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Classic, GaGà Milano reinterpreta la tradizione. A modo suo

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Incorreggibile GaGà Milano. Lo conosci da tanti anni, ne segui l’evoluzione attraverso le linee di orologi che si sono avvicendate nel tempo. Ne riconosci le cifre stilistiche da lontano: le grandi dimensioni, l’uso del colore, la corona zigrinata al 12, i numeri enormi dal type fantasioso… Credi di poterlo sempre identificare come esuberante, perfino stravagante. Pensi di averlo capito, e invece lui che fa? Ti spiazza con la collezione Classic.

Allora ti tocca dimenticare le tue certezze e fermarti a osservare, per vedere cosa è rimasto della tua immagine mentale del marchio. A cominciare dalla cassa: come al solito ha un formato XL (46 mm di diametro), ma le anse sono regolari ed eleganti, molto diverse da quelle consuete, trapezoidali e sfaccettate. Anche la corona è sempre al 12, ma non è più sovradimensionata, a cipolla: è invece svasata e ben sporgente per offrire una buona presa.

Soprattutto, all’interno della collezione Classic, il tocco GaGà si coglie nelle differenze fra i quattro esemplari. Ciascuno recupera elementi “classici”, tipici del design tradizionale, ma a modo proprio; ciascuno ha una propria identità, caratteristiche diverse. Un po’ come gli elementi di una famiglia hanno alcuni tratti in comune, ereditati dagli avi, e altri specifici, perfino unici.

Due esemplari infatti presentano la cassa in acciaio lucido con il quadrante argenté soleil, oppure in Pvd oro rosa con il quadrante smaltato bianco; sul quale spiccano le lancette Breguet annerite, i numeri arabi sempre neri, dalle giuste proporzioni, e la minuteria chemin-de-fer, scandita dai 5 minuti in rosso. Forse questi due modelli sono quelli che più si ispirano all’idea originaria di GaGà Milano, una trovata di Ruben Tomella all’inizio degli anni Duemila.

Ovvero un orologio da tasca d’antan trasformato in orologio da polso, tramite le anse saldate dall’orafo di fiducia e il cinturino fatto apposta, su misura, nella fabbrica di cinturini del padre. Quell’esemplare era rigorosamente animato da un movimento meccanico a carica manuale, con i piccoli secondi al 6. Che non a caso rimane il segno distintivo nella maggior parte dei GaGà Milano. Collezione Classic compresa.

Un’altra referenza sembra invece riprendere lo spirito degli orologi militari d’epoca. La cassa è in acciaio Pvd nero, satinato; il quadrante scuro, opaco, leggermente grené, riporta gli indici a rilievo puntiformi, intervallati da spessi bastoni al 3 e al 9, e da un triangolo al 12; tutti sono riempiti di materiale luminescente, come le lancette a gladio (di tipo Mercedes quella delle ore). La scala dei minuti è invece color sabbia, effetto vintage, come il perimetro del contatore dei piccoli secondi – suddiviso in sezioni, due nere e due dalla decorazione azuré.

L’ultimo modello, infine, cavalca la tendenza degli scheletrati, che va tanto in questo periodo. La cassa è in acciaio lucido Pvd gun, il quadrante trasparente viola con gli indici bianchi, le lancette macro a gladio, luminescenti, e il deflettore nero con i numeri arabi. Probabilmente, tra i Classic, è la versione che più riflette l’indomabile creatività di GaGà Milano. Indipendente, audace, fuori dagli schemi.

Dal punto di vista tecnico, come dicevo, tutti i Classic sono equipaggiati da un movimento meccanico a carica manuale. Se non sbaglio dovrebbe essere il Depa 98 modificato: un 16’’’ ½, montato su 17 rubini, con 48 ore di autonomia e una frequenza di 21.600 Alternanze/ora. I cui componenti sono realizzati in esclusiva per la marca, quindi assemblati e incassati “in casa”. Vale a dire nella Manufacture GaGà, in Svizzera.

Come rivela anche il calibro a carica manuale, i quattro Classic reinterpretano gli elementi più consueti del passato ma con la sensibilità, il gusto e un pizzico di follia tipici del marchio. Ok, questo lo riconosco. I Classic insomma mi confermano una certezza: si rifanno nei dettagli all’orologeria di tradizione. A cui GaGà Milano – volente o nolente, alla faccia di quanti lo considerano un fashion brand – appartiene da sempre.