Attualità

Lady Arpels Ballerines Musicales. La danza secondo Van Cleef & Arpels

{"autoplay":"false","autoplay_speed":"3000","speed":"300","arrows":"true","dots":"true","loop":"true","nav_slide_column":5}
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image

Van Cleef & Arpels fa tornare in scena un prezioso balletto del 1967. E questa volta non sul palco ma al polso di alcune fortunate donne. Ecco i segreti e il backstage dei Lady Arpels Ballerines Musicales

Chiunque abbia in mente un balletto, lo pensa sempre legato esclusivamente a un palcoscenico. Eppure i Balletti Russi rivoluzionarono l’estetica e gli arredi degli anni ’20 imponendo colori mai visti prima. Béjart per Versace o Merce Cunnigham con Comme des Garçons hanno lasciato il segno anche nella moda perché volevano oltrepassare la soglia del sublime. A New York attorno al 1966 qualcosa di simile accadde fra il gioielliere Claude Arpels e il coreografo George Balanchine. Il loro incontro generò Jewels, un balletto in tre atti che sembra alludere alle grandi tradizioni del teatro Mariinskij.

Il balletto di George Balanchine e Claude Arpels

Tutto era nato in maniera veramente frivola perché, come dichiarò Balanchine al New York Times: «Io arrivo dalla Georgia e mi coprirei di gioielli». E proprio per questo George Balanchine passava spesso dalle vetrine della 57a strada di NYC dove Van Cleef & Arpels ha ancora oggi la sua sede. Claude Arpels, dal canto suo, era un vero esperto di bagliori anche a teatro. Lo zio Louis lo portava spesso all’Opéra Garnier di Parigi per vedere i balletti e fu proprio lui ad avere l’idea del balletto.

Balanchine voleva chiamarlo Le Diamant in francese perché in inglese suonava strano. Poi preferirono Jewels. E George scelse pezzi di Gabriel Fauré, Igor’ Fëdorovič Stravinskij e Pëtr Il’ič Čajkovskij per rappresentare smeraldi, rubini e diamanti. Tre atti che per lui erano «antipasto, primo piatto e dessert».

Quell’ora e mezza di pas de deux, pas de trois, grand port de bras e altri movimenti moderni è sicuramente passata alla storia per i virtuosismi di danza; ma anche per quell’idea di rendere i gioielli, spesso considerati immobili oggetti di invidia e potere, in leggiadri, irraggiungibili e mobili metafore del lusso. Le ballerine non erano ricoperte di Swarosvki dalla testa ai piedi come lo sono oggi le pattinatrici sul ghiaccio. Erano piuttosto adornate di pietre sintetiche in punti strategici per far riflettere la luce al massimo.

Nei tre atti, la verde romantica foresta francese medievale di smeraldo anticipava il mondo urbano americano nel rosso modernista ad alta energia dei rubini; mentre il bianco invernale del grande classicismo russo era un ricordo imperiale dei diamanti.

Le Ballerines Musicales di Nicolas Bos

Dieci anni fa, Nicolas Bos, Presidente di Van Cleef & Arpels, decise di rendere omaggio a questo evento con un orologio. Anzi tre, proprio come i tre preziosi atti del balletto: nascono così i Lady Arpels Ballerines Musicales. La cassa è stata progettata per assomigliare a un teatro, con un lampadario tempestato di diamanti sopra la sala; il sipario con le tende dipinte e laccate a mano in verde smeraldo, rosso rubino o azzurro, coordinate al palco, il quadrante, su cui si stagliano le ballerine dai costumi a tema.

Su richiesta il disco del quadrante ruota su se stesso per mostrare le movenze delle ballerine, in una sequenza che prosegue per 20/25 secondi, mentre nell’aria risuona la musica, riarrangiata per ogni modello e atto da Michel Tirabosco. Il movimento, che ha richiesto dieci anni di sviluppo, è infatti fornito di specifici strumenti a percussione: un carillon e una suoneria con quattro gong e martelletti, in grado di riprodurre dalle 42 alle 92 note. Ciascuna melodia è dunque ridotta all’essenziale ma è ugualmente riconoscibile.

La cassa del resto è una vera e propria cassa acustica, grazie a una serie di escamotage studiati dai progettisti per ottimizzare la propagazione sonora (dalla peculiare costruzione all’incastonatura a giorno). Altro dettaglio da sopraffini ascoltatori è che la musica generata può essere apprezzata al meglio togliendo il cinturino in coccodrillo e inserendo la cassa nel box intarsiato in legno di betulla e noce, che funge da naturale amplificatore. Il cubo può essere addirittura collegato via Bluetooth o cavo per massimizzare i suoni.

«Volevo anche gli zaffiri in scena, li avrei legati a un pezzo di Schoenberg ma il blu sul palco è sempre difficile», disse Balanchine a Richard Shepard in un’intervista apparsa sul New York Times del 30 aprile 1967. Se lo avesse fatto, avremmo avuto anche un quarto Lady Arpels Ballerines Musicales. Ma la trilogia già basta a enfatizzare la genialità delle complicazioni poetiche, sublime espressione di Van Cleef & Arpels.