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Chanel X-Ray atto 3°. Il vetro zaffiro come non s’è mai visto

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Chanel X-Ray capitolo tre. Dopo aver lanciato il J12 X-Ray nel 2020, e il Boy-friend Squelette X-Ray nel 2021, quest’anno la Casa della doppia C è tornata sul tema. E alla scorsa edizione di Watches and Wonders Genève ha presentato tre nuovi esemplari improntati sulla trasparenza, all’interno della collezione Interstellar. Prima di tutto il J12 X-Ray Star, poi il Première Camélia X-Ray e infine il Première X-Ray.

La collezione Interstellar, va ricordato, è una sorta di grande contenitore ideale che riunisce i diversi modelli del catalogo Chanel interpretati in chiave nuova. Ogni famiglia di orologi è infatti rivista con un’ottica fantascientica, in cui si incontrano soggetti astrali e futuristiche visioni, stelle e robot, ricerca scientifica e suggestioni cyber. Come dichiara la Maison parigina, una sorta di “viaggio nel tempo e nello spazio, ispirato dall’universo sci-fi”.

Chanel X-Ray e il vetro zaffiro

In questo senso, gli Chanel X-Ray sembrano oggetti visti appunto ai raggi x, un po’ come se fossero attraversati da raggi cosmici in grado di rivelarne la struttura interna. In realtà sono fatti di vetro zaffiro, un materiale prodotto in laboratorio che per poter essere lavorato richiede competenza e savoir-faire. In pratica si tratta di zaffiro sintetico, o per meglio dire di corindone sintetico. Il cui processo di produzione deriva dal metodo sviluppato nel 1902 dal chimico francese Auguste Verneuil.

Non intendo soffermarmi più di tanto sulle qualità e sulle problematiche del vetro zaffiro: rimando a questa vetrina chi volesse inquadrare il discorso in un contesto più ampio. Qui mi limito a dire che è un materiale trasparente e leggero (una volta e mezza più leggero della ceramica, quattro più dell’oro), inscalfibile ai graffi e all’usura, praticamente immune al trascorrere del tempo. Di straordinaria durezza (raggiunge il valore 9 della scala di Mohs), è difficile da lavorare e richiede utensili al diamante (che ha durezza 10).

Essere in grado di realizzare i componenti di un orologio con il vetro zaffiro – caratterizzati da spessori ridotti e tolleranze micrometriche – vuol dire padroneggiarne le lunghe e complesse tecniche di lavorazione. Tuttavia, per eseguirle in modo impeccabile, non servono solo oggettive capacità artigianali ma anche speciali sensibilità. Lo si è visto nei precedenti esemplari di Chanel X-Ray e se ne ha conferma nei nuovi tre.

Il J12 X-Ray Star

Evoluzione del precedente J12 X-Ray, questo inedito Chanel X-Ray si distingue prima di tutto per l’effetto “frozen”. Una particolare finitura “ghiacciata” che riproduce alla perfezione un vetro congelato e dà l’impressione di una gelida opacità. Una sensazione raggiunta con la messa a punto di un ulteriore step nella lavorazione del vetro zaffiro: terminata la fase di lucidatura, ogni singolo componente della cassa e del bracciale è smerigliato con un disco diamantato così da satinare la superficie.  

Ne consegue che le già lunghe operazioni di taglio e di molatura richiedono altro tempo per la rifinitura finale. A quanto dichiara la Maison – e non c’è motivo per dubitarne – per ogni orologio sono quindi necessarie 1600 ore di lavorazione, che si traducono in un impegno e in un costo notevoli. Ed è questo il motivo per cui il J12 X-Ray Star è realizzato soltanto in 12 esemplari.

Rispetto al predecessore, però, il J12 X-Ray Star è ancora più prezioso, interamente tempestato com’è di diamanti baguette. Sulla lunetta, agli indici e lungo tutte le maglie del bracciale è infatti incastonato con 196 gemme, inserite una ad una nella montatura “a binario”, per un totale di 16 carati circa. Nelle didascalie in alto descrivo le altre caratteristiche, qui però merita almeno un cenno il movimento meccanico a carica manuale.

Come nel J12 X-Ray, il Calibro 3.1 – concepito e realizzato “in casa” – non solo ha una costruzione interamente scheletrata, ma anche la platina e i ponti in vetro zaffiro. Il risultato è un’architettura leggerissima, dall’aspetto arioso, perfino rarefatto. Sembra quasi essere sospeso nel nulla, con la luce che ne attraversa i diversi componenti meccanici. Una nota personale: a Ginevra non ho potuto toccarlo né indossarlo, ma anche solo vederlo dal vivo – devo dire la verità – è quasi emozionante.

Il Première Camélia X-Ray

Altra novità Chanel X-Ray è poi il Première Camélia X-Ray. Anch’esso ha un precedente, il Première Squelette Camélia presentato nel 2017 a Baselworld, ma se ne discosta per la cassa in vetro zaffiro. Dalla forma ottagonale tipica della collezione (la prima dell’orologeria Chanel, creata nel 1987), dev’essere stata un vero incubo per chi ha dovuto ricavarla dal blocco di vetro zaffiro, con quegli angoli smussati e i diversi piani sovrapposti.

Anche qui, da citare almeno il movimento. A carica manuale e sempre di manifattura, è il Calibro 2. Un unicum nell’intero settore per la silhouette dalla forma floreale – anzi, per essere precisi, a camelia, il fiore prediletto da Mademoiselle Coco. Una camelia stilizzata, simile ad alcuni pezzi di gioielleria dell’omonima collezione: una similitudine accentuata dal fatto che i ponti sono incastonati da piccoli diamanti taglio brillante.

In questo caso, eccezionalmente, il numero delle gemme riveste una particolare importanza. Il maestro sertisseur ha impiegato 19 ore per incastonare – una ad una – con delicatezza ed efficacia – le 246 piccole pietre. Soprattutto ha dovuto prestare attenzione a non deformare la sottile struttura dei ponti, per evitare di compromettere il buon funzionamento del movimento stesso. Le caratteristiche di questo Chanel X-Ray comportano la tiratura limitata di 55 esemplari.

Il Première X-Ray

Terzo e ultimo modello della serie, il Première X-Ray mantiene la foggia e il formato dell’esemplare originario, così come il movimento al quarzo Swiss made. Ma si differenzia per l’inedito bracciale a catena gourmette, formato da anelli in vetro zaffiro alternati ad altri in oro bianco tempestati di diamanti. Un bracciale siffatto, un’assoluta novità in orologeria, ha richiesto la messa a punto di un particolare procedimento di costruzione.  

Infatti, non solo i link trasparenti devono essere singolarmente ricavati dai blocchi di vetro zaffiro, e di per sé sono difficili da intagliare e sagomare proprio per le forme ritorte e le superfici arrotondate. Ma, visto gli anelli in vetro zaffiro devono essere necessariamente chiusi, sono collegati tra loro tramite anelli forgiati nell’oro bianco. I quali però possono essere lucidati (rigorosamente a mano) e incastonati a neve soltanto dopo l’assemblaggio.

Considerato il numero delle pietre – 1318 diamanti di dimensioni davvero ridotte – si comprende perché ogni bracciale richiede qualcosa come 3 settimane di lavoro. A cui vanno aggiunti poi gli altri diamanti che compongono il pavé del quadrante, per un totale di 1700 gemme, pari a 5.43 carati. A conti fatti, si spiega anche la tiratura estremamente limitata del Première X-Ray, prodotto soltanto in 10 esemplari.