Qualcuno li definisce “vintage”, altri “secondo polso”, all’estero “pre-owned”. Comunque li chiami sono orologi usati. Il che non è un marchio d’infamia, sia chiaro. Il problema è che, storicamente, l’idea che si potesse far commercio di orologi usati ha sempre fatto venire l’orticaria ai dirigenti delle aziende d’orologeria. Nella convinzione che ogni orologio usato fosse un orologio in meno venduto. Non che avessero tutti i torti, a ben vedere, ma non puoi fermare uno tsunami con secchiello e paletta.
La Svizzera dell’orologeria ha prodotto, fino agli anni Sessanta, orologi che sembravano programmati per vivere poco, come certi cellulari. Non sto parlando dei grandi marchi, è ovvio, che però a quei tempi valevano, numericamente, una trascurabile frangia di mercato. Poi è arrivata l’affidabilità e con essa la durata degli orologi. Per comprendere meglio, fino agli anni Sessanta era normale che un orologio avesse problemi due o tre volte l’anno, con conseguente intervento tecnico.
Erano contenti i tecnici, erano contenti i produttori (per ogni orologio estinto se ne comprava un altro senza traumi), non esisteva (quasi) il mercato degli orologi usati; e per giunta solo di rado un orologio sopravviveva quel tanto che rendesse necessario un costoso (ieri come oggi) intervento di manutenzione. Una pacchia. Ma poi arriva, appunto, il mito dell’affidabilità estesa non solo a quei dieci/quindici marchi d’eccellenza, ma anche agli orologi meno costosi. E non uso la parola economici perché è un’altra di quelle parole che fa venire l’orticaria ai produttori.
La vita di un orologio “diversamente costoso” oggi non è inferiore ai dieci anni, salvo azioni traumatiche. A quei tempi non superava i due/tre anni e la cosa era normale perché non è che altri aggeggi meccanici durassero di più. Oggi, quindi, si cambia orologio più per capriccio che per necessità: è il marketing, bellezza. Però “avanzano” un bel po’ di orologi usati: belli, ancora funzionali e che fan pure figo senza costare un occhio della testa. Cosa ne fai? Lasci la tua reputazione in mano a commercianti di (ingiustamente o meno) dubbia reputazione? Naaah.
Per decenni il mercato degli orologi usati è rimasto nelle mani di commercianti “specializzati”. Alcuni veri e propri birbaccioni, molti altri seriamente appassionati. A quello degli orologi usati, poi, si è aggiunto anche il mercato degli “introvabili” (ogni volta che un negozio d’orologi chiude arrivano stormi di avvoltoi che ripuliscono tutto, tanto per dirne una). E quello di orologi di dubbia provenienza. Qualche falso vero, qualche orologio messo su alla Frankenstein con pezzi di orologi simili ormai defunti e qualche orologio rubato. E i commercianti di orologi usati hanno finito per farsi – spesso a torto – la nomea di torbidi imbroglioni.
Il problema è che se (tanto per non far nomi) compro da un torbido imbroglione un Rolex usato, ciò danneggia innanzitutto l’immagine di Rolex. Ora tenete conto del fatto che nella classifica mondiale dei marchi con la miglior reputazione (la fa il Reputation Institute, ente statunitense con una filiale anche in Italia) Rolex era prima nel 2019, ma quest’anno si è vista superare da Lego Group e dalla Walt Disney Company. (Top ten della buona reputazione mondiale 2020: Lego, Walt Disney Company, Rolex, Ferrari, Microsoft, Levi’s, Netflix, Adidas, Bosch, Intel). E la cosa le rode.
E rode a Omega, Patek, Audemars, rode a chiunque abbia una reputazione da difendere. Perché se io entro in un negozio per comprare un RolexOmegaPatekAudemars non entro per comprare un orologio usato qualunque. Entro per comprare la mia marca preferita e voglio comprarla con orgoglio, voglio comprarla a testa alta. È mio diritto.
E allora ecco finalmente la svolta. Per ora timida. Hanno cominciato con entusiasmo piccoli marchi indipendenti come De Bethune, F.P. Journe, H. Moser & Cie, MB&F. È notizia recente che Richard Mille ha rilanciato la posta aprendo a Londra, pochi giorni fa, una boutique affiliata in Mayfair, Ninety. Nella quale si potranno comprare – a testa alta – non solo gli orologi usati di Richard Mille (c’è anche uno specifico laboratorio tecnico), ma anche gioielli e altri oggetti preziosi. Da notare che si trova al 90 Mount Street, a due passi da Hyde Park: quando si potrà viaggiare di nuovo, potrete poi celebrare l’acquisto con una bottiglia di vino dell’enoteca Majestic Mayfair, al 49 di South Audley Street, a pochi passi dalla boutique.
Un esempio, quello dei marchi “artigianali”, che già alcuni negozi italiani stanno cominciando a seguire con sempre maggiore professionalità. Come Il Giornale degli Orologi aveva ipotizzato all’inizio dell’anno, quello degli orologi usati (o come diavolo volete chiamarli) sta diventando un ottimo affare per tutti. Per i compratori, che avranno ulteriori certezze di un corretto acquisto, e per tutta la catena commerciale legata all’orologeria, che oltretutto avrà maggiori entrate. Il che, di questi tempi, non guasta certo.
La maggior parte dei concessionari che si aprono all’usato vende orologi revisionati e (mi permetto un consiglio) potrebbe persino consegnarvi il risultato di una verifica al cronocomparatore. Sia chiaro: il test al cronocomparatore vuol solo dire che in quel momento l’orologio forniva, in condizioni di laboratorio, determinate prestazioni. Non lo considererei un attestato di precisione (quei test sono ben altra cosa) ma una sorta di certificato di buona salute. Se poi uscite dal negozio, l’orologio vi cade e si rompe o la marcia viene alterata, allora… Ma è una cosa che vale per qualunque orologio, nuovo o usato che sia.
E anche un test di impermeabilità non ci starebbe male per gli orologi subacquei, visto che l’impermeabilità dovrebbe essere verificata ogni anno. È un test non invasivo perché viene effettuato “a secco”, creando in ambiente ermetico una depressione minuziosamente misurata. Se sfugge aria dalla cassa e la depressione impostata diminuisce, allora l’orologio non è impermeabile. Incidentalmente ricordate che chi dimentica la corona aperta (o la lascia aperta apposta per vedere a cosa servono le doppie guarnizioni: c’è anche questo), quando poi si ritrova l’orologio allagato e torna da chi glielo ha venduto… E giura che lui mai, mai e poi mai ha dimenticato aperta la corona, beh, sappiate che il negoziante fa il test a secco e scopre subito se siete bugiardi birbaccioni. Una gran brutta figura.
Usato, ma a testa alta, insomma. Usato non come un ripiego umiliante, ma come scelta, se lo comprate da un concessionario. Verificate i siti dei negozianti (già molti presentano una scelta piuttosto ricca: in quello di Bedetti, a Roma, ce ne sono una quarantina) e se pure non doveste trovarne sul web, ricordate che comunque quasi tutti i concessionari hanno anche orologi usati che valgono una visita. È solo l’inizio, ma vedrete che in men che non si dica il mercato dell’usato acquisterà una nuova maturità. Sarà un bene per tutti, tranne che per i birbaccioni.