Siamo abituati ad associare il concetto di opera d’arte a forme quali la pittura, la scultura, la fotografia. Ma il talento dell’uomo, la capacità di emozionare attraverso la creatività e l’ingegno si manifestano in modi e in mondi differenti. È il caso del Breguet Classique Double Tourbillon Quai de l’Horloge: francamente è difficile pensare che sia “solo” un orologio e non, a pieno diritto, un’opera d’arte.
L’invenzione del tourbillon
Era la fine del XVIII secolo e gli esemplari da tasca andavano per la maggiore; e vivevano, per gran parte del loro tempo, nella stessa posizione verticale, adagiati nei taschini di giacche e panciotti. Il problema era proprio questo, con la forza di gravità che, quando le energie della molla di carica si indebolivano, “infastidiva” l’organo regolatore andandone a compromettere la già precaria precisione.
In realtà la ricerca di maggior precisione era qualcosa che interessava ambiti ben più ampi, dalla geografia all’astronomia. A quell’epoca in molti conducevano studi a riguardo. Però fu proprio Abraham-Louis Breguet, come spesso capitava, a trovare una soluzione (geniale) al problema. Solamente una delle sue numerose invenzioni, ma di gran lunga quella che, solo a nominarla, ancora oggi “trasuda” alta orologeria da ogni componente: il regolatore a tourbillon.
Nel 1801, dalla sede di Quai de l’Horloge – nel contesto parigino della splendida Île de la Cité -, è depositato il brevetto di qualcosa di rivoluzionario, legato al nome del genio di Neuchâtel e complicazione per antonomasia. L’idea per contrastare la gravità era “semplice”: fare in modo che l’organo regolatore non fosse mai nella stessa posizione anche se l’orologio era immobile; e, per ottenere ciò, altrettanto semplicemente bastava farlo ruotare su se stesso.
Double Tourbillon, quando uno non basta
Ovviamente di semplice non c’è nulla: perfino ai nostri tempi, costruire un meccanismo di questo tipo è una sfida complessa ed affascinante. Nei moderni orologi da polso, che non hanno più i problemi dei loro avi da tasca, il tourbillon non ha forse più lo scopo originario; ma rimane un assoluto protagonista tra le realizzazioni più prestigiose delle varie manifatture. La domanda che sorge, o per meglio dire sorgeva, spontanea è se si potesse andare oltre a quanto già fatto e se questa complicazione avesse altro da proporre.
Beh, la risposta ce la dà proprio Breguet, e non poteva essere altrimenti. Cosa c’è di più e di meglio di un tourbillon? Se qualcuno, pensando di fare una battuta di spirito, dicesse “due tourbillon”, ci avrebbe azzeccato in pieno. Non è la prima volta che Breguet propone questa complicazione (lo aveva già fatto nel 2006); ma ci sia permesso di dire che qui il livello si è alzato ancora.
Questioni di savoir-faire
Difficile trovare il punto di partenza per descrivere quanto ci troviamo davanti agli occhi se osserviamo il Classique Double Tourbillon. L’imponente cassa in platino (ben 46 millimetri di diametro) contiene un vero e proprio labirinto di componenti, tutti rigorosamente a vista, nel quale è quanto mai piacevole perdere lo sguardo.
Altrettanto difficile risulta ridurre a una descrizione le caratteristiche meccaniche del calibro di manifattura denominato 588N. Ci proviamo: la carica è manuale (autonomia di circa 50 ore) con sistema dinamometrico per evitare il sovraccarico della molla. I bariletti sono due e giacciono sotto due ponti che ripropongono la riconoscibile “B” corsiva che ogni Breguet si porta in dote. Ogni bariletto alimenta uno dei due tourbillon, entrambi costruiti in modo simile alla realizzazione originale.
Le spirali in acciaio hanno curva terminale in grado di far estendere la molla concentricamente (invenzione dello stesso Abraham-Louis Breguet – e di chi, se no?). I due tourbillon compiono una rotazione completa in un minuto e sono collegati tra loro da ruotismi e da un differenziale centrale che ne determina la media di marcia. E consente all’intero insieme di ruotare su se stesso in un periodo di 12 ore, trascinando il ponte a barretta che unisce i due tourbillon; e che, con geniale intuizione, funge anche da lancetta delle ore.
Tale spettacolo rischia di relegare in secondo piano la maestria delle lavorazioni: dal guilloché alla smussatura, fino alla lucidatura a specchio, tutte naturalmente eseguite a mano. Un ennesimo esempio del livello eccelso del savoir-faire della Casa. Il quadrante è assente, per non nascondere nulla del favoloso mondo sottostante: è sostituito da un disco di vetro zaffiro che riporta il giro delle ore in numeri romani. In trasparenza è possibile vedere, come in una sorta di gioco di ombre, gli stessi numeri, incisi a mano nella parte interna della carrure.
Classique Double Tourbillon, ok. Ma perché Quai de l’Horloge?
Del Double Tourbillon abbiamo parlato, ma a questo punto è lecito domandarsi a cosa si riferisca la seconda parte del nome di questo modello. È presto detto. Basta voltarlo e osservare il fondello per trovarsi proiettati nella Parigi di fine Settecento: in quella Quai de l’Horloge, per la precisione al civico 39, dove tutto è avvenuto. L’incisione (su oro bianco) che ripropone la Maison du Quai è talmente dettagliata da risultare davvero indescrivibile. Impressionante.
In poco più di 40 millimetri c’è ogni singola pietra della facciata dell’epoca: le finestre (attraverso le quali si possono vedere i ruotismi dorati), i tipici lucernari parigini, sino all’insegna Breguet. Non manca davvero nulla in questo microcosmo, eccezionale testimonianza dell’artigianalità, di quei Métiers d’art che le grandi manifatture preservano e valorizzano.
Il prezzo preciso del ClassiqueDouble Tourbillon Quai de l’Horloge si può scoprire prendendo un appuntamento presso le boutiques Breguet; ma in rete si parla di oltre 600.000 euro. Cifra di certo considerevole, ma credo sia in linea con la possibilità di indossare un pezzo di storia. Di avere al polso un’eccezionale testimonianza di ciò che l’uomo, con la sua genialità, con il suo lavoro, con le sue mani, riesce a creare.