Quando venne presentato per la prima volta (2015), il Patek Philippe Calatrava Pilot Travel Time venne subito etichettato come “orologio militare”. Ma con una connotazione negativa: Patek Philippe cavalca l’onda del “militare” e con il Calatrava Pilot Travel Time strizza l’occhio alla moda del momento. Ha bisogno di vendere più orologi, fu la conclusione. No, è meglio chiarire subito che il Patek Philippe Calatrava Pilot Travel Time con gli orologi militari c’entra poco.
Semmai i riferimenti sono due orologi per aviatori realizzati nel 1936, dai quali l’attuale Travel Time riprende solo alcuni dettagli dell’impostazione estetica: il quadrante nero e la grafica molto chiara, leggibile in ogni condizione di luce. Le cifre sul quadrante sono con ogni evidenza quelle originali, ma stilizzate in chiave più moderna. Ogni analogia fra gli orologi militari e il Patek Philippe Calatrava Pilot Travel Time finisce qui.
Ho amato da subito il Calatrava Pilot Travel Time. Non è stato un colpo di fulmine, perché Patek Philippe preferisce gli amori lenti, quelli che nascono e crescono nel tempo, consolidandosi per la vita. Patek non ti stupisce quasi mai con effetti speciali, ma ti entra nel cuore piano piano, mentre ne scopri i tanti dettagli e la loro qualità. Un consiglio che vorrei dare è quello di confrontare gli orologi di Patek con quelli di altre marche.
È quella che io definisco “la strategia della perla”. Se dovete scegliere delle perle, allora mettete un filo a confronto con l’altro, buttando giù dalla torre, man mano, quello meno bianco, meno perfetto, quello con qualche difetto. Alla fine avrete un filo di perle che rappresenta l’eccellenza, almeno fra quelle presenti nel negozio. Altrettanto va fatto con il Calatrava Pilot Travel Time di Patek: confrontatelo con altri orologi per aviatori, tutti di massima qualità, e alla fine scoprirete che – sommando tecnica ed estetica – sarà lui a vincere.
Oggi la collezione “in stile Pilot”, come la definisce la stessa Patek Philippe, si arricchisce di un nuovo quadrante. Blu, colore che di recente Patek sembra amare molto, adattandone però l’intensità alla specifica personalità del modello. Così spazia dai quadranti finemente incisi con effetti mai troppo evidenti per arrivare al blu scuro del Travel Time.
Sostanzialmente il Patek Philippe Calatrava Pilot Travel Time è disponibile in due versioni: quella “semplice”, doppio fuso, e la Alarm, con svegliarino meccanico integrato. Poi ci sono ovviamente le varianti relative alla cassa – formato grande (42 mm di diametro) o medio (37,5 mm) – e quelle relative al materiale, fondamentalmente oro bianco o rosa.
Al vostro posto non sottovaluterei la versione media, da quasi 38 millimetri di diametro: ho un polso extra large, ma quel diametro sembra equilibrato persino per me. Tutto sommato lo preferisco, ma i gusti son gusti e provare al proprio polso è sempre la ricetta migliore per una scelta sensata.
Specialmente nel caso di orologi straordinariamente preziosi come i Patek Philippe. Ricordate che non solo il marchio è prestigioso, ma anche il concessionario che se ne occupa. Proviamo ad avere maggior fiducia: sono certo che se stabiliamo un rapporto di reciproco rispetto sarà possibile trovare il giusto equilibrio per le giuste scelte.
Per un maggiore approfondimento vi rimando al “pezzo” e alle didascalie sull’Alarm che ho scritto tempo fa. Qui mi limito a concludere dicendo che vi auguro di poter provare quella sensazione di (quasi) perfezione, di “tutto al posto giusto”; che nasce naturale già solo nel premere i due pulsanti per l’impostazione del secondo fuso.
E confrontando questo con un altro ottimo orologio con doppio fuso orario capirete perché Patek Philippe resta al vertice. Perché Patek Philippe deve attendere (sia prima nella fase di progetto e prototipo, sia in quella di produzione) di aver raggiunto un livello superiore prima di mettere in vendita un orologio. Che sarà inevitabilmente raro, sempre. Anche quando non si parla di serie numerate.
P.S. Qualche lettore ci comunica i propri dubbi sulla certificazione “casalinga” di alcuni marchi, fra cui appunto Patek Philippe. La tesi è che “se la suonano e se la cantano” per sottrarsi ai controlli del Cosc. Non è così, e ne parleremo presto…