una regolazione tale da influire pochissimo sulla precisione.

La presenza di un anello concentrico con il disco del quadrante creava notevoli problemi di tolleranze, questo sì, che solo le marche migliori erano in grado di affrontare. Lo spazio fra disco e anello doveva essere ridotto a frazioni di millimetro per non creare spazi vuoti inestetici e in grado di far passare la polvere con maggiore facilità di quanto già non avvenisse allora. Il risultato fu davvero eccellente, come dimostrano le ottime condizioni dei Patek Philippe Ora Universale del passato, che in asta strappano prezzi da capogiro. Certo, ci sarà pur stato qualche restauro, ma in generale non si vedono le devastazioni tipiche di molti orologi della stessa epoca.

Il secondo passaggio importante fu quello di spostare l’anello con le capitali del mondo dalla lunetta esterna al movimento vero e proprio; rendendolo solidale all’anello delle 24 ore, ma al tempo stesso indipendente per la regolazione iniziale. Le difficoltà di realizzazione aumentavano, è vero, ma erano ostacoli che non spaventarono i tecnici Patek Philippe. Anzi, furono veri e propri incitamenti a superare ogni problema. Come ad esempio quelli di sincronizzazione, che non erano poi così secondari.

Si arriva allora – sto sintetizzando al massimo – alla terza fase, quella attuale: un pulsante, premuto il quale la lancetta delle ore avanza (ovviamente in senso orario), mentre gli anelli delle città e delle 24 ore indietreggiano. Il punto sta quindi nella sincronizzazione iniziale sull’ora di casa, ben descritta nel manuale delle istruzioni. Cito:

Per la messa all’ora, procedere come segue:

1. Premere successivamente il pulsante di selezione posto a ore 10 fino a che la città corrispondente al fuso orario in vigore si trovi in corrispondenza di ore 12.

2. Estrarre la corona di carica e far ruotare le lancette in senso orario o antiorario fino a che il disco delle 24 ore indichi l’ora locale in vigore in corrispondenza dell’indice a freccia della città a ore 12.

Terminata l’operazione, ricordarsi di premere la corona contro la cassa.

Dopodiché se siamo in viaggio correggiamo il fuso con il pulsante a ore 10, muovendo a scatti di un’ora, come dicevo, la lancetta delle ore e gli anelli delle città e delle 24 ore. La lancetta dei minuti resta dov’è.

Se non siamo in viaggio, invece, a muoversi (costantemente) sarà solo l’anello delle 24 ore, sempre in senso antiorario. In questo modo sarà possibile conoscere, a colpo d’occhio, non soltanto l’ora di casa e quella di un secondo fuso orario, come avviene nei “normali” orologi per viaggiatori, ma anche l’ora delle capitali poste in ciascun fuso orario. Ivi compresa la fondamentale distinzione fra ore diurne e notturne tramite le colorazioni diverse dell’anello 24 ore.

Va notato che il Calibro Patek Philippe 240 HU (Heure Universelle, ora universale, appunto) comprende un ingegnoso sistema di disaccoppiamento del dispositivo dal resto del movimento, quando si preme il pulsante, per eliminare le sia pur minime variazioni di richiesta d’energia al movimento. Tanto di cappello.

Resta solo da sperare che in un futuro non remoto i tecnici Patek Philippe riescano ad applicare al modulo ora universale il geniale sistema a doppio pulsante (già visto nel Travel Time) per consentire il mutamento di fuso in entrambi i sensi di direzione. Non sarà semplice, ma se un poco ho imparato a conoscere la psicologia di Thierry Stern, Ceo e proprietario di Patek Philippe, i tecnici potrebbero già essere al lavoro…