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Chiara Pisa, l’eredità del passato e il futuro dell’orologeria

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L’eco delle liti furibonde dei tre fratelli Pisa, impegnati a decidere come riparare un pezzo o lucidare le viti, risuona ancora tra le mura di via Verri. L’affabile aplomb di Chiara, la più giovane delle donne che hanno raccolto la loro eredità, smonta molti pregiudizi sulle differenze di genere. Perché conferma che l’alta orologeria non è (solo) un affare da uomini. E che le donne, quanto o più degli uomini, sanno lavorare assieme (anche senza litigare) cooperando per la crescita di un’impresa familiare. E, perché no, richiamando altre donne.

Chiara Pisa, nata a Milano 39 anni fa, dopo la laurea in Economia aziendale all’università Bocconi e un anno di tirocinio come assistente alla direzione di Lvmh Watch and Jewelry, nel 2006 ha iniziato ad affiancare la mamma Maristella e la zia Grazia nella gestione di Pisa Orologeria. Nel 2013 ne è diventata Direttore generale, nel 2018 Amministratore delegato. Nel frattempo, lo storico punto di riferimento per l’alta orologeria nel Quadrilatero milanese ha seguito – e in parte anticipato – la rivoluzione del settore.

Sicuramente di buon auspicio il nome del fondatore dell’attività: Divino Pisa, secondo di 13 fratelli, che negli anni Trenta del Novecento fondò la prima Scuola di orologeria italiana. «Divino è stato fondamentale per la storia della nostra famiglia e per quella di Milano: è stato un grande luminare dell’arte orologiera. E il suo orologio a magnetismo terrestre ha fatto la storia nel nostro campo: per anni è stato esposto al Museo della scienza e della tecnica; mentre ora è nel nostro multibrand ed è motivo di interesse per molti dei nostri clienti. L’importanza di Divino è tale che gli abbiamo dedicato una sala all’interno del flagship store», racconta Chiara, terza generazione titolare di Pisa Orologeria, fondata 80 anni fa in via Verri come laboratorio di assistenza e riparazione di orologi e pendole.

«Tutto è cambiato, perché della vecchia bottega avviata da mio nonno Ugo nel 1940 è rimasto solo qualche pezzo d’arredo. Ora Pisa si espande lungo quasi tutta la prima metà di via Verri, con il flagship store al civico 7 e le boutique Vacheron e Patek al civico 9, oltre a quella di Rolex in via Montenapoleone 24. Al tempo stesso non è cambiato niente», aggiunge Chiara, «perché i valori che animavano il negozietto di Ugo, nonostante le grandi espansioni degli ultimi anni e il cambio generazionale, sono tuttora presenti e più vivi che mai».

Passione per il lavoro e curiosità sono i valori fondamentali che si sono tramandati in casa Pisa di generazione in generazione. «Cerco di tenere gli occhi sempre aperti alle novità delle marche e a quelle degli orologiai indipendenti, alle novità sui mezzi di comunicazione come sui metodi di pagamento», dice Chiara, protagonista dell’evoluzione aziendale. «Al mio ingresso, ho cercato di strutturare il negozio come un’azienda, dal momento che ne aveva assunto le dimensioni. Ho creato settori specifici dando autonomia ai rispettivi responsabili di area, perché non fosse centrato tutto sulla mia figura, ma ciascuno avesse la possibilità di compiere un lavoro attivo».

L’umiltà è per Chiara Pisa il più significativo insegnamento ricevuto dalla mamma. «Per noi che trattiamo oggetti così preziosi sarebbe facile volare troppo in alto. Mamma mi ha insegnato a tenere i piedi per terra». E aggiunge: «Mi ha lasciato libertà e autonomia nelle scelte aziendali, restando sempre un punto di riferimento fondamentale per la mia formazione e per l’azienda stessa». Questo il segreto dell’equilibrata gestione a quattro mani (la zia è uscita nel 2012 per dedicarsi ai nipoti) tra mamma e figlia. Che hanno portato in azienda un numero sorprendente di donne: 5 su complessivi 11 tecnici impegnati nei laboratori aperti al pubblico e tra quick service, front office (a contatto con i clienti) e back office (di interfaccia con le aziende).

Sono iniziativa di Chiara – tra l’altro – il nuovo sistema informatico, il progetto di digitalizzazione del magazzino e l’apertura di tutti i canali social. «Sono stata io a proporli in azienda, anche se nel privato sono completamente a-social. Per scelta. Perché non so fare le fotografie. E perché non mi piace far sapere dove sono e cosa faccio». Che sarebbe stata alla guida dell’attività di famiglia era praticamente scontato. Anche se da piccola sognava di diventare una psichiatra criminale. «Erano gli anni del film “Il silenzio degli innocenti”», spiega sorridendo.

«Ma in realtà credo di aver sempre voluto entrare a far parte di questa azienda. Spesso i bambini assorbono le aspirazioni dei genitori, tentano di imitarli, a loro modo. Da adulti molti capiscono che la loro strada è un’altra, ma per me non è stato così. Affiancare mamma e zia per tanti anni non ha fatto altro che accrescere l’amore per questo mestiere e per l’orologeria in generale; perché l’orologio di alta qualità, benché spesso non lo si pensi come tale, è una vera e propria opera d’arte. E io amo l’arte!». La passione del momento – oltre a pugilato, tango e yoga – è collezionare dipinti che raffigurino leoni. «È il mio segno zodiacale. Non ho preclusioni di epoca. Ora sto cercando di acquistare un dipinto dell’artista americano Robert Longo, che mi ha mostrato online un amico collezionista», confida. 

Il primo orologio – un Audemars Piguet – le fu regalato dalla zia per la laurea: una sorta di passaggio di testimone in attesa del suo ingresso in azienda. Il suo primo ricordo legato al mondo degli orologi invece si perde nella memoria. «Non ricordo con esattezza quel momento, avendoci convissuto fin dai primi giorni di vita. Da bambina passavo molto tempo in azienda e spesso lo trascorrevo insieme ai tecnici orologiai nei loro laboratori. Che, nel caso di Pisa, sono aperti al pubblico».

E continua: «Ricordo che ero affascinata da tutti gli strumenti che riempivano i loro tavoli da lavoro: lenti, pinzette, crono-comparatori… E ricordo con gioia le giornate passate in negozio assieme a mia mamma, alla zia e alla nonna Luciana. Mi divertivo a vederle trattare con i clienti, che poi si intrattenevano per fare quattro chiacchiere anche con la nonna; si  andava al di là di semplici rapporti formali e lavorativi. Un tocco femminile».

Agli albori degli anni Settanta, alla scomparsa del padre, le sorelle Grazia e Maristella presero in mano l’azienda di famiglia. Che dunque oggi è una consolidata storia al femminile. «L’orologeria è stata per molti anni dominio dell’uomo: per mia mamma e mia zia non è stato affatto semplice affermarsi, così giovani, in un mondo fortemente maschile. Ma la loro passione, determinazione e il tocco di familiarità che hanno portato, proprio in virtù del loro essere donne, hanno permesso all’azienda di fiorire e di venire ancor più apprezzata. Entrambe hanno molto insistito affinché le maison si aprissero anche ai gusti femminili, cosa che sta finalmente avvenendo. Sono molto fiera di aver raccolto questa preziosa eredità, tentando ogni giorno di arricchirla di umanità e impegno».

Chiara Pisa, di rientro da Dubai («Dove ad esempio Bulgari ha presentato un esemplare femminile con tourbillon», riferisce), smonta la credenza che gli orologi siano oggetto solo dei desideri maschili: «Stanno diventando sempre di più interesse delle donne, molto ben informate anche a livello di movimenti e complicazioni. È proprio per questo che sempre più case orologiere hanno deciso di puntare anche su modelli femminili, che siano semplici o preziosi. Anche in questo, mia zia e mia mamma avevano visto lontano». 

Nel 2014, Maristella e Chiara Pisa hanno lanciato la linea di gioielli Lancette. «È nato come un progetto di orologeria: una serie di ciondoli, bracciali e orecchini a forma di lancetta in oro e brillanti. Poi Lancette è confluita nella collezione Pisa Diamanti, che offre una più vasta selezione di gioielli (dai tennis ai solitari, fino alle fedi nuziali) in linea con i valori della nostra azienda: eleganza, semplicità e qualità. Dal 2018, Pisa Orologeria ha un salone interamente dedicato alla gioielleria, che ospita, oltre a Pisa Diamanti, anche sette prestigiose maison, in forma di vendita retail».

La sfida per il prossimo futuro è l’apertura di un nuovo monomarca di orologeria, dedicato a una presenza storica in casa Pisa, attiguo al multimarca, sempre su via Verri. «Stiamo lavorando per definire via Verri come la via degli orologi». Con i piedi piantati per terra, Chiara sogna che Pisa Orologeria continui così: «Guardiamo avanti senza dimenticarci degli inizi. Onoriamo la tradizione, senza però svalutare la novità. E senza mai perdere quel tocco umano che ci ha contraddistinti da sempre. Coltiviamo il grande amore per l’orologeria e per l’arte, e cerchiamo di trasmetterlo ai clienti».