Approfondimenti

Deepsea Challenge, la nostra opinione sul nuovo Rolex

{"autoplay":"false","autoplay_speed":"3000","speed":"300","arrows":"true","dots":"true","loop":"true","nav_slide_column":5}
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image

A sorpresa – lo ricordiamo tutti – il 1° novembre scorso, Rolex ha presentato l’inedito Deepsea Challenge. Fin da subito e per giorni interi, chiunque e su qualsiasi media (da pronunciare con la “e”: è una parola latina, prima che inglese), chiunque – dicevo – ha voluto dire la sua, anche a costo di scrivere fesserie… A livelli tali da farci chiedere perché certa gente non pensa, invece di copiare pedissequamente la cartella stampa per mettere online post in tempo reale… Ora, dopo aver letto e ascoltato innumerevoli scemenze e qualche considerazione intelligente sui vari blog, forum, video di youtube, siti specializzati e non, penso sia arrivato finalmente il momento di dire la nostra. Non perché abbiamo la verità in tasca, ma per riflettere insieme a voi su quanto ci sia davvero di importante nel nuovo Deepsea Challenge.

La sostenibilissima leggerezza del titanio

Prima di tutto, il titanio: si tratta del primo orologio in titanio di Rolex. Non un titanio qualsiasi, sia chiaro. Con il culto per i materiali che si ritrova (o meglio, la consapevolezza di quanto contino i materiali nella qualità di un orologio, tant’è che ha la propria fonderia interna), la Casa della Corona non poteva che adoperare una lega esclusiva. Su cui non si sa molto: né se sia stata sviluppata in-house (presumibilmente), né quale sia la precisa composizione (ovviamente), se non che si chiama titanio RLX e che è di grado 5.

Lasciamo perdere per favore le tante elucubrazioni sull’uso del titanio da parte di Tudor. Qui parliamo di Rolex, non di Tudor: la proprietà sarà anche la stessa, ma sono due mondi paralleli e indipendenti. L’uso del titanio in questo caso ha una portata storica, perché lascia intendere che così sia di fatto sdoganato nella produzione della Casa. E che quindi, in un futuro nemmeno remoto, usciranno altri esemplari realizzati in titanio RLX. In pratica il Deepsea Challenge sarà il primo di una lunga serie di Rolex in titanio. Scommettiamo?

La storia

Chi, tra gli pseudo-comunicatori, nella propria recensione ha puntato tutto sulla straordinaria capacità dell’orologio di raggiungere fino a 11mila metri (sic!), dovrebbe cambiare mestiere – lasciatemelo dire. A parte il fatto che detto così sembra quasi che se te lo tieni al polso per 11 chilometri, appena fai un metro in più l’orologio si ferma… Il punto è che la tenuta stagna a pressioni estreme non è certo una novità, per Rolex: anzi, ha più di 50 anni. E si basa sull’interesse, reale e storicamente provato, verso l’impermeabilità, che risale addirittura all’esordio dell’Oyster Perpetual, ai tempi di Mercedes Gleitze.

Poi, dopo il Submariner, la Maison ha messo alla prova i progressi raggiunti con l’avventura del batiscafo Trieste di Jacques Piccard. Che all’esterno aveva fissato l’avveniristico (per l’epoca) Deep Sea Special con vetro a cupola. Era il 1960 e già allora quel primo orologio sperimentale, dopo aver toccato i fondali della Fossa delle Marianne e subìto l’impressionante pressione di 1.100 bar, tornò in superficie indenne e perfettamente funzionante.

Quindi l’impresa è stata ripetuta in tempi più recenti, nel 2012, da James Cameron. Che raggiunse in solitaria il punto oceanico più profondo dell’intero Pianeta, il cosiddetto Challenger Deep, a bordo di un sottomarino appositamente progettato. Sul cui braccio meccanico Rolex aveva apposto un nuovo modello sperimentale, chiamato proprio Deepsea Challenge – come la spedizione a scopo scientifico sostenuta dal National Geographic. In acciaio, pesante e massiccio, quell’esemplare presentava la stessa tecnologia del suo omonimo di oggi. Che altro non è se non lo sviluppo commerciale, la versione industrializzata del prototipo messo alla prova giusto dieci anni fa. Ed è proprio la capacità di industrializzare il Deepsea Challenge a essere degna di nota.

Le dimensioni e la costruzione del Deepsea Challenge

Al di là dell’inutile mi piace/non mi piace e delle battute cretine sull’immettibilità del nuovo subacqueo, consideriamo le dimensioni della cassa: 50 mm di diametro per 23 mm di spessore. Notevoli, vero. Ma dipendono proprio da quel precedente, che addirittura era ancora più grande: 51,4 per 28,5 mm. Qualcuno se lo ricorda o abbiamo tutti la memoria dei pesci rossi? (Si fa per dire, la scienza ha dimostrato che è una fola: i loro ricordi durano anni). Che poi anche le rimostranze sull’impossibilità di indossare l’orologio nella vita quotidiana lasciano il tempo che trovano. Ma davvero qualcuno crede che Rolex abbia realizzato il Deepsea Challenge per poterlo mettere al polso e magari andarci – che so – in ufficio? È già arduo portarlo sopra la muta…

E dipende sempre dal Deepsea Challenge originale anche la particolare architettura, basata sul sistema Ringlock (brevettato). La cassa cioè ha una costruzione tripartita sviluppata intorno a un anello di supporto, realizzato in una lega molto resistente di acciaio e azoto. Tutt’attorno si trova la carrure vera e propria (prima in acciaio 904L, ora in titanio RLX). Al di sopra poggia un vetro zaffiro molto spesso e leggermente bombato, mentre sotto si trova il fondello avvitato in titanio pieno (nell’esemplare originale aveva uno spessore di 5,3 mm). Ed è proprio grazie a questa costruzione che il Deepsea Challenge è in grado di resistere a pressioni colossali.

A proposito: in base alle normative vigenti, tutti gli esemplari subacquei devono essere singolarmente testati a una pressione superiore del 25% di quella dichiarata. E questo non fa eccezione. Il che significa che il Rolex Deepsea Challenge ha dovuto sopportare ben 1.375 bar, in un’apposita camera subacquea costruita con la Comex. Di nuovo, davvero pensate che i tecnici di Rolex siano così ingenui da non sapere che nemmeno i sommozzatori di profondità incontrino mai simili pressioni? Non è più probabile piuttosto ipotizzare che abbiano voluto così dimostrare ciò di cui sono capaci?

Prezzo e conclusioni

Qualche altra caratteristica? Alla spicciolata, l’immancabile valvola di decompressione. Il calibro 3230 di manifattura, con spirale Parachrom, bilanciere Microstella, scappamento Chronergy e autonomia di 70 ore. La lunetta in Cerachrom, le lancette e gli indici luminescenti Chromalight. Il bracciale dotato di sistemi di allungamento Fliplock e Glidelock. Devo continuare? Il Deepsea Challenge presenta tutte le caratteristiche tipiche dei Rolex, è la summa di tutti quei dettagli rappresentativi della Casa. Con qualcosa in più: come i profili bisellati della cassa e il fondello inciso con scritte commemorative.

Infine il prezzo: 26.100 euro. Altro motivo di (forti) mugugni da parte di chi vorrebbe ma non può. A parte il fatto che le aziende non applicano prezzi a caso, ma seguono una politica ben precisa in cui calcolano costi e guadagni… Anche il prezzo, così come tutto ciò che vi ho raccontato finora, mi fa credere che l’orologio sia espressamente rivolto ai collezionisti. Che non lo indossano, tutt’al più ne parlano. Il Deepsea Challenge insomma sarebbe un concentrato di tecnologie Rolex, una dimostrazione di savoir-faire e di competenze, che serve proprio a confermare le vette raggiunte dalla Casa e a far discutere. Come dicono gli americani, un conversation piece. E se l’obiettivo era far parlare di sé… beh, è stato pienamente raggiunto.