Quando fare il temperatore era un mestiere pericoloso… Marisa Addomine ci racconta un altro episodio di storia dell’orologeria. Un’autentica curiosità, nota a pochi
La passione per argomenti strani o quantomeno insoliti talvolta diventa la chiave per aprire piccole porte segrete, dietro alle quali si rivela un mondo, o almeno una stanza, di cui ignoravamo l’esistenza.
Da molti anni mi dedico agli orologi astronomici monumentali, in particolar modo a quelli italiani: un tema poco approfondito nel passato e sempre fonte di informazioni interessanti.
L’orologio in questione proprio del tutto italiano non è, dato che si trova sul territorio della nostra Penisola, ma l’ambito locale è quello del Sudtirolo, quindi di matrice culturale germanica. Siamo a Vipiteno, cioè a Sterzing, incantevole cittadina in provincia di Bolzano. La cui Torre civica ospita un bell’orologio con le fasi lunari e un variopinto quadrante solare, posto inferiormente rispetto al segnatempo meccanico.
Una storia inaspettata
Cercando notizie sull’orologio, sul suo autore e sulle sue vicende, le carte d’archivio hanno rivelato una storia inattesa. Tutto inizia con il problema di trovare un temperatore, cioè un manutentore, per il bell’orologio. Siamo nel XVIII secolo.
Il temperatore era la persona che quotidianamente caricava l’orologio, ne verificava il corretto funzionamento, aggiustando le lancette sull’ora esatta, letta da un quadrante solare, provvedeva a lubrificare di tanto in tanto le ruote dentate. In alcuni casi i suoi compiti si esaurivano con quella che chiameremmo manutenzione ordinaria: in caso di guasto, rottura o altro, veniva richiesto l’intervento del riparatore. In qualche caso, le due figure coincidevano. Ad ogni buon conto, era un lavoro remunerato, continuativo, in qualche modo ambìto in tempi in cui avere ogni giorno pane e companatico non era cosa scontata.
Negli archivi di Vipiteno le antiche carte rivelano come il paese per lunghi periodi mancasse di un temperatore per quello che era l’orologio pubblico, con le conseguenze che si possono immaginare. Nessuno voleva farsi carico dell’orologio pubblico. Ma perché?
L’analisi dei documenti e delle cronache antiche ha permesso di scoprire l’arcano: era un mestiere pericoloso.
Il temperatore carceriere
Nei tempi antichi, la torre civica era un edificio rappresentativo e importante, per la comunità. Porre l’orologio su di essa era quasi un biglietto da visita per chi arrivava e per la cittadinanza tutta. Ma in alcuni casi – ed è proprio il nostro, poiché l’orologio andava posto in alto e la torre era un edificio solido e robusto -, si era pensato a un utilizzo delle stanze dei piani intermedi, altrimenti vuote, destinandole a carcere.
Ed ecco che il temperatore di Vipiteno, se avesse accettato l’incarico, oltre ad accudire il suo bell’orologio, si sarebbe trovato anche costretto ad assumere il ruolo di carceriere. E sarebbe diventato responsabile della custodia dei detenuti. Avrebbe dovuto provvedere al loro cibo e si sarebbe esposto, ahimè, al rischio di essere malmenato, per non pensare al peggio. E perfino di dover rispondere in caso di evasione.
Il caso di Vipiteno non è unico: le carte mostrano che alla fine un candidato si trovò, ma non era un abitante del luogo.
Risolto il mistero, anche questa volta un orologio ci ha portato a conoscere un aspetto di una storia forse minore, ma autentica e – perché no – inaspettata.