Storia e storie

Accutron 214: l’affermazione e i primi sviluppi del calibro Bulova #2

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Proseguiamo il nostro excursus storico sul Bulova al diapason. E arriviamo al lancio sul mercato del primo Accutron 214, con la conseguente ricerca di notorietà e prestigio (anche in Italia). Fino alle successive variazioni sul tema, per quanto riguarda i calibri e i tanti modelli in cui erano montati

Abbiamo concluso la scorsa puntata col creatore dell’Accutron, Max Hetzel, disperato per gli scarsi progressi del suo lavoro con Bulova, tanto che medita di cedere alle sirene di Omega. Quando la direzione di Bulova – guidata dal 1958 dal pluridecorato generale Omar Bradley, che aveva preso il posto di Ardé Bulova -, lo venne a sapere, gli offrì il posto da Fisico Capo nei loro laboratori di Jackson Heights, New York. Nel 1959 Hetzel si trasferì quindi Oltreoceano, e riprese in mano la sua creatura.

In realtà i problemi rimasti da risolvere erano essenzialmente due: gli olî inadatti e un freno che impedisse alla prima ruota di tornare indietro quando il diapason inverte la direzione della vibrazione. Il primo problema fu risolto con l’uovo di colombo: non oliando. L’altro seguì il suggerimento di un assistente di Hetzel: un secondo indice fissato al ponte che trattenesse in posizione la ruota mentre il primo indice tornava indietro. Era fatta: per la fine del 1959 l’orologio era pronto per la produzione. La semplificazione rispetto a un esemplare meccanico era evidente: solo 27 componenti, tra fissi e mobili, contro i 130 di media.

L’Accutron 214

Mancava soltanto il nome: fu trovato sommando le parole “Accuracy” ed “Electronics”. Il 10 ottobre 1960 il Presidente di Bulova, Omar Bradley, lanciava in pompa magna l’Accutron 214, annunciandone l’immediato avvio della produzione di massa e disponibilità sul mercato per l’anno successivo. La corona era invisibile, sul fondello, a rimarcare che non si doveva caricare e regolare, e la pila accessibile tramite un apposito tappo. Il funzionamento era regolato per le pile da 1,35v disponibili all’epoca. Contrariamente alla maggior parte dei calibri, il negativo della pila andava verso l’alto.

Come tutti gli elettrici prima di lui, si nota la fretta di andare in produzione: non solo l’Accutron 214 non ha un datario, ma non c’è neppure il fermo macchina quando lo si regola. La corsa era frenetica: tutti volevano saltare sul treno dell’elettricità e non si poteva perdere tempo con queste quisquilie.

L’Accutron 214 e lo spazio

Il battagliero generale Bradley non era un tizio qualsiasi: già nello staff di Eisenhower, era eroe di guerra e aveva partecipato allo sbarco in Normandia. Si adoperò per mettere un Accutron indosso a ogni Presidente americano che conobbe: Kennedy, Johnson, Nixon.

Fin dal 1960 Bradley prese contatto con la Nasa per far diventare l’Accutron orologio ufficiale delle missioni spaziali. Così, il calibro 214 finì ad animare ogni strumento di bordo delle navicelle di almeno 46 missioni e fu il primo movimento a restare sulla Luna: è infatti installato nel sismografo lasciato dagli astronauti nel Mare della Tranquillità. Fallì, invece, la sua irruenta campagna per farlo diventare l’orologio da polso degli astronauti. Fu infatti sconfitto da Omega con i mitici Speedmaster, ma questa storia ve l’abbiamo già raccontata altrove.

Lo sbarco in Italia

Se non poteva volare, almeno che viaggiasse: fin dal 1962 l’Accutron 214 fu il primo orologio certificato dalle ferrovie statunitensi e canadesi, seguito da altre 75 compagnie in giro per il mondo. Furono creati molti modelli “Railroad approved”, con numeri ben leggibili, l’indicazione anche delle ore da 13 a 24, talvolta il datario e per i modelli 2185 il secondo fuso orario.

Nel 1964 l’Accutron arriva anche in Italia. All’epoca, il Presidente di Bulova Europe era il conte Ludovico Fecia di Cossato (Cannes 1927-Biella 2020), di antica nobiltà sabauda. Così come aveva fatto il generale Bradley negli Usa, Fecia si incarica subito di metterlo al polso delle più eminenti personalità italiane: Papa Paolo VI, il Presidente della Repubblica Antonio Segni, il Presidente di Alitalia Nicolò Carandini, e soprattutto Enzo Ferrari. Quest’ultimo lo dichiarò orologio ufficiale della Scuderia Ferrari, e così l’Accutron 214 finì indossato tra gli altri da Surtees, Bandini e Vaccarella, oltre che da altri piloti come Graham Hill e Jim Clark.

Il calibro 214 e i suoi fratelli

Il 214, più tardi chiamato 2410, ha avuto fin dall’inizio diverse varianti per ovviare almeno alle più urgenti mancanze: subito è arrivato il 214H, dove “H” sta per Hack spring, la molla modificata che ferma il diapason quando si alza la corona. La modifica è peraltro applicabile semplicemente sostituendo la molletta. Il 214 NH-2142 è la versione a 24 ore. Il 2413 passa dal transistor PNP al germanio a quello NPN al silicio.

I due modelli più iconici realizzati su base 214 sono l’Astronaut, con la lancetta 24 ore, e soprattutto lo Spaceview. Quest’ultimo, privo di quadrante, rende visibile il diapason dal vetro. Nato inizialmente come modello da esporre in vetrina, ebbe un successo clamoroso, tanto che a oggi la gran parte dei 214 sono stati trasformati in Spaceview, spesso già all’epoca in occasione della revisione. Era sufficiente togliere il quadrante, sostituirlo con uno spaziatore, sostituire le sfere col modello apposito e il vetro con quello con marca e indici serigrafati all’interno.

Con i calibri successivi la modifica – pur possibile – è resa molto meno affascinante dalla riprogettazione del movimento, che rende il diapason quasi invisibile. Se ne trovano però molte trasformazioni artigianali, spesso col ponte del datario fresato e lavorato.

Il calibro 214 e i suoi figli

Max Hetzel non vedrà figliare la sua creatura: nel 1963 accetta l’offerta del Laboratoire Suisse de Recherches Horlogères (LSRH) e tornerà a Neuchâtel. Lì continuerà a occuparsi di orologi diapason, cosa che farà fino al 1976 con la sua ultima creatura. Da allora in poi, con il quarzo che ha definitivamente vinto la battaglia, tornerà a occuparsi di macchinari industriali fino al pensionamento, nel 1988.

Intanto, nel 1965, viene presentato il calibro 218 (29,7×4,1 mm), che pur non rivoluzionando il calibro rappresenta un sostanzioso ridisegno, che mira a colmare le residue lacune: le versioni 218D e 2181 hanno il datario mensile, la versione 2182 anche il datario settimanale. Per fare posto ai dischi data, il diapason passa da sopra a sotto la platina. I telaietti di supporto delle bobine finalmente sono rimovibili separatamente e senza smontare il diapason, semplificandone moltissimo la sostituzione. Nel calibro 214 occupavano mezzo orologio, inglobando anche il vano pila, non erano separabili tra loro poiché i fili di collegamento erano saldati e dovevano essere tolti insieme al diapason.

Il calibro 2183 fa a meno dei secondi (togliendo il 90% del fascino di questo movimento). Il 2815, utilizzato nei modelli Astronaut e Railroad, introduce il secondo fuso orario regolabile indipendentemente tramite una corona a ore 2. La versione 2186 è di tipo “salterello”, con ore, minuti e secondi leggibili su tre dischi concentrici. A dire il vero la definizione è impropria, dal momento che i dischi giravano continuamente anziché saltare…

Il calibro 219, declinato in 2191 e 2192, puntava a semplificare la costruzione con un diapason asimmetrico dotato di un solo magnete e due bobine, e con rubini semplicemente infilati in sede per interferenza.

Nella prossima puntata vedremo altre declinazioni che porteranno questo movimento rivoluzionario fino alle soglie degli anni ‘80.