Approfondimenti

La precisione: cos’è e cosa non è. Le 10 cose da sapere

Abbiamo già scritto in passato più di un articolo sulla precisione. Forse anche troppi. Ma dal momento che non tutti hanno ancora le idee chiare, sulla precisione, tentiamo un breve decalogo per vivere felici. Con la consapevolezza che…

  1. La precisione assoluta è praticamente impossibile. La perfezione non è di questo mondo e gli orologi non fanno eccezione. Ma possono cercare di avvicinarsi il più possibile alla “precisione assoluta”. E a dire il vero lo fanno. Ma…
  2. La precisione degli orologi è testata in laboratorio. I risultati ottenuti in laboratorio non sono quelli degli orologi indossati. Perché ognuno di noi ha un tipo di vita (più o meno sedentaria) e perché nessuno di noi rispetta alcune regole di base. Soprattutto quelle più critiche. Ai produttori va imputato un certo atteggiamento nebbioso. Loro testano in laboratorio, ottengono buoni risultati e per loro tutto finisce lì. Dovrebbero essere più chiari sulle variabili che influiscono in maniera pesante sulla precisione.
  3. I test sono sempre discutibili. Non tanto nei risultati, quanto per il loro significato. Il Cosc (Côntrole Officiel Suisse des Chronomètres) verifica la precisione dei movimenti, ma quando li monti nella cassa i risultati possono essere diversi. E infatti molti marchi (Breitling, Rolex e Tag Heuer, tanto per fare qualche nome) eseguono un controllo finale della precisione sugli orologi completi prima che vengano spediti ai negozi. Omega, ad esempio, fa eseguire prima un controllo dal Cosc e poi dal Metas – che è l’ufficio metrico della Confederazione svizzera. E infine (come fanno gli altri) se qualcosa non va, l’orologio “impreciso” torna indietro per verificare se l’imprecisione dipende da una causa strutturale (un errore di produzione, ad esempio) o da una regolazione non ottimale. Proprio per ovviare a questo problema Jaeger-LeCoultre sottopone la produzione a ben 1000 ore di controlli e successive regolazioni fini. E tanti altri, da Patek Philippe ad Audemars Piguet, da Parmigiani Fleurier a Chopard, hanno elaborato protocolli sempre più severi per i propri test. Che però, si torna all’inizio, valgono solo in condizioni di laboratorio. Poi l’orologio va al polso e tutto può cambiare in maniera anche evidente.
  4. È possibile fare di più? Sì. È sempre possibile fare meglio. Ma costa caro e il gioco non vale la candela. Bisognerebbe spendere somme molto rilevanti per ottenere miglioramenti di entità ormai minima. Qualche decimo di secondo in più – e per giunga in laboratorio – non vale qualche decina di euro in più. Ma è una delle cose che i produttori dovrebbero spiegare meglio. Perché…
  5. Perché i test vengono effettuati in condizioni di laboratorio e “ad oggetto nuovo” anche in molti altri settori. Qualcuno davvero crede che la potenza del motore di un’auto sia – su strada e dopo qualche tempo – quella dichiarata nelle specifiche? Ma valutare la potenza di un motore è più difficile che valutare la precisione di un orologio e comunque nessuno si accorge davvero se c’è qualche differenza. Per gli orologi è diverso.
  6. Rimandando agli articoli già scritti (qui), mi limito a ricordare che in una giornata di sono 84.600 secondi. 10 secondi di errore al giorno (al polso) equivalgono ad uno scarto dello 0,0115 per cento. Parliamo di un oggetto minuscolo, sottoposto ad urti, variazioni di temperatura, vibrazione e tanto altro ancora. Un errore davvero minimo, direi da record. Ma gli stessi 10 secondi al giorno in un mese diventano 300. Ossia 5 minuti al mese. Quei 5 minuti al mese che alcuni considerano troppi. Insopportabilmente troppi. 10 secondi al giorno – “su strada” – corrispondono ad un errore – in laboratorio – di circa 3/5 secondi. Una prestazione notevole.
  7. Fermo restando che vorrei sapere quanti hanno davvero necessità di una precisione migliore di 10 secondi al giorno, viene da chiedersi cosa rende tanto diversa la precisione in laboratorio da quella al polso. Le cause sono davvero molte e variano dal sistema di regolazione dell’anticipo e del ritardo, che può “sregolarsi” per urti o vibrazioni, alla viscosità dei lubrificanti. Alzi la mano chi fa eseguire i “tagliandi” dell’orologio alle scadenze previste dalla garanzia. Pochi, pochissimi, vero? Ma le cause che incidono in maniera più evidente sulla precisione sono altre.
  8. I campi magnetici, innanzitutto. E li troviamo sempre più dappertutto. Calamite d’ogni genere, sistemi di ricarica a induzione, magneti ormai persino sulla parte posteriore di certi cellulari e così via. Non sarebbe sbagliato fare, una volta l’anno, il controllo dell’impermeabilità e una smagnetizzazione. Non richiede tempi lunghi e può far molto. Tranne (parlo della smagnetizzazione) gli Omega, che dei campi magnetici anche potenti se ne fregano serenamente.
  9. L’autonomia residua. Quando l’autonomia residua scende ad un terzo circa di quella complessiva l’orologio diventa impreciso. Ma, mi dirai tu, c’è la ricarica automatica. Certo, ma la ricarica automatica non è il moto perpetuo. E anche quella dipende dalla lubrificazione. Per non parlare della vita sedentaria. Chi possiede un orologio con indicazione dell’autonomia residua sa bene che qualunque orologio può avere limiti logici e ben comprensibili di ricarica quotidiana, che nel fine settimana può diventare ancora più critica. Non è mica un sacrificio o una vergogna, ricaricare manualmente anche gli orologi automatici, una o due volte la settimana. Anche su questo, comunque, sarebbe bene che la comunicazione delle marche fosse più chiara. A partire da Breguet per arrivare a Rolex, della parola “perpetuo” si è abusato molto per secoli. E però è anche vero che solo pochi, pochissimi di noi leggono il libretto d’istruzioni. Vero?
  10. Avere cura del proprio orologio è una regola fondamentale. Un orologio meccanico è un concentrato eccezionale di microtecnologie. Eppure tutti, o quasi, lo trattano peggio di quanto non facciano con oggetti meno delicati. Non è vero! protesterai tu. Allora prova a dare un’occhiata attenta alla cassa del tuo orologio. Se noti, sull’acciaio o altri metalli, segni, scalfitture o veri e proprie incisioni, allora ricorda che ognuno è l’effetto di un urto, una strisciata pesante o comunque il “ricordino” di un evento traumatico. Così traumatico, appunto, da lasciare il proprio marchio sul metallo. Un evento traumatico che – come minimo – ha impedito al bilanciere di lavorare come il bilanciere avrebbe voluto. Certi orologi sono veri e propri miracoli di micromeccanica. Ma non fanno miracoli. Non ancora, almeno.