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Pink Edition: il rosa secondo Chanel

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Non solo bianco o nero: anche il rosa è un colore Chanel. Nella moda come in orologeria. Nel mondo delle lancette firmate dalla doppia C, il rosa ha già fatto qualche fugace apparizione in alcune edizioni limitate. Per esempio nei J12 Tourbillon Joaillerie del 2005, nel J12 42 mm del 2007 o nel J12 Chronographe Joaillerie del 2009, tutti con la lunetta incastonata di zaffiri rosa; o ancora nel 2016 con il Première Rock, corredato di bracciale a triplo giro la cui tipica catena era intrecciata a un nastro di pelle fucsia.

Ma quei precedenti non sono nulla in confronto alla nuova Pink Edition: una capsule collection di quattro esemplari alto di gamma, accomunati da una particolare sfumatura di rosa. Due J12 e due Boy∙Friend, per essere precisi: la prima coppia modulata su armoniose cromie in ton-sur-ton e la seconda dominata da un total look rosa deciso. Comunque risultato delle sinergie fra le tante maestranze che concorrono alle creazione degli orologi della Maison.

Un lavoro di squadra

Prima di tutto il team di progettisti guidati da Arnaud Chastaingt, lo Studio de Création Horlogerie de Chanel che non solo li ha ideati ma ne soprintende la realizzazione. Poi gli artigiani specializzati che lavorano per gli atelier di G.F. Châtelaine, ovvero la manifattura di Chanel a La Chaux-de-Fonds, con i suoi maestri orologiai e incastonatori. Per arrivare ai fornitori esterni, dai tecnici che fabbricano il vetro zaffiro fino ai pellettieri che producono il cinturino. Un lavoro di sinergie, coordinate per comporre l’immagine coerente degli esemplari della Pink Edition.

Tratto comune ai quattro esemplari è proprio la nuance di rosa, che nei J12 si ritrova solo nei dettagli, mentre è più diffusa nei Boy∙Friend. Un rosa carico, caldo e pastoso, che potrebbe ricordare il rosa Barbie, protagonista del film di Greta Gerwig con Margot Robbie – “musa” di Chanel –, ancora impresso nell’immaginario collettivo a distanza di mesi dall’uscita. Ma non è così. In realtà si tratta di un colore che affonda le radici nella storia della Maison e rimanda alla figura di Mademoiselle Coco. Come sempre, del resto, nell’orologeria Chanel.

Rosa Chanel

Il riferimento, evidente per chiunque abbia un minimo di familiarità con lo stile della grande couturière, è ai celebri tailleur di tweed – declinati in tanti colori pastello, comprese tutte le sfumature di rosa: dal confetto al cipria, dal lilla al lampone. Inventato già negli anni Venti, ma diventato celebre dal 1956, dopo il ritorno sulle scene fashion di Mademoiselle, il tailleur divenne simbolo di status sociale e di femminilità indipendente. Lo sfoggiavano tutte le dive e divine dell’epoca: Romy Schneider, Gina Lollobrigida, Brigitte Bardot, Marilyn Monroe…  

Anche se il tailleur rosa più famoso fu quello di Jacqueline Kennedy, che lo indossava a Dallas il 22 novembre 1963, il giorno dell’assassinio del marito, il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Quel tailleur dalle linee misurate e dallo stile perbene, coordinato al cappellino a tamburello, nel tempo ha assunto diversi valori e significati. E oggi è considerato non tanto un semplice capo d’abbigliamento, piuttosto un emblema del costume degli anni Sessanta e più ancora un pezzo di storia americana.

Senza dimenticare poi che il rosa è stato protagonista di innumerevoli outfit anche nei decenni successivi. Penso per esempio alle rivisitazioni degli abiti in tweed operate da Karl Lagerfeld, anima di Chanel per decenni, e in tempi più recenti alle creazioni di Virginie Viard. Basta guardare le passerelle dell’ultima stagione di Autunno/Inverno 23/24 – dall’Haute Couture ai Métiers d’Art, dalla Cruise al Prêt-à-Porter – per ritrovare il rosa puntuale in tutte le collezioni.

Un materiale problematico

Ma torniamo agli orologi. E cominciamo dal J12 X-Ray Pink Edition, che – come si intuisce dal nome – è uno sviluppo del J12 X-Ray uscito nel 2020. L’esperienza di quell’esemplare realizzato interamente in vetro zaffiro (o cristallo zaffiro, per essere più corretti) è stata fondamentale per risolvere i numerosi problemi insiti nella fabbricazione di questo materiale sintetico. Sui quali ho già scritto tanto in passato: invito chi volesse approfondire ad andare a rileggere la recensione di quell’orologio.

Semplifico per riassumere i termini della questione. Il vetro zaffiro è una sostanza a base di ossido di alluminio (Al2O3), la cui polvere è fusa ad alte temperature e poi lasciata raffreddare per permettere la formazione dei cristalli. I blocchi così ottenuti sono soggetti a lunghi processi di taglio e finiture, in cui si possono impiegare solo attrezzi diamantati (mole, sospensioni, paste). Perché lo zaffiro sintetico è un materiale leggero ma estremamente duro: raggiunge il valore 9 della scala di Mohs, inferiore solo al diamante che ha valore 10.

Per intenderci, la cassa dell’X-Ray è ricavata da un unico blocco di vetro zaffiro, sottoposto a 1600 ore di lavorazione prima di poter essere pronta per l’assemblaggio. Ogni singolo pezzo, oltretutto, dev’essere perfetto: privo di difetti, bolle, fessurazioni. E poi c’è il problema del colore. Per raggiungere il rosa della Pink Edition, ci sono voluti 5 anni di sviluppo: necessari per ottenere non solo la giusta tonalità, quella desiderata dai tecnici, ma anche una colorazione uniforme ovunque.

La trasparenza del J12 X-Ray Pink Edition

Caratteristiche che si riscontrano nel J12 X-Ray Pink Edition, il cui habillage è appunto interamente realizzato in vetro zaffiro rosa. Un orologio che perciò risulta essere leggerissimo e confortevole al polso, eppure resistente ai graffi e agli urti, destinato a rimanere immutabile al trascorrere del tempo. Tuttavia l’insieme rosa tenue, delicato e trasparente, di cassa e bracciale è acceso dalla tonalità intensa della lunetta in oro beige, tempestata di baguette di zaffiri rosa. In oro beige anche la corona, sormontata da un altro zaffiro rosa taglio brillante, mentre ulteriori baguette di zaffiri rosa, lunghe e sottili, si trovano incastonate agli indici sul quadrante trasparente: un disco in vetro zaffiro (incolore) come l’oblò sul fondello.

All’interno della cassa, con i ruotismi e i componenti dorati negli stessi toni dell’oro beige – che, dimenticavo, è una lega esclusiva della Maison -, risalta il Calibro 3.1. Un movimento di manifattura, completamente scheletrato, sviluppato a partire dal Calibro 3, a sua volta creato nel 2018 per il Boy-Friend – di cui mi occuperò tra poco. Rispetto al suo predecessore, il Calibro 3.1 è ugualmente scheletrato, ma è costruito attorno a un unico ponte centrale, che sul lato quadrante riporta la minuteria. Il risultato è un orologio dall’estrema leggerezza, anche visiva, dal diffuso effetto di trasparenza. Riporto le relative informazioni tecniche nelle didascalie.

Però devo dare ancora qualche numero. Il J12 X-Ray Pink Edition conta in totale 93 zaffiri rosa che raggiungono, sommati tutti insieme, 8.28 carati. È realizzato in 12 esemplari e costa un milione di euro.

L’esclusività del J12 Pink Edition

Sono invece 55 gli esemplari del J12 Pink Edition, dal look più consueto: in questo caso infatti cassa e bracciale sono in ceramica ad alta resistenza. Il materiale caratteristico della collezione J12 è prodotta “in casa” all’interno degli atelier di La Chaux-de-Fonds, con un processo di fabbricazione del quale i tecnici Chanel hanno ormai raggiunto una totale maestria. La ceramica bianca qui è impreziosita dal giro di zaffiri rosa taglio baguette incastonati sia sulla lunetta in oro beige sia sul quadrante, anch’esso in ceramica, per un totale di 4.26 carati.

L’estetica a dire il vero rimanda ad altri esemplari del passato – se non fosse per il colore, saturo e deciso, degli zaffiri rosa. Provenienti dal Mozambico, sono stati attentamente selezionati dai gemmologi di Chanel proprio in funzione di questa capsule collection, in cui rappresentano un segno ricorrente almeno per tre esemplari su quattro. E ovviamente incidono sul prezzo finale, che per questo orologio è di 125mila euro.

Per passare al movimento, il J12 Pink Edition monta il Calibro 12.2. Disegnato dal team di Arnaud Chastaingt e prodotto in esclusiva da Kenissi, di cui Chanel è comproprietaria, può essere definito senza dubbio “di manifattura”. Ne ho già scritto abbondantemente in passato, basta andare a questo link. Qui mi limito quindi a ricordare che non si tratta di una semplice miniaturizzazione del Calibro 12, in quanto tutti i componenti sono stati ridisegnati ex novo. Lo si vede attraverso il fondello in vetro zaffiro, in cui risalta ben evidente per il trattamento Nac nero che ne riveste i principali componenti.

La preziosità del Boy∙Friend Skeleton (X-Ray) Pink Edition

Per passare all’altra famiglia di esemplari, i due Boy∙Friend si distinguono essenzialmente per la cassa. Che nel Boy∙Friend Skeleton X-Ray Pink Edition è realizzata in vetro zaffiro rosa, mentre nel Boy∙Friend Skeleton Pink Edition è in oro beige decorata da zaffiri rosa. Nel primo caso, quindi, le difficoltà esecutive sono le stesse del precedente J12 X-Ray Pink Edition, con la differenza che qui la cassa è tripartita e ha richiesto un centinaio di ore di lavorazione. Mentre nel secondo il segno distintivo è rappresentato proprio dalle pietre preziose: perfettamente allineate sulla lunetta ci sono 33 baguette, cui se ne aggiungono altre 5 più piccole sulla corona e 23 sulla fibbia pieghevole, per un totale di 3 carati.   

La meccanica, comune a entrambi i modelli, è il Calibro 3. Terzo movimento di manifattura dell’orologeria Chanel, come accennavo prima, è stato messo a punto proprio per la collezione Boy∙Friend e montato in diversi esemplari. Ma qui, rispetto alle versioni precedenti, presenta alcune unicità: prima di tutto platina e ponti sono colorati di rosa, coordinati agli elementi dell’habillage; e poi è privo del ponte superiore, quello in corrispondenza del bariletto, così da risultare esteticamente (ancora) più leggero e mostrare con maggior evidenza i componenti dorati.

Merita un cenno infine il cinturino in pelle di vitello matelassé, perfettamente abbinato alla cromia del movimento e degli zaffiri rosa, foderato di tessuto color oro. Concludo con la tiratura limitata, di 55 esemplari per ciascuna referenza, e con i prezzi: il Boy∙Friend Skeleton X-Ray Pink Edition costa anch’esso 125mila euro, mentre il Boy∙Friend Skeleton Pink Edition 160mila euro.