Gli ultimi dati della FHS parlano chiaro: per la Svizzera delle lancette il 2022 è stato un anno da record. L’export di orologi ha registrato il livello più alto di sempre, in termini di valore: 22,8 miliardi di franchi svizzeri. Con un aumento dell’11,9 per cento rispetto all’intero 2021 (chiuso a 22,29 miliardi di franchi). Già, perché le statistiche sono limitate al periodo gennaio/novembre: considerate le proiezioni su dicembre, gli esperti prevedono si toccherà il tetto dei 25 miliardi di franchi svizzeri. Nel solo mese di novembre, del resto, la terra elvetica ha spedito all’estero orologi per 2,41 miliardi di franchi, una cifra mai raggiunta in passato. Un boom di esportazioni, a dispetto della guerra in Ucraina, del “caro-energia” e dell’inflazione galoppante. Complice, certo, l’aumento dei prezzi che riguarda le materie prime, si ripercuote sulla produzione e quindi sul prodotto finale.
Dai numeri alla realtà
A tirare le file i due estremi del mercato: gli orologi di fascia più bassa (200 franchi, prezzo di esportazione), con un +15,6 per cento (sempre in valore); e quelli di fascia più alta (sopra i 3mila franchi), con un +15,7 per cento. Invece il segmento medio-basso continua a calare (-30 per cento, dai 200 ai 500 franchi) e il comparto medio (500/3mila) rimane stabile. Numeri che riguardano i soli dati di novembre, sia chiaro, e che trovano conferma nella composizione: gli orologi più esportati sono realizzati in metalli preziosi (+15,9 per cento) e soprattutto “in altri materiali” (+43,8 per cento), mentre quelli in acciaio sono in calo (-16,4 per cento).
Ma che l’industria orologiera svizzera sia in piena espansione, in modo trasversale, lo si riscontra anche nella realtà. Basti pensare da un lato al “caso MoonSwatch”, richiestissimo a livello internazionale. A tal punto da costringere Swatch ad aumentare la produzione, secondo quanto dichiarato da un portavoce del marchio all’agenzia svizzera di notizie finanziarie Awp (che però non ha fornito cifre precise sui singoli modelli). E dall’altro a Rolex, che per accrescere le capacità produttive ha in progetto la costruzione di un grande stabilimento a Bulle, nel cantone di Friburgo. Un impianto da un miliardo di franchi svizzeri, un terreno di 100mila metri e nuovi posti di lavoro per 2mila persone. Inaugurazione prevista per il 2029.
Il boom delle esportazioni nel dettaglio
Per tornare al boom delle esportazioni, la rotta che ha assorbito la maggior parte degli orologi svizzeri è quella per gli Stati Uniti. Negli 11 mesi del 2022 il mercato americano ha ricevuto orologi per un totale di 3,5 miliardi di franchi svizzeri, quasi il 28 per cento in più rispetto all’anno precedente. Solo a novembre, 400 milioni di franchi svizzeri (addirittura +32,9 per cento). Ha quindi superato la Cina, che resta al secondo posto nella graduatoria mondiale dei Paesi importatori, con un totale di 2,4 miliardi di franchi svizzeri (-13 per cento) da gennaio a novembre. Stessa sorte anche per Hong Kong, con i suoi 1,8 miliardi nello stesso periodo (-10 per cento), entrambe probabilmente toccate in modo pesante dalla misure sanitarie antiCovid. Solo a dicembre infatti il Governo di Pechino ha allentato le restrizioni.
Dati positivi invece per il Giappone (1,6 miliardi, +19 per cento) e Singapore (1,5 miliardi, +26 per cento). E si sta riprendendo anche l’Europa, in continua crescita dopo l’annus horribilis del 2020, in particolare la Gran Bretagna, la Germania e la Francia. E l’Italia? Anche nel nostro Paese la situazione sta migliorando, sebbene continuiamo a restare al 10° posto nella classifica delle esportazioni elevtiche. Nel 2022 (dicembre escluso) abbiamo importato orologi per 896 milioni di franchi svizzeri, con un +12,4 circa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma per avere un quadro completo dovremo aspettare la fine di gennaio, quando la FHs divulgherà i dati di dicembre. Che confermeranno – c’è da scommetterci – il boom delle esportazioni.
Scenari futuri
Cosa succederà in questo 2023 appena iniziato rimane ovviamente un’incognita. Secondo alcuni analisti il mercato statunitense potrebbe rallentare, o almeno normalizzarsi, secondo altri continuerà a offrire buone opportunità di crescita. Ed è tutto da vedere cosa succederà nella Great China, il contesto è di estrema incertezza. Ma nel complesso sembra proprio che il settore stia vivendo un momento d’oro, tant’è che da parecchie parti di sono espressi timori sulla carenza di personale specializzato che potrebbe frenare la crescita. E la mancanza di manodopera, soprattutto nel settore tecnico, è il babau di un’industria che attualmente impiega più di 57mila persone.
In contemporanea all’annuncio della creazione di 2mila assunzioni da parte di Rolex, infatti, l’Associazione svizzera dei datori di lavoro dell’industria orologiera ha pubblicato un sondaggio sulle esigenze di personale nel settore da qui al 2026. In cui è emersa la necessità di formare quasi 4mila nuovi professionisti (3.835 per l’esattezza) per compensare i pensionamenti (2.369) e colmare la necessità di nuove assunzioni (1.466). E se queste sono le prospettiva dell’orologeria elvetica…