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Alta orologeria: ma come si giustificano certi prezzi?

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Scrive un lettore: “Sicuramente si tratta di un autentico capolavoro di ingegneria orologiera, ma mi rimane sempre il dubbio che un prezzo così elevato sia giustificabile”. Parla di un Patek Philippe del quale abbiamo scritto qualche tempo fa (vedi qui). Una domanda posta in maniera tanto cortese non può essere liquidata con un banale “e allora come si giustifica il prezzo di una Ferrari”? Perché in realtà la domanda sui prezzi dell’alta orologeria non solo è giustificata (😊) , ma tocca argomenti di notevole interesse. Argomenti che noi giornalisti tendiamo talvolta a lasciare in secondo piano, dandoli per scontati. Me ne scuso e rispondo. Sì, il prezzo di certi orologi è giustificabile e giustificato.

Le malattie professionali dei tecnici di orologeria

Gli occhi di un tecnico non fanno una bella vita. Se è faticoso passare il tempo davanti allo schermo di un computer (per la distanza fissa), ancora peggio è alternare la classica loupe (una lente d’ingrandimento per orologiai, che s’incastra in un occhio come i monocoli del tempo andato) al microscopio, con la necessità di lavorare su elementi piccolissimi che costringono ad una messa a fuoco fine, fissa e continua, e come tale faticosa.

Non ci sono grandi soluzioni. Si cerca di creare un posto di lavoro con luce costante, luce a temperatura “calda”, come avviene ad esempio nei cellulari quando si toglie il filtro blu per riposare gli occhi. Ma alcune categorie di lavoratori dell’orologeria sono tagliate fuori da questa soluzione: ad esempio chi deve lavorare su smalti o comunque con colori che vanno correttamente calibrati per l’occhio del compratore finale.

Un altro trucco è quello di porre tutte le postazioni di lavoro di fronte ad una finestra con un bel panorama. Questo consente di alleggerire la fatica degli occhi, certo, ma implica una pausa che non rende certamente più veloce il lavoro. Tutte cose che hanno un costo.

La seconda malattia – e forse la più grave – deriva dalla necessità di muovere mani e dita con spostamenti micrometrici. Spostamenti oltretutto così delicati da comportare la necessità, ad esempio, di non lasciare il minimo segno di cacciaviti sul taglio delle viti stesse. Per alleggerire il tecnico dal peso del suo stesso braccio si usano banchi di lavoro realizzati apposta (con tanto di regolazione fine), che tengono molto in alto i gomiti. È una tradizione ed è efficace, ma da quale esigenza scaturisce? Dal fatto che i piccoli spostamenti sono difficili da gestire, per l’essere umano. E alla lunga (nemmeno tanto lunga) causano tremori che impediscono di lavorare correttamente.

Un tecnico impiega non meno di vent’anni (a parte qualche genio, raro) per diventare così bravo da poter lavorare su un orologio complicato. Dopo altri dieci/quindici anni, però, le mani cominciano a tremare per lo sforzo. E deve lasciare i ”ruoli operativi” per trasformarsi in un istruttore. Ci sono esemplari di alta orologeria che richiedono (progettazione a parte), dai tre ai sei mesi per la realizzazione pratica. Questo vuol dire che un ottimo tecnico ne produce fra i due e i quattro l’anno. Questo tecnico, che conosce bene il proprio valore e sa di poter essere produttivo per un lasso di tempo relativamente breve, ovviamente vuol essere pagato bene. E anche questo finisce per incidere sul costo di certi orologi. Incidere pesantemente.

Computer e macchine

Pierre Michel Golay è uno dei più grandi tecnici d’orologeria (ad esempio ha prima inventato un super complicato per Gerald Genta, poi nel 2002 ha realizzato il Franck Muller Aeternitas Mega 4, con ben 36 complicazioni). E ha sempre lavorato con matita, carta e calcolatore. Per i suoi orologi, dal primo abbozzo di disegno al primo prototipo ci vogliono non meno di sei anni. Dopodiché per altrui due o tre si passa a una serie di prototipi sempre più perfezionati. Fino ai primi esemplari “definitivi”, che vengono testati in laboratorio e al polso dei dirigenti. Perché se qualcuno compra un orologio di prezzo stratosferico e qualcosa va storto la marca ha perso la faccia. E molti clienti ricchi.

Nella prima fase Golay lavora da solo, poi con un paio di assistenti che trasferiscono su computer il suo lavoro; e infine con un gruppo ancora più ampio di persone dalla grande esperienza. Diciamo che un gruppo di almeno sei o sette persone tra le più esperte viene occupato per diversi anni. Costa carissimo. È giustificato il prezzo? Ah, e non bisogna credere che la causa sia Golay e la sua antipatia nei confronti dei computer. In realtà il risparmio, a partire con un computer grafico, sarà di un anno, un anno e mezzo. Ma anche i computer costano.

Ricordo di aver visto, nel 1996, quando venne aperto il primo nucleo dello stabilimento Patek Philippe a Plan-les-Ouates, alla periferia di Ginevra, una impressionante schiera di computer Silicon Graphics che in quel periodo partivano da prezzi intorno ai 250.000 dollari ciascuno. E che pochi, pochissimi erano in grado di domare. Oggi si usano macchine e programmi altrettanto costosi, in grado di simulare gli attriti, di ruotare in tempo reale su qualunque asse continuando a imitare il funzionamento meccanico, di cambiare rapidamente (si fa per dire) impostazione tecnica spostando a sezioni i principali organi di un movimento.

I costi sono ancora proibitivi, ma se non altro consentono di accorciare la lunga schiera dei (costosissimi anche loro) prototipi. È giustificato, tanto lavoro a un costo così proibitivo? Bah, è giustificato il costo di una Ferrari, di una Bugatti? E – vorrei mi credeste – ho spesso l’impressione che in un’automobile ci sia meno lavoro. Anche perché nell’orologeria siamo ormai a tolleranze massime di un paio di decimi di micron.

E infatti servono macchine. Macchine straordinarie e quindi costosissime. Ora, se queste macchine producono pezzi per centomila orologi o più, si riesce a fare qualche economia di scala. Ma se il costo delle macchine migliori viene suddiviso su un centinaio d’orologi l’anno (suddivisi in diversi tipi di complicazione), i prezzi tornano a salire verticalmente. Certo, hai la certezza che il cliente finale sarà soddisfatto perché la qualità della produzione è costante e a nessuno capiterà l’esemplare difettoso. Ma a che prezzo! Come si giustificano questi costi e questi prezzi? Con la soddisfazione del cliente, con la perpetuazione del buon nome del marchio, che poi è il bene più prezioso. È chiaro, però, che devi far bene i calcoli: le macchine costano molto più del lavoro umano…

La concorrenza in alta orologeria

I Beatles avevano i Rolling Stones. Erano profondamente diversi, ma entrambi lottavano per essere i primi. E altrettanto accade ancor oggi per gli orologi.

Un manipolo di marche si divide il ristretto spazio riservato ai primi della classe. Uno spazio nel quale tentano di incunearsi i grandi nomi del futuro, artigiani che premono per avere sempre più spazio. Tutti, nessuno escluso, devono fare i conti con la concorrenza. Anche quando producono serie limitatissime di orologi super complicati. Bisogna far ricerche e capire quali altri “complicati” i possibili compratori considerano equivalenti. E farsi i conti. Far molto bene i conti su cosa offrono gli altri, a quale prezzo.

Vale per qualunque tipo d’orologio, dal più economico al più costoso. Ed è proprio la concorrenza fra produttori, alla fine, la miglior garanzia che i prezzi siano ben giustificati. La battaglia commerciale è continua e comprende persino considerazioni tecniche: ogni volta che esce un nuovo orologio con qualche innovazione, il primo esemplare viene spesso comprato da un concorrente. Sempre che nel frattempo non abbia assunto – a caro prezzo – il tecnico responsabile dell’invenzione.

Negli ultimi trent’anni i prezzi non sono mai diminuiti, è vero. Ma se si va a verificare il potere d’acquisto relativo (quanta pasta compravo una volta con 10 euro o con l’equivalente in dollari o yen?), allora si scopre che di fatto non sono nemmeno aumentati. Ma in compenso è eccezionalmente aumentata la qualità degli orologi e la loro affidabilità. E parlo di tutti gli orologi, Swatch compreso.

Poi ci sarebbero la distribuzione, le spese pubblicitarie (senza le quali l’orologeria rischierebbe l’estinzione) e tanto altro. Mi limito a ricordare gli imprevisti, come le crisi economiche o l’attuale pandemia. Ogni produttore non legato a gruppi finanziari deve tenere da parte una buona quantità di contanti per far fronte agli anni inversi. Basti pensare che persino giganti come Rolex hanno visto, nel 2020, un forte calo della produzione, che qualcuno valuta attorno al 25 per cento del totale. Questo scatenerà ulteriori problemi di assenza dal mercato dei modelli più richiesti. E incide sui costi.

Tutte le fabbriche, a causa del Covid, hanno dovuto interrompere la produzione per qualche mese. Hanno cercato di limitare i licenziamenti (che in Svizzera sono legali anche in questo periodo), anche per evitare di dover poi riassumere il personale specializzato con stipendi maggiorati. E anche questo è un costo che non conviene far ricadere sul compratore finale. Ma di questo parleremo ancora.

Grazie a S.F. Il suo cortese post su Facebook mi ha spinto a scrivere questo sia pur incompleto articolo che – spero – abbia aiutato a comprendere meglio come nascono certi prezzi sbalorditivi.