«Tenere sempre un po’ di fieno in cascina». Non semplice, e neppure banale la formula anti-crisi di Maristella Pisa, Presidente di Pisa Orologeria. Un’impresa nata a Milano 80 anni fa come laboratorio di assistenza e riparazione di orologi e pendole, che oggi occupa quasi tutta la prima metà di via Verri, con il flagship store al civico 7, le boutique Vacheron e Patek al civico 9. E il civico 24 di Montenapoleone dedicato a Rolex.
Di crisi dell’orologeria ne ha viste e superate tante la padrona di casa, all’interno delle orologerie e gioiellerie di famiglia nel Quadrilatero milanese. «L’anno scorso, con un party a tema Beatles, ho festeggiato 70 anni e 55 di lavoro», racconta. «Avevo 15 anni quando mio padre mi mise dietro al banco e mi disse “Questo è il tuo futuro. Vedi tu”. Ne avevo 21 quando morì, lasciando me e mia sorella alla guida di Pisa Orologeria». Due giovani donne, agli albori degli anni Settanta, al timone di una boutique di alta orologeria, diventata una vera e propria azienda.
Oggi guidata da un’altra giovane donna, Chiara, cui mamma Maristella ha affidato il ruolo di Amministratore delegato. «Se c’è un tocco tipicamente femminile nella nostra gestione aziendale? Bisognerebbe chiedere a produttori e distributori. Sicuramente noi donne siamo più abituate, rispetto agli uomini, al multitasking», afferma Maristella Pisa. «E abbiamo un spiccata sensibilità nei rapporti con i nostri collaboratori, che consideriamo la nostra grande famiglia».
Ai collaboratori e alle loro famiglie è andato il pensiero quando la pandemia ha costretto ad abbassare le saracinesche. «All’annuncio del lockdown è seguito un momento di disorientamento e sconforto. Ho pensato che la malattia avrebbe portato per tutti anche danni economici molto pesanti. Noi non potevamo permetterci», sottolinea la signora Pisa, «di lasciare a casa 75 dipendenti. Abbiamo usufruito di tutto l’usufruibile: ferie, permessi, cassa di integrazione». Non è mancato neppure il guizzo femminile: pensare di alleviare la quarantena dei più piccoli. Con uno spunto di evasione. «Abbiamo proposto ai figli dei nostri dipendenti di disegnare l’orologio o il gioiello che avrebbero desiderato. Un invito a lasciarsi andare all’immaginazione e a far lavorare la creatività. Si sono divertiti tanto».
Si sono divertiti, durante il lockdown, anche i clienti di Pisa Orologeria. «A loro abbiamo offerto attraverso i canali social piccole pillole di orologeria», racconta Maristella Pisa. «Per stimolare la curiosità verso il nostro mondo che ha tantissimo da raccontare, dalla storia alla meccanica, dagli modelli iconici alle novità delle case. Tutti i giorni, alle ore 14, sulla piattaforma Zoom c’era “Il caffè di Antonio”, con un nostro storico collaboratore in pensione. Su Instagram, abbiamo intrattenuto i nostri follower in maniera leggera con “Chi vuol’essere orologiaio”, piccoli quiz a risposta multipla».
Il rapporto umano con i clienti, spesso amici, di casa Pisa, sono alla base del suo successo. «La base solida di clienti nazionali e internazionali fidelizzati da 40 anni è il nostro patrimonio», conferma la Presidente. Alla ricerca di un nuovo modo di tenere caldo quel rapporto, ora che gli strumenti di protezione rischiano di intaccarne la spontaneità. «Certo, accogliere i clienti con la mascherina, misurargli la temperatura e far loro disinfettare le mani all’ingresso, crea un attimo di sbandamento», confida.
«Oggi è tutto rallentato e filtrato rispetto all’accoglienza di prima, con grandi abbracci e strette di mano. Ma, in questo momento critico, prioritari sono la sicurezza e il bene di tutti. Faremo un grande sforzo per non perdere quel tocco umano e professionale che ci ha sempre contraddistinti. Tutti i nostri collaboratori sanno che il sorriso e la gestualità, al di là della mascherina, sono caposaldo della nostra attività». E su questo, niente è cambiato dal 22 marzo al 18 maggio 2020, giorno in cui anche Pisa Orologeria ha rialzato le saracinesche.
«Chiunque entri da noi, lo fa perché vuole esplorare il mondo dell’orologeria, che non è un bene primario. Che intenda acquistare, informarsi o semplicemente chiedere una consulenza in uno dei nostri laboratori, vuole regalarsi un momento di gratificazione», sottolinea la signora. Non mancano gli imprevisti. Come la coppia di stranieri rimasta bloccata a Milano per il lockdown. «Erano entrati in negozio con l’intenzione di acquistare un orologio Hublot. Sono tornati due mesi dopo, alla riapertura, per comprarlo».
Una vendita “eccezionale”, rispetto alla normalità post-Covid: modelli accessibili in acciaio, per tutti i giorni. «Ma già durante il periodo di chiusura», riferisce Maristella, «siamo stati contattati da molti clienti italiani intenzionati ad acquistare gli anelli da uomo della nuova collezione Unique Piece – Pisa Diamanti, realizzata insieme a Fabio Lissi, e lanciata a inizio marzo. Un bel segnale vedere che anche l’interesse per la gioielleria non è venuto meno».
L’orgoglio di aver superato brillantemente altre crisi è punto di forza in questo momento epocale. «Ricordo crisi finanziarie più o meno importanti, come quella del 2008. Ora stiamo affrontando qualcosa che non avevamo mai ipotizzato. Sappiamo che il nostro settore può essere considerato voluttuario. E che per chissà quanto tempo non rivedremo quella clientela internazionale che era diventata zoccolo duro della nostra attività. Nessuno di noi era preparato. E secondo me ci vorrà più tempo per tornare alla normalità. Ma abbiamo un’indole positiva, che ci permette di guardare al futuro con serenità. E affrontarlo».
Ottimista per natura, Maristella Pisa confessa di essere stata qualche volta incosciente, a buttare il cuore oltre l’ostacolo. «Siamo nati con un piccolo negozio di 20 metri quadrati, e da quel momento siamo cresciuti sempre, negli spazi e nei collaboratori. Oggi», ribadisce, «mi trovo a essere a Milano con le più grandi boutique monomarca d’Italia, forse d’Europa. E un negozio multimarca che copre un’area di più di mille metri quadri, dove rappresento un numero infinito di brand, coniugandone il pensiero e facendone vivere la filosofia».
«Ovunque», continua, «il nostro sforzo è far capire che dietro il mondo dell’orologeria ci sono alta professionalità e artigianalità. Non un omino che stampa orologi, ma un lavoro di design e ingegneria», precisa. «Perciò, al cliente che compra per mera speculazione, preferisco chi acquista un modello ricercato nella convinzione che manterrà il suo valore nel tempo. E lo fa per se stesso e per lasciare un valore dopo di sé».
Maristella Pisa ora guarda alla crisi procurata dalla pandemia come un’occasione di rinnovamento. Pure nei rapporti con le case produttrici. Anche loro, come l’alta moda, hanno compreso che il lusso non può essere “usa e getta”. Ma va gustato. «Sfornare novità su novità rende obsoleto tutto quello che è stato già presentato. Invece, il cliente deve capire che la novità non è migliore: è solo diversa». Ottimi segnali sono arrivati nell’emergenza. «Con le fiere annullate, le case hanno presentato poche novità. E sicuramente hanno capito che nessuno si salva da solo. È ora necessario mettere in campo una sinergia sistemica tra produttori, distributori e dettaglianti. È il momento di stabilire un rapporto quotidiano per capire cosa succede al di là del banco».
La pandemia e tutte le conseguenze negative possono allora diventare occasione di rinnovamento per l’orologeria. «Dovremmo approfittare di ciò che è stato questo brutto momento, che ha messo tanti in difficoltà. Spero», auspica Maristella Pisa, «che nella mentalità dei produttori e nella nostra si fortifichi l’idea che non possiamo guardare al futuro senza pensare a quello che di anomalo può succedere. Tenendoci pronti, come se i momenti di magra fossero sempre dietro l’angolo. Facciamo le cose, facciamole in modo ragionato. Con un buon assortimento ponderato». È questo il fieno nella cascina di Pisa Orologeria.