Dire Jaquet Droz e dire orologi con automi vuol dire navigare in acque piatte; simmetricamente increspate solo dall’eccezionalità di automi – figure meccaniche che si muovono a comando – tanto eccezionali quanto riservati a pochissimi, ricchissimi collezionisti. Dire Jaquet Droz e l’eleganza del Grande Seconde identifica ancor meglio lo spirito del marchio. Però io qui mi giocherei l’asso: Jaquet Droz Grande Seconde Skelet-One, ovvero l’abbondanza di buoni neuroni. Che – voi lo sapete bene – è la merce più rara, di questi tempi.
Non sto barando e per questo rovescio subito l’abituale percorso descrittivo: osservate il movimento dal lato fondello e salta subito agli occhi la bella trama che compone la scheletratura. Con questo termine si intende un tipo di lavoro che una volta veniva interamente eseguito a mano da specialissimi specialisti che prendevano un movimento, lo smontavano e poi eliminavano quanto più materiale fosse possibile dalla platina, dai ponti e da qualunque altro componente fosse possibile eliminare materiale.
È una tipologia d’orologi che una volta aveva grande mercato in Germania, mentre altrove convinceva meno per i prezzi elevatissimi. Anni fa Armin Strom, uno dei più grandi artigiani scheletratori, mi confessava che per capire quali fossero i limiti invalicabili gli erano necessari, all’inizio, non meno di venti movimenti da massacrare e buttar via. Altrove convinceva meno anche per l’intrinseca delicatezza del risultato: bastava un urto, perfino di modesta entità, per spezzare uno dei fili della sottilissima ragnatela tessuta dallo specialista. E poi quell’intreccio (spesso anche inciso di motivi decorativi), rendeva pressoché impossibile leggere l’ora.
Poi venne Carole Forestier-Kasapi, Direttore dello sviluppo di movimenti e capo del reparto Fine Watchmaking di Cartier. Che creò per il Santos un movimento in cui la scheletratura non era più tesa a battere ogni record precedente, ma serviva addirittura a migliorare la leggibilità. Un rovesciamento di scena degno di un grande thriller. Ne riparleremo, prima o poi. Sta di fatto che si apriva una nuova strada assolutamente ricca di panorami mozzafiato fra i quali ciascuno poteva scegliere il proprio. Va anche tenuto presente che questa nuova impostazione consentiva una produzione (quasi) in serie e (quasi) a prezzi umani. E gli scheletrati divennero di moda, per usare un’espressione frivola.
E cosa caspita c’entra il frivolo col neurone?, mi direte voi. C’entra eccome, specialmente nel caso del Jaquet Droz Grande Seconde Skelet-One. Andate immediatamente alla foto del movimento visto dal fondello. Dopo qualche istante necessario per “acclimatare” la vista alla complessa ragnatela, noterete che i segmenti metallici non sono costituiti solo da linee rette, ma anche da linee curve. E con ciò? Architetti e ingegneri hanno già capito. In questo modo si viene a creare un sistema in cui le linee curve hanno una sia pur moderata funzione di ammortizzatori per contrastare la maggior parte degli urti. Non solo estetica, insomma, ma anche un ottimo uso di neuroni di buona qualità, usato per garantire una vita più lunga e felice al movimento del Jaquet Droz Grande Seconde Skelet-One.
Movimento che è derivato dal calibro di manifattura 2663. Sia chiaro: se Jaquet Droz si mettesse a partorire un proprio meccanico a carica automatica dovrebbe costare un occhio della testa (a causa della limitatissima produzione complessiva, poche migliaia di orologi l’anno); ma qui interviene un’altra carica di neuroni intelligenti ed anche astuti: il movimento è prodotto per Jaquet Droz dalla Manifattura Blancpain, che a sua volta è l’evoluzione della Frédéric Piguet, tutte appartenenti a Swatch Group.
Una razionalizzazione che, unendo sotto uno stesso tetto progettisti, tecnici e attrezzature (che lavorano in parte anche per Breguet), consente di far pagare al compratore finale solo i costi vivi della realizzazione, evitando i sovrapprezzi di una filiera lunga e inutilmente ridondante. I buoni neuroni servono anche a risparmiare in maniera intelligente, pur se il prezzo di questo modello (24.600 euro) non può certo essere definito alla portata di tutte le tasche. Ma sono (i neuroni) una garanzia di qualità al miglior prezzo possibile. Altri saporiti dettagli tecnici li troverete nelle didascalie.
E veniamo alla cassa: il Jaquet Droz Grande Seconde Skelet-One è proposto in parecchi allestimenti diversi, sulla cui scelta non mi permetto d’intervenire. A me piace molto quella con l’ipertecnologica ceramica al plasma. Un tipo di ceramica che sembra una materia iridescente, quasi metallica, grazie ad una cottura a gas a temperature elevatissime: 20.000° contro i “normali” 1.300° circa, tenendo conto che ogni produttore ha i propri segreti per ottenere la miglior qualità. Si tratta di un brevetto della cugina Rado, anch’essa appartenente alla galassia Swatch, tanto per non smentire il buon uso di neuroni. Ma niente da dire, ovviamente, sulle altre versioni – come quelle con cassa in oro rosa o bianco – che troverete sul sito di Jaquet Droz.