Approfondimenti

Il TAG Heuer Autavia, cronache di un successo annunciato

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L’ho conosciuto lo scorso anno a Basilea, il TAG Heuer Autavia. E mi è piaciuto subito. Uno di quei “belli ma non troppo” che ti ispirano fiducia, come quel Patrick Dempsey che ne è testimonial (ma questa è un’altra storia). Il mio moto di simpatia immediata si è scoperto esser banale come l’invenzione dell’acqua calda: tutti, dai giornalisti a chi lo avrebbe dovuto vendere, erano assolutamente positivi sul fatto che l’Autavia fosse un best seller nato.

E qui ci piazzo subito un bel dietro le quinte. Qualcuno comincia a sapere che noi tutti, al “Giornale degli Orologi”, amiamo poco le “anteprime”. O c’è qualcosa che davvero può essere una pietra miliare dell’orologeria oppure chissenefrega – ma non perché siamo menefreghisti. No. Perché troviamo sia una forma di rispetto nei confronti dei negozianti, che non vendono anteprime, ma orologi che hanno a loro volta comprato per rivenderli.

Troviamo che sia una forma di rispetto per i nostri lettori: non dovete credere a scatola chiusa in quel che scriviamo, ma dovete andare a controllare con i vostri stessi occhi. Ma se l’orologio non è ancora nei negozi cosa cavolo potete controllare? Ed è una forma di rispetto per il nostro stesso lavoro: non ci basiamo sulla prima impressione, ma attendiamo conferme, cerchiamo più informazioni. E pensiamo, anche, qualche volta, prima di accendere il computer.

Morale della favola, chiedo a chi di dovere quando arriverà nei negozi l’orologio e mi viene risposto che settembre, massimo ottobre 2019 sarà in Italia. E invece no. Passa persino il 2019, ma del TAG Heuer Autavia nessuna traccia. Arriverà finalmente nel gennaio 2020. Il fatto è che – manco fosse un libro di Harry Potter – più TAG sfornava Autavia, più la richiesta cresceva. Proprio come molti avevano previsto, ma non certo a questi livelli.

Bene, direte voi. Sì e no, dico io. L’Autavia, come altri orologi “solo tempo” di TAG Heuer, monta il Calibro 5.  Un movimento meccanico a carica automatica che altro non è se non la versione personalizzata dell’Eta 2824-2 o del corrispondente Sellita SW200; distinguibili fondamentalmente per il fatto che il Sellita ha un rubino in più (26 contro i 25 dell’Eta). Non ostante questo io tendo a preferire il 2824 perché è un calibro “inventato” dalla stessa Eta (che è una immensa fabbrica di movimenti industriali appartenente a Swatch Group); e perché i sistemi industrializzati per la produzione sono i migliori che si possano avere in Svizzera.

Non solo: TAG Heuer considera comprensibilmente un vanto che tutti i propri movimenti meccanici abbiano superato i test del Contrôle Officiel Suisse des Chronomètres (Cosc). Oggi superare questi esami non è più così difficile (un giorno parleremo diffusamente dei diversi tipi di test); ma sta di fatto che il primo requisito per ottenere il certificato del COSC è l’uso di una spirale di prima qualità. Bene: TAG Heuer ha preferito l’Eta 2824-2 e ne impiega la miglior versione in assoluto. Il che non solo è una buona scelta di per sé, ma rende anche piuttosto concorrenziali i prezzi degli Autavia. E questo fa comprendere meglio perché la nuova collezione di TAG Heuer abbia avuto tanto successo. 

Oltretutto a Basilea, lo scorso anno, era stato ipotizzato che TAG Heuer potesse allargare alla collezione Autavia l’uso della spirale in carbonio realizzata in esclusiva con un’importante azienda della Silicon Valley (il pezzo sul Nanograph lo trovate qui); ma, vista la quantità di richieste, si è preferito lasciar perdere e abbassare i prezzi rispetto a quelli inizialmente comunicati “off the records”. La nuova collezione, insomma, parte proprio bene.

Che poi “nuova” è una parola grossa, dal momento che l’Autavia nasce negli anni Trenta come strumento di bordo per aerei e automobili da rally  che avevano bisogno di oggetti particolarmente resistenti ad urti e vibrazioni. Dopodiché, negli anni Sessanta, si trasforma in orologio da polso con caratteristiche equamente pensate – di nuovo – per aviatori e automobilisti; ma questa volta si tratta di un cronografo con lunetta girevole (il primo) per eseguire calcoli parziali.

E in più non nasconde qualche condivisibile vocazione ad una certa “eleganza sportiva” che a quei tempi non era poi così comune come oggi. Il cronografo Autavia prosegue la sua onoratissima carriera fino alla metà degli anni Ottanta, quando è posto in secondo piano dal successo di altri modelli che i compratori considerano più moderni, come il Carrera e soprattutto il Monaco.

Poi arriva questo progetto che vince subito perché è ben equilibrato, sì, ma anche percepibilmente equilibrato, che poi è la chiave di molti successi. È appunto – come dicevo all’inizio – un orologio che indipendentemente dai gusti personali si presenta subito con ottime credenziali (variazioni cromatiche, combinazioni di cinturini e così via) che alla fine sfociano in prezzi tutt’altro che eccessivi. No, un momento: tutt’altro che eccessivi in relazione a cosa? Beh alle caratteristiche, alla robustezza, al feeling… Peccato che non sia il momento più propizio per poter fare la propria conoscenza diretta con il TAG Heuer Autavia.

E allora proviamo a corredare quest’articolo di più foto del solito proprio perché non sarà facilissimo, in questi giorni, poterlo andare a vedere. A dirla tutta, sarà impossibile perché ormai tutti in negozi di orologi sono chiusi. E anche non fosse così, immagino la faccia di chi controllasse il vostro “modulo di libera uscita”: vado ad esaminare un TAG Heuer che mi interessa. Non finirebbe bene.

Allora rimanete a casa, guardate attentamente gli ingrandimenti che abbiamo realizzato per voi e aspettate. Appena il Covid 19 si toglie dalle palle, allora sì che fra le mille cose in sospeso potrete andare a dare un’occhiata con il lentino a questo orologio davvero degno di essere preso in considerazione. Anche per via di un rapporto ottimo fra prezzo e qualità.