Cominciamo dalla “complicazione” e dal contesto in cui nasce.
La collezione Legacy Machine di Max Busser & Friends nel 2015 si arricchisce di un modello con calendario perpetuo, la Legacy Machine Perpetual. Per intenderci, la collezione Legacy Machine è quella subito riconoscibile per l’ampio bilanciere centrale “magicamente” sospeso sul quadrante. Un vero e proprio marchio di fabbrica, un biglietto da visita inconfondibile che ha fatto storia.
La Legacy Machine N°1, quella originale, nasce dalla collaborazione di Max Busser con i tecnici Jean-François Mojon e Kari Voutilainen. Poi la collezione cresce e si articola in “variazioni sul tema” elaborate dagli stessi autori (Legacy Machine N°2), dal solo Voutilainen (101 e Flying T con tourbillon volante), da Voutilainen in collaborazione con Eric Coudray (Thunderdome), e da Stephen McDonnell (prima con lo Split Escapement ed poi con la Legacy Machine Perpetual). Sì, mi direte voi, sono tutti grandi tecnici, grandi progettisti. Ma questo Max Busser cosa c’entra con loro?
Maximilian Büsser da Milano, figlio di un diplomatico svizzero (nasce a Milano e parla un perfetto italiano, ma è svizzero e vive a Dubai), potrebbe essere definito “il giocattolaio matto”, oppure anche il moderno Mecenate. Qualche anno fa ho sostenuto fosse l’inventore, almeno in orologeria, di quel “Mazinga Style” che prende in qualche modo origine dai Manga giapponesi. Scoprendo solo dopo che Max, in ogni sua partecipazione a mostre d’orologi, mette sempre ben in vista un grosso Goldrake. Sì, quello del “razzo missile” e di Ufo Robot.
Max Busser, dicono alcuni, è solo l’impresario di un circo di acrobati dell’orologeria, un “commerciale”. Falso. In realtà si è laureato al Politecnico di Losanna conquistando poi un Master in micro-ingegneria. Entra in Jaeger-LeCoultre ai tempi di Henry-John Belmont (uno degli uomini che hanno salvato l’orologeria svizzera dalla crisi post-quarzo, negli anni Sessanta), che di Max ha sempre detto tutto il bene possibile.
Altrettanto vale per un altro grande personaggio, quel Günther Blumlein cui si deve il rilancio di IWC e la rinascita di A. Lange & Söhne. Marche confluite prima nel Gruppo Mannesmann (che nasce come produttore di tubi) e poi nel 2002 vendute da Mannesmann al gruppo Richemont. Max, però, se n’era già andato, approdando nel 1998 in Harry Winston, uno dei più grandi gioiellieri di fama mondiale. Qui (e la cosa non dev’essere stata facilissima) Busser convince i capi a creare una divisione d’orologeria, Rare Timepieces, che dirigerà fino al 2005. È qui che nasce l’idea geniale.
Max Busser nota un interesse crescente, da parte del pubblico, per gli “artigiani dell’orologeria”, veri e propri artisti della micromeccanica. Inventano complicazioni, inventano movimenti originali, inventano un nuovo modo di fare grande orologeria con piccoli numeri. Ma nota anche come molti di loro siano autentiche schiappe per quanto riguarda l’aspetto estetico (che pure è molto importante) e/o la gestione commerciale delle aziende. La Svizzera è piena, purtroppo, di grandi tecnici finiti male perché la grande micromeccanica non basta. I movimenti devi “vestirli” per trasformare i movimenti in orologi. E poi devi saperli vendere. Altrimenti nisba.
Max Busser convince il marchio Harry Winston che non può competere con alcuno dei marchi tradizionali, a meno di trovare una strada propria. Come un vero talent scout (e forte della propria storia professionale), Max Busser inizia a collaborare con nomi allora poco conosciuti come François-Paul Journe, Antoine Preziuso, Christophe Claret, Felix Baumgartner, Robert Greubel & Stephen Forsey, Jean-François Mojon, Denis Giguet ed altri ancora. Molti hanno fatto marca a sé, altri lavorano come progettisti per altre marche, ma tutti hanno fatto strada, tutti sono ormai apprezzati per quel che meritano.
È un modello di lavoro in cui Max Busser (prima con Harry Winston, e dal 2005 da solo) fa confluire le proprie capacità tecniche ed imprenditoriali, lanciando nel mondo del lusso tecnici geniali che non sempre un certo pubblico riesce apprezzare in quanto tali. Alcuni – diciamocelo – da soli fanno orologi eccellenti, ma francamente “noiosi”. Il metodo Busser prevede un interscambio equo, in fin dei conti, nel quale senza il “giocattolaio matto” anche il migliore dei purosangue rischia di rimanere fermo al palo. Nasce così la serie degli Opus.
Ah, chi storce il naso di fronte alla parola “giocattolo” ricordi che anche quel mago della micromeccanica che era Pierre Jaquet-Droz (1721-1790) costruiva, oltre ad orologi, anche automi semoventi d’ogni tipo. Giocattoli, appunto, veri e propri computer meccanici. E opere d’arte.
E con questo dovremmo aver chiarito in quale contesto nasce la Legacy Machine Perpetual di Max Busser & Friends. Realizzato con la collaborazione del geniale Stephen McDonnell.
Geniale perché McDonnell ha – parzialmente – reinventato la meccanica del calendario perpetuo. Dicesi calendario “perpetuo” quel dispositivo che consente, su un ciclo di quattro anni (da un bisestile all’altro) di indicare sempre il mese, il giorno della settimana e la data giusta. Perché perpetuo l’ho messo fra virgolette? Perché una eccezione del calendario gregoriano (quello che usiamo normalmente) prevede di saltare un febbraio bisestile ogni anno secolare non divisibile per 400. Per farla breve, nel 2100, che pure sarebbe bisestile, febbraio avrà 28 e non 29 giorni. E questo costringerà il proprietario di un orologio con calendario “perpetuo” a far avanzare manualmente la data di un giorno.
Da un punto di vista pratico, esistono sostanzialmente due tipi di dispositivi per realizzare un calendario perpetuo. Il metodo antico prevede solo ingranaggi e ha il vantaggio di una programmazione che può essere regolata sia in avanti che indietro nel tempo. Moderatamente utile, perché tollera errori di gestione, ma micidialmente affamato di energia. Sono stati fatti tentativi, in orologi astronomici come una famosa trilogia di Ulysse Nardin, ma la strada è poi stata abbandonata o quasi. Poi c’è il metodo basato (ancora una volta!) su una invenzione fatta da Abraham-Louis Breguet nel 1795. Leve e camme programmate su un arco di quattro anni. Tutti i calendari perpetui moderni partono da lì.
La stragrande maggioranza dei calendari perpetui consiste in moduli specializzati che vengono innestati su un movimento di base. Stephen McDonnell ha invece deciso di creare un movimento integrato, ossia un movimento che nasce proprio come calendario perpetuo. Max Busser, non contento, gli ha chiesto di adattare la sua idea alla collezione Legacy Machine. Con il bilanciere sospeso sul quadrante tramite un ponte.
Non solo: McDonnell ha totalmente reimmaginato il funzionamento del calendario perpetuo per ottenere un movimento non troppo spesso (bilanciere a parte) e meno avido d’energia. Comunque (tanto per non sbagliare) utilizzando due bariletti, ben visibili dal fondello trasparente. Anche perché quando usi un bilanciere ampio e “lento” (18.000 alternanze/ora, come negli orologi da tasca) è meglio avere tanta energia per non mettere in discussione la costanza di marcia.
Nella Legacy Machine Perpetual l’origine dell’impostazione a leve e camme programmate è ben riconoscibile, per un tecnico. Che però rimarrà sorpreso per l’apparente indipendenza del calendario perpetuo dal treno del tempo. Apparente perché Stephen McDonnell ha inventato un vero e proprio processore, una sorta di CPU meccanica programmata per fornire le indicazioni ad una serie di ingranaggi satelliti demandati alle diverse indicazioni temporali.
Per il resto siamo nell’apparente normalità, con quattro pulsanti correttori e due splendidi indicatori per l’autonomia e per l’anno bisestile. Come al solito lascio alle didascalie qualche dettaglio tecnico in più, perché ce ne sono di davvero sorprendenti. Alcuni dubbi sul funzionamento li ho espressi direttamente a Stephen McDonnell. Il calendario può solo andare in avanti, vero? E come la mettiamo con la sicurezza delle regolazioni, ove qualcuno decidesse di incasinarsi la vita? E McDonnell ha risposto così:
«Ci sono 4 correttori (pulsanti) per il QP: a ore 2 il giorno, a ore 4 mese, a ore 8 l’anno e quello a ore 10 per l’intero calendario (master). Tutti questi correttori spostano le funzioni in avanti nel tempo (lunedì → martedì → mercoledì; aprile → maggio → giugno, eccetera). Se i correttori fossero in grado di spostare le indicazioni in senso inverso, sarebbe impossibile mantenere la sincronizzazione del calendario, e le parti potrebbero persino rompersi. Quindi il design del meccanismo garantisce che con i pulsanti sia possibile solo la correzione in senso avanti.
Per lo stesso motivo, anche il movimento di base può solo far avanzare il calendario. Se giri le lancette all’indietro dopo la mezzanotte, si attiva una levetta di sicurezza che impedisce al calendario di essere spostato all’indietro.
Il meccanismo QP contiene un’intera gamma di dispositivi di sicurezza, che rendono impossibile la de-sincronizzazione permanente del sistema; nessuna combinazione di pulsanti o nessuna rotazione delle lancette in avanti o indietro può causare danni. È anche possibile ruotare le lancette all’indietro oltre la mezzanotte mentre si utilizza qualsiasi combinazione di correttori. Niente verrà rotto o definitivamente de-sincronizzato.
La programmazione del processore meccanico avviene il 25 di ogni mese. In effetti, il meccanismo “legge” la camma del mese. Questa camma ha 12 passaggi variabili, ed è posizionata più o meno a ore 6. La ruota che trasporta questa camma porta anche la lancetta del mese. Quindi il 25, il meccanismo programma il processore con le informazioni che ha letto dalla camma del mese, cioè la lunghezza corretta del mese corrente. Da questo punto (25 del mese) fino al momento in cui il QP passa al primo del mese successivo, i correttori del mese e dell’anno saranno disattivati.
Il motivo è duplice: in primo luogo per la sicurezza. Per evitare che le parti vengano danneggiate a causa della manipolazione dei correttori durante il periodo in cui il calendario avanza del mese (e dell’anno). In secondo luogo per praticità: se il calendario legge “maggio”, e programma 31 giorni per maggio il 25, e il giorno dopo si preme il correttore del mese per cambiare la lettura del mese in “settembre”, la programmazione di maggio rimarrà all’interno del processore, quindi l’orologio finirebbe per visualizzare settembre sì, ma con 31 giorni! La disattivazione dei correttori di mese e anno dal 25 fino all’inizio del 1° del nuovo mese garantisce che l’intera visualizzazione del QP rimanga sempre accurata. Il giorno e i correttori principali rimangono attivi in ogni momento.
Per quanto riguarda il normale avanzamento del QP (come determinato dal movimento), il mese e l’anno avanzano entrambi istantaneamente; la data e il giorno si muovono semi-istantaneamente».
Il MB&F Legacy Machine Perpetual è a tutti gli effetti un orologio per collezionisti. I prezzi sono elevati, ma in linea con la ridottissima produzione di un movimento completamente diverso da ogni altro. La logica meccanica mi porta a dire (ma tutti, al marchio, smentiscono vigorosamente) che Stephen McDonnell potrebbe avere in mente ulteriori evoluzioni (ad esempio una versione con più processori meccanici) che però richiederanno parecchi anni per arrivare in produzione. Sempre che arrivino.
Sta di fatto che fino ad oggi gli orologi di MB&F hanno spuntato in asta ottime quotazioni, specialmente i modelli più originali o in edizione limitata. Dal momento che della Legacy Machine Perpetual sono disponibili ancora alcuni esemplari, ci sarebbe da farci un pensierino, se siete in grado di affrontare questo tipo di spesa. Per gli altri, il consiglio è come sempre di andare di persona a dare un’occhiata, se non altro per cultura personale. A Milano, ad esempio, in corso Magenta trovate GMT, il negozio dell’importatore, in cui è esposta gran parte della collezione.