In musica, ad esempio, le “variazioni su un tema” fanno parte di un itinerario culturale che affonda le radici nell’antica Grecia. Le “variazioni Patek” si inseriscono in qualche modo in questo itinerario.
Sparala meno grossa, mi dirai tu. Sì? Ti rispondo io con aria di sfida…
Più di una volta abbiamo detto che l’orologeria è una forma di cultura. Lo abbiamo detto qui, ad esempio, parlando del riconoscimento concesso, appunto, all’insieme di conoscenze dell’orologeria. Un patrimonio culturale che vede Patek Philippe in primo piano. E se sei furbo cominci a capire dove voglio andare a parare. Abbassi gli occhi e cominci a pensare che le “variazioni Patek” abbiano magari un senso.
Patek Philippe viene considerata – complessivamente, con i suoi pro e i suoi contro – il riferimento più sicuro per l’intera orologeria e per quella “alta” in particolare. Un riferimento che comprende speculatori di bassa lega, persino. Quelli che hanno un amico che ha un amico il cui amico è in grado di procurargli il Nautilus a prezzo di listino che loro, poi, venderanno intonso a prezzo di strozzino. Minchia gliene frega a loro della cultura e delle “variazioni Patek”?
Poi ci sono le persone di cultura. Spesso sono collezionisti, ma altrettanto spesso “semplici” studiosi. Ai quali gli aspetti didascalici (l’esemplare con ore del mondo del 1957 aveva gli indici applicati in oro bianco?) interessano molto meno del percorso culturale. Quell’evoluzione che conduce una marca in un sentiero evolutivo (quasi sempre) coerente. E, per evolversi, qualunque forma culturale ha bisogno di “variazioni”, come di artisti in grado di comprendere il valore di queste “variazioni” – che non sono soltanto una questione personale (guarda quanto sono bravo!), ma posseggono un valore più ampio. Come le “variazioni Patek”, in orologeria. Ma prima, per convincerti, devo spiegarti un po’ cosa si intende per “variazione”.
Cosa si intende per “variazione”
Lasciamo perdere la Grecia. Se ti dico che i nomoi del passato venivano ripresi in termini di ritmica attuale ci andiamo entrambi ad infognare in un vicolo cieco dal quale non saremo in grado di uscire. Se ti parlo delle 30 “Variazioni Goldberg” di Bach ti vedo poco interessato. Se insisto con quelle, virtuosistiche, di Johannes Brahms, peggio ancora. E arrivo a capire che se mi spingo alle “Variazioni per orchestra” di Arnold Schönberg tenti il suicidio o cerchi di tirarmi il collo come a una gallina.
Ma forse posso più modestamente parlare di What A Wonderful World, canzone incisa nel 1967 da Louis Armstrong e inizialmente sfigatissima. Poi, però, viene ripresa da una lunga serie di cover. Per cover si intende “la faccio a modo mio, la canzone, ma che si riconosca bene l’origine altrimenti non vende”. Indimenticabile la cover “vienquidamebaby” di Rod Stewart che ne fa una versione ancor oggi molto apprezzata dai seduttori in età diversamente giovane. Ma ti rendi conto che c’è un pazzesco salto di qualità se la stessa canzone passa fra le mani dei Ramones, diventando una “variazione punk” e non più una semplice cover. Qui sono due culture ad incontrarsi, l’una rilanciando l’altra. I nomoi del passato ripresi con una ritmica attuale (punk), appunto. Se vi va, provate a fare questo percorso musicale – lo trovate facilmente su youtube – ma senza allontanarvi da questo articolo, mi raccomando.
Bene, mi dirai tu, ma perché non torniamo agli orologi? E a Patek Philippe, soprattutto. Eccomi!
Le “Variazioni Patek Philippe”
Perché ho scomodato il concetto di “variazioni sul tema” per tre cronografi con complicazioni recentemente emessi da Patek Philippe? Perché la prima cosa che verrebbe alla mente è limitarsi a dire che in Patek hanno deciso di darsi al colore per vendere qualcosa in più. Ma non è vero. Non è vero perché i tre orologi di cui parliamo si vendono senza problemi, visto che sono comunque prodotti in serie necessariamente limitata. Mi riferisco, in ordine crescente di prezzo, al cronografo automatico flyback con Calendario Annuale Ref. 5905/1A-001 – 52.298 euro; al cronografo automatico flyback e Ora Universale Ref. 5930P-001 – 88.907 euro; e al cronografo sdoppiante e calendario perpetuo Ref. 5204R-011 – 274.040 euro.
Si potrebbe dire che il tema delle Variazioni sia “Il Cronografo”, ma nemmeno questo è del tutto vero. No, direi che qui siamo più vicini alle “Variazioni sul tema del Collezionismo”. Tutti e tre sono infatti orologi per collezionisti veri, non per speculatori strozzini. Ovviamente collezionisti di natura diversa, sia per possibilità economiche (il più costoso costa cinque volte il prezzo del meno costoso), sia per tema, benché tutti uniti dal cronografo. Dico subito che non intendo minimamente entrare nel discorso dei gusti estetici. Come al solito, sono questioni personali su cui non c’è da discutere. Ognuno ha le sue preferenze.
Dico solo che per quanto mi riguarda sono affascinato dai contenuti tecnici del crono flyback con calendario annuale che ora vanta un innesto verticale a dischi (un po’ come la frizione delle automobili) per le funzioni crono, in luogo del precedente, classico innesto orizzontale a ruote dentate. Le funzioni crono, comunque, in tutti e tre i modelli vengono avviate tramite una ruota a colonne semplicemente esemplare per progettazione e realizzazione. Come del resto si può dire d’ogni singolo dettaglio di questi tre orologi “vestiti di nuovo”.
Le reazioni dei collezionisti
Come potrebbero reagire i collezionisti a questo innesto di novità? Dalle prime reazioni che ho sentito, l’accoglienza è stata favorevole – com’era logico aspettarsi – soprattutto per il Crono Ore del Mondo. Con cassa da 39,5 mm abbiamo la precedente versione in oro bianco e adesso questa in platino. Sorprendente perché di solito Patek non dimentica l’oro rosa. Sia singolo che in coppia quest’orologio potrebbe salire di valore in un lasso di tempo non lunghissimo, pandemie e crisi economiche permettendo. E comunque il verde vivace del quadrante piace molto.
Al secondo posto sul podio i collezionisti sembrano voler porre il più complicato e costoso, il Crono Sdoppiante con Calendario Perpetuo. Non ostante esistessero già altre due versioni con cassa in oro rosa, alcuni erano poco convinti dal bracciale d’oro di quello con quadrante nero; e altri criticavano, appunto, la presenza in catalogo del solo quadrante bianco opalino. La “variazione” con quadrante ardesia sembra aver posto riparo a questa mancanza, se così possiamo chiamarla. Il valore collezionistico dovrebbe aumentare nel medio o lungo termine.
Entusiasmo, comunque, per il Crono Calendario Annuale, quello dal prezzo più abbordabile. Almeno nell’ottica del collezionista Patek. Un poco di freddezza deriva dal fatto che Patek Philippe ha emesso una doppia complicazione con cassa e (splendido!) bracciale in acciaio. E questo, secondo alcuni collezionisti, potrebbe scatenare qualche speculatore, non ostante il prezzo superi comunque i 50mila euro. Le varianti precedenti avevano, ricordo, la cassa in platino o in oro rosa. Se aumenterà di valore in tempi relativamente brevi o relativamente lunghi dipenderà molto proprio dagli eventuali speculatori. Un loro eventuale ingresso fra i collezionisti veri non verrebbe considerato un buon segno e le cose si complicherebbero non poco.