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Reine de Naples 8918, un Breguet regale

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Da quando è uscito, nel 2002, il Reine de Naples di Breguet mi ha sempre entusiasmato. Perché fa leva su due mie passioni personali: la storia e la gioielleria (che a dire il vero interessa la maggior parte delle donne). Però il nuovo Reine de Naples 8918 con quadrante in smalto Grand Feu, non appena l’ho visto, mi ha acceso subito la fantasia. Forse perché mi ha suggerito che il modello originale, alla base della collezione, avrebbe potuto benissimo essere simile a questo. Sia chiaro, le mie sono solo congetture, ipotesi, supposizioni. Comunque verosimili, se si considera il background storico.

Siamo all’inizio dell’Ottocento. Carolina Murat è una delle donne più ricche d’Europa. Il suo cognome di famiglia è Bonaparte: è la sorella minore di Napoleone, a quel tempo all’apice del potere come Imperatore dei francesi e Re d’Italia. Non solo: è sposata anche con Gioacchino Murat, da un paio d’anni re di Napoli. Oltretutto è una delle migliori clienti di Abraham-Louis Breguet. Si dice che dal 1808 al ’14 abbia comprato da lui 34 esemplari, fra pendole e orologi “da persona” – in un’epoca in cui un solo esemplare poteva costare quanto i ricavi di una vita. Sta di fatto che l’8 giugno 1810 la sovrana commissiona al Maestro un pezzo molto particolare. Uno dei primi modelli da polso nella storia dell’orologeria.

È il Breguet n° 2639: un “ripetizione, di forma oblunga, per braccialetto”, lo definiscono i documenti d’archivio (che riportano anche la data in cui fu ultimato, 22 dicembre 1812, ossia a due anni e mezzo dall’ordine). Aveva la cassa in oro rabescata, ovoidale ed estremamente piatta, nonostante le complicazioni: il movimento a ripetizione (quarti o semiquarti) con scappamento ad àncora, era munito anche di termometro. E si allacciava al polso con un bracciale composto da fili d’oro intrecciati a capelli; ok, la cosa oggi può farci un po’ impressione, ma duecento anni fa era abbastanza comune.

Quell’esemplare purtroppo non è giunto fino a noi, ma i registri della maison lo descrivono nei dettagli. Aveva il quadrante in argento rabescato, con le cifre arabe e il giro delle ore “eccentrico”. Proprio come il nuovo Reine de Naples 8918, anche se questo ha il quadrante in smalto: un materiale che però era molto diffuso all’epoca e utilizzato spesso pure da Breguet. Tant’è che i suoi quadranti più tipici, famosi per la sobrietà, di solito erano smaltati di bianco o appunto rabescati. Ecco il motivo per cui il Reine de Naples 8918 mi ha così colpito: perché è perfettamente coerente con la produzione originaria.

Ne abbiamo già parlato altrove in modo approfondito, ma credo sia opportuno riassumere il discorso. Lo smalto Grand Feu prevede uno strato di miscela infiammabile sul disco in oro del quadrante, prima dell’applicazione dello smalto in polvere. Così, durante la cottura ad altissime temperature (superiori agli 800°C), il quadrante prende letteralmente fuoco e lo smalto si fonde con il metallo. Diversi passaggi in forno assicurano un colore uniforme, pastoso e intenso. Talmente splendente da non aver bisogno di nessuna lucidatura finale.

Sul bianco immacolato e profondo, fragile sì ma inalterabile nei secoli, l’artigiano traccia poi le cifre arabe, che nel Reine de Naples 8918 sono in smalto blu (il che prevede un altro passaggio in forno), dal formato dégradé sui due lati, dall’alto al basso. Della stessa tonalità la minuteria decentrata, scandita da punti, losanghe e gigli stilizzati; e perfino le piccole lancette Breguet, a pomme evidée, azzurrate alla fiamma. Il tutto è reso più prezioso da un carato e mezzo di diamanti: distribuiti in sequenza sulla lunetta e il réhaut (di taglio brillante), e singolarmente incastonati a ore 6 (di taglio a goccia) e sulla corona (briolette), cui si aggiungono altri brillanti sulla fibbia déployante.

Completato con il cinturino in pelle di alligatore azzurro pastello, il Reine de Naples 8918 risulta particolarmente chic, con quei tocchi di colore che donano un’inattesa freschezza all’insieme. Sarò anacronistica, ma mi sembra perfino ben coordinato alla parure con pietre cabochon indossata da Carolina Murat nel dipinto di François Gérard – forse l’immagine più famosa della grande dame, ritratta con i figli. La mia immaginazione corre, ma – visto il suo amore per gioielli e orologi – voglio credere che il Reine de Naples 8918 le sarebbe piaciuto. Oltretutto porta anche il suo nome.