Dal 2018 Davide Traxler guida la Parmigiani Fleurier. Una fabbrica che ha segnato la rinascita di una cittadina (Fleurier, appunto, nella Val-de-Travers) che, non ostante grandi trascorsi, era stata un po’ abbandonata dall’orologeria. Ma lì s’insedia Michel Parmigiani (origini orgogliosamente italiane: lo trovi spesso in Italia, con la famiglia), che inizia la propria carriera come restauratore degli orologi e dei giocattoli meccanici della famiglia Sandoz; la leggenda racconta che sia stato il primo a saper restituire vita ad una Pendule Sympatique di Abraham-Louis Breguet…
Oggi Parmigiani Fleurier fa capo a una Fondazione che ha compreso come sulla genialità di Michel Parmigiani si potesse costruire non soltanto una marca d’orologi, ma anche un piccolo polo industriale. Che, oltre a Parmigiani Fleurier, comprende la Vaucher (platine e movimenti d’altissima qualità), la Atokalpa (bilancieri ed organi regolatori) e altre aziende (compresa quella per la realizzazione delle casse). Senza dimenticare ovviamente il restauro, con un laboratorio gestito da un budget specifico e che produce anche orologi d’eccezione. È un metodo di lavoro che ha letteralmente rivoluzionato quel microsegmento dell’orologeria definito “artigianale”; e lo ha trasformato in un vero e proprio gruppo industriale con economie di scala che consentono a Parmigiani Fleurier e ad altre marche di competere economicamente con marchi ben più grandi e potenti.
Non ostante questa impostazione intelligente, però, la crisi politica di Hong Kong ha dimostrato che la continua crescita dell’orologeria svizzera non era esattamente solida. La produzione non può dipendere per il 50 per cento da un solo mercato (quello definito Greater China), specialmente quando le ridotte dimensioni del settore lo rendono molto instabile.
E qui interviene Davide Traxler. Facendo riferimento alla storia commerciale dell’orologeria (se lavori su tanti mercati di piccole dimensioni le oscillazioni di un paio di loro non possono essere così dannose), Traxler guida Parmigiani Fleurier in una cura dimagrante. Un piano triennale per diventare più snelli e agili, per migliorare la salute della marca. Poi alla crisi non risolta di Greater China si aggiunge il Covid.
Davide Traxler: È vero, il nostro processo di riorganizzazione aziendale era partito prima, per cui arriviamo a questa crisi con un’azienda più snella e con una particolare attenzione ai costi. Abbiamo avuto anche il lancio del calendario perpetuo islamico, a dicembre: una novità unica mirata a un mercato specifico, che ci ha assicurato e continua ad assicuraci un relativo buon andamento con un prodotto comunque molto prezioso, con un alto contenuto di orologeria.
Questa combinazione di agilità e di orologi complicati rari continua a creare lavoro per la fabbrica e fatturato per l’azienda. E arriviamo così ad un passaggio successivo, il lancio della collezione GT. Per noi era molto importante e speravamo di poter lavorare in ben altre condizioni, lo ammetto. In ogni caso la risposta dei mercati è per ora è eccellente, per cui speriamo che malgrado la situazione estremamente difficile si possa effettivamente distribuire.
Con te Parmigiani Fleurier aveva cominciato a fare due cose fondamentali: alleggerire la struttura e alleggerire il catalogo. Quel che oggi tutti devono fare in una situazione di emergenza. Previsione o fortuna?
Davide Traxler: Allora, noi prevedevamo un anno difficile. In particolare io prevedevo comunque un abbassamento importante delle borse, di quella americana in particolare; e poi la situazione a Hong Kong era già tesa e non prossima alla soluzione, per cui prevedere un anno difficile mi sembrava ovvio. Non potevo certo immaginare l’entità di questo disastro, sull’onda della pandemia. Ma siamo arrivati ad oggi più snelli e già molto prudenti. Credo quindi che possiamo guardare al futuro con un cauto ottimismo. Eravamo a metà strada di un piano triennale che ora va ovviamente rivisto, allungandolo di 18 mesi. Però crediamo che in quattro anni e mezzo anziché in tre il progetto lo si porti a termine.
Vogliamo parlare di fiere dell’orologeria?
Davide Traxler: Trovo innanzi tutto che una fiera unica (o se vuoi due fiere vicine e parallele) nello stesso momento e nella stessa città sia un segnale straordinario, un’ottima notizia; (a poca distanza da Watches & Wonders, in contemporanea, si svolgerà un’altra fiera cui hanno già aderito Patek Philippe, Rolex, Chopard, Breitling e altri marchi fondamentali, ndr). Ci siamo arrivati forse attraverso un percorso sbagliato, la progressiva agonia di Baselworld, ma alla fine la soluzione sembra comunque arrivata. Io credo che la “istituzione fiera” sia stata e resti molto interessante per tutto il settore, perché permette a tutti di capire in pochi giorni quel che succede, di vedere in quale direzione si muove il settore, consente di prendere decisioni importanti.
Per un dettagliante viaggiare, prendere appuntamenti con marche diverse 10, 15 volte durante l’anno è molto complicato. E altrettanto vale per le marche di orologi. Una fiera ha ancora un grande valore aggiunto, specialmente per un settore di preziosi in cui persino la temporanea esportazione di orologi da mostrare ai negozianti ha un costo notevole. Sì, credo che il concetto di fiera, per il nostro settore, abbia ancora un senso, e spero davvero che questa fiera unificata possa essere un percorso di medio periodo per l’orologeria.
Tu stai parlando dell’anno prossimo a Ginevra. Il capolavoro anche diplomatico di Fabienne Lupo…
Davide Traxler: Ancora c’è da lavorare, per cui aspettiamo ad applaudire. Però quel che si è già ottenuto è davvero molto importante.
Anche perché non puoi far vedere soltanto i grandi gruppi o le grandi marche. Lo sdoppiamento dell’ormai tradizionale Watches and Wonders serve ad avere una visione più completa dell’orologeria svizzera. Quel che una fiera degna di tale nome deve saper offrire agli operatori, ma anche al pubblico.
Davide Traxler: Certo. E Ginevra dispone di strutture d’ospitalità pressoché infinite. Oltre che di un aeroporto eccezionalmente ben collegato con il mondo. Possibilità ce ne sono per tutti. Ovviamente ci vorrà un po’ di tempo per trovare completezza e stabilità, ma il fatto che tutto il settore sia riunito per 7/8 giorni a Ginevra credo offra a tutti un enorme potenziale.
Natale. Come andrà questo Natale?
Davide Traxler: Sai, per noi Natale – e per la Cina il Capodanno cinese – potrebbero rivelarsi di grande interesse. Pandemia permettendo: è chiaro. Non credo ci saranno fuochi d’artificio commerciali, ma tutti abbiamo un magazzino sufficiente per essere pronti ad ogni evenienza, dopo tanta chiusura. Qualche segnale d’ottimismo c’è. E anche per questo molte aziende, anche quelle che avevano detto di voler rimandare al prossimo anno il lancio di novità, alla fine stanno un po’ facendo marcia indietro e presenteranno qualche novità proprio per le vendite natalizie. Una strategia prudente che, per molti versi, dovrebbe essere anche un buon aiuto per i negozianti e quindi per il pubblico dei compratori.
Il fatto di essere voi stessi fornitori molto importanti per una serie di marche indipendenti rende più semplice o più complessa l’attuale situazione?
Davide Traxler: Beh, in realtà le nostre strutture servono anche marchi piuttosto grandi. Siamo fornitori di un po’ di tutto “l’alto” di settore. È quindi ovvio che anche in questo senso il calo sia importante. Ma nel mio piano triennale era già prevista una “cura dimagrante” in questo senso, perché il problema del ridimensionamento secondo me era già prima del Covid una questione generale. Tutte le marche hanno dovuto cambiare programmi, ma fortunatamente la Svizzera, la Confederazione sta sostenendo il nostro settore, che giustamente viene considerato rilevante. Grazie anche a questo penso che le nostre aziende possano superare questa tormenta senza danni troppo elevati.
Concludiamo parlando di prodotto. Vedo qui tre orologi molto coerenti (della nuova collezione GT, ndr), molto ben legati fra loro, che però non costringono i negozianti ad impegni economici pericolosi. Non ostante il contenuto tecnico continui ad essere elevato, come pure la qualità generale – che è quella di sempre, tipica di Parmigiani Fleurier – mi sembra che le scelte vengano incontro alle esigenze attuali. È questa la strada di Parmigiani Fleurier per il futuro?
Davide Traxler: Oggi Parmigiani Fleurier è rappresentata da 50 referenze attive, 50 modelli. In due anni siamo scesi da un totale di 350 a 50; 50 referenze attive vogliono dire, come tu sai, meno quadranti, meno bracciali e così via. Ma vuol dire anche una collezione ridotta, semplice, spiegabile, comprensibile. Una collezione che consente al negoziante di avere argomenti chiari da trasmettere al compratore finale. Il quale potrà, meglio di prima, identificare la marca, ma con prodotti che ovviamente devono essere quelli giusti, che lasciano un minor margine d’errore. Le prime reazioni sono buone. Siamo molto contenti di questa collezione e aspettiamo il responso del mercato con molta fiducia.
Possiamo parlare quindi di un ritorno alla priorità del prodotto rispetto ai fatturati?
Davide Traxler: Per noi sì, certo. Ma sono convinto che il prodotto buono, il prodotto che piace non sia affatto in conflitto con il fatturato. Anzi.