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“L’entreprise Jaquet-Droz”: una business history per la cultura dell’orologeria

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Forse qualcuno ricorda “Automates & Merveilles”. Una mostra spettacolare: suddivisa in tre sezioni, era andata in scena nel 2012 in altrettanti musei svizzeri (a Neuchâtel, La Chaux-de-Fonds e Le Locle), e aveva esposto le creazioni più incredibili realizzate nella “bottega” di Jaquet-Droz, nel XVIII secolo. Alla base di questa serie di esposizioni c’era un progetto scientifico molto ampio, compiuto da tre ricercatori dell’Istituto di storia dell’arte e museologia dell’Università di Neuchâtel: Rossella Baldi, Sandrine Girardier ed Heloisa Munoz. Quel progetto ora è servito come base per un altro, recente saggio: “L’entreprise Jaquet-Droz. Entre merveilles de spectacle, mécaniques luxueuses et machines utiles (1758-1811)”, scritto dalla stessa Girardier e pubblicato dalle Éditions Alphil – Presses Universitaires Suisses.

Un libro molto interessante, che fa luce su tre importanti figure nella storia dell’orologeria svizzera: Pierre Jaquet-Droz (1721/1790), fondatore della maison che oggi fa capo a Swatch Group, suo figlio Henry-Louis (1752/1791) e il loro socio, Jean-Frédéric Leschaut (1746/1824). Si tratta di uno studio critico sull’attività di Jaquet-Droz, raccontata attraverso il sapere tecnico dei tre orologiai/imprenditori, la loro produzione e le loro strategie commerciali. Un’analisi rigorosa, resa possibile dal raffronto di fonti diverse, le più disparate: atti notarili, documenti societari, testimonianze letterarie, giornali e riviste d’epoca, oltre naturalmente agli archivi della stessa impresa.

Ma “L’entreprise Jaquet-Droz” non è una semplice indagine sulla vita e le opere dei due Jaquet-Droz, padre e figlio, e di Leschaut, loro amico e collaboratore di una vita. Va ben oltre. Guarda l’attività dell’impresa da punti di vista differenti: la pone al centro di interessi economici, sociali, tecnici, culturali, e soprattutto in un’ottica internazionale. La depura dalla visione agiografica tipica della letteratura del passato (peraltro ricca e abbondante), per restituirle una complessità storica più vicina alla realtà. Supera il “mito Jaquet-Droz”, basato perlopiù sulla costruzione dei celebri androidi, per concentrarsi sulla pratica imprenditoriale attuata nel concreto. A proposito degli automi, riesce a collocarli nella giusta prospettiva: quella di ambasciatori del virtuosismo meccanico di Jaquet-Droz. A tutto vantaggio dell’immagine, della reputazione e del prestigio dell’azienda. 

Come scrive la stessa autrice, “L’entreprise Jaquet-Droz” analizza “i processi di fabbricazione, intimamente legati alla gestione della manodopera, le tappe e le strategie di commercializzazione dei prodotti meccanici di lusso” nella seconda metà del XVIII secolo e nei primi decenni del successivo. Vuole comprendere come si svolgeva il sistema produttivo, diviso fra la Svizzera e l’Inghilterra (sedi e atelier si trovavano a La Chaux-de-Fonds, Londra e Ginevra); e il contesto di fabbricazione: gli operai e il loro savoir-faire, le sinergie nell’organizzazione del lavoro. In poche parole, spiega come funzionava la maison, sia al proprio interno che verso l’esterno.

La narrazione infatti dà ampio spazio anche agli sbocchi commerciali, alla rete di vendita sviluppata sui principali mercati: dalla Spagna alla Cina, dagli stati tedeschi a Costantinopoli, senza dimenticare i mercati trasversali che potevano essere raggiunti in modo indiretto. “L’entreprise Jaquet-Droz”, in pratica, è una business history trattata lungo cinque assi di ricerca: la storiografia; gli automi; la produzione orologiera; la commercializzazione internazionale; le declinazioni meccaniche a beneficio della società. Ma l’approccio monografico riesce a dare un contributo notevole alla storia economica e sociale dell’intera orologeria svizzera.

Se ancora non vi ho convinto ad affrontare le 600 e rotte pagine del volume di Sandrine Girardier, posso aggiungere che il testo si legge facilmente: non è poi così difficile e non è affatto noioso. L’unico ostacolo può essere solo la lingua (è scritto in francese e non esiste traduzione). Oltretutto “L’entreprise Jaquet-Droz” ha anche un prezzo più che accessibile, e la versione digitale costa ancora meno. Se proprio volete risparmiare, poi, potete scaricare il pdf direttamente dal sito dell’editore: è gratis. Quando si dice divulgazione…