Torniamo a parlare di orologi da persona: soffermandoci, quest’oggi, su alcune rarità di grande bellezza. Parleremo degli orologi del XVII secolo, addentrandoci nella storia dei meravigliosi smalti che adornavano le casse degli esemplari più ricercati. Vere opere d’arte, raramente compaiono sul mercato: gli smalti secenteschi sono delicatissimi, fragili tesori presenti solo in collezioni importanti e nei più ricchi Musei di orologeria.
L’arte dello smalto
Tecnica antichissima, lo smalto era già noto agli Egizi: i colori e la brillantezza delle decorazioni smaltate, con la loro superficie lucente, hanno sfidato i millenni. La decorazione a smalto è ottenuta per deposizione di polveri colorate a base vetrosa in sospensione su un supporto idoneo, solitamente metallo o ceramica. La temperatura di cottura, che permette allo smalto di assumere la tipica consistenza vitrea, è variabile: solitamente, tra i 500 ed i 1000°C.
Anticamente, in assenza di termometri e di sofisticati sistemi elettronici di controllo del calore e della costanza termica, sapere come ottenere la temperatura esatta e come mantenerla per il tempo necessario erano veri e propri segreti del mestiere. Il risultato, però, era straordinario: le decorazioni a smalto rivaleggiavano con le pietre preziose – anticamente tagliate quasi sempre a cabochon – per luminosità, intensità di colore e brillantezza. In più, lo smalto permetteva ai più fini tra i maestri dell’arte di esibirsi in decorazioni che in alcuni casi rivaleggiavano con la grande pittura.
Indossare un’opera d’arte
Fu con il XVII secolo che l’orologio da portare addosso, solitamente sobrio nella sua cassa in ottone o in argento, lucida ma senza particolari decorazioni, subì il mutamento del gusto introdotto dal fasto barocco. Per prima cosa, si diffuse l’uso dell’oro per la realizzazione delle casse di maggior pregio, materiale prima quasi sempre evitato per le sovrapposizioni di competenze tra la corporazione degli orafi e quella degli orologiai.
Oggetto di lusso, destinato a pochi facoltosi clienti, l’orologio si arricchì e divenne uno status symbol ancor più di quanto non fosse in precedenza. Paesaggi, bouquet floreali, scene di soggetto mitologico o sacro, riproduzioni di opere celebri e perfino ritratti: il pittore miniatore su smalto era un artista ricercatissimo dai ricchi committenti. Grazie ai temi vivaci e alla brillantezza dei colori, e sfruttando l’intero repertorio delle incisioni e delle tendenze pittoriche dell’epoca, gli smalti secenteschi conobbero altissimi livelli di esecuzione artistica.
La Francia, la patria degli smalti
Già dal Medioevo la ricca città francese di Blois ospitava artisti e artigiani in grado di produrre autentici capolavori. Fu in questo centro che l’arte dello smalto trovò nuova linfa, nel XVI secolo, e furono proprio nativi di Blois i primi maestri smaltatori che si dedicarono a impreziosire le casse degli orologi da persona. Secondo la tradizione, l’inventore di una tecnica innovativa che portò allo sviluppo della miniatura su smalto fu Jean Toutin (1558/1644): fu lui a scoprire che gli smalti colorati, se applicati su una base di smalto bianco precedentemente cotto, non si sarebbero fusi, nonostante le ripetute cotture successive. Applicando il suo metodo, gli smaltatori iniziarono a dipingere un po’ come i pittori su una tela, con una dovizia di particolari fino ad allora inimmaginabile.
Impossibile poi non ricordare, fra tanti abilissimi artisti, la dinastia degli Huaud (un nome che talvolta compare nelle varianti Huault o Huauld), grazie ai quali l’arte dello smalto applicato alle casse degli orologi raggiunse autentiche vette. Erano quelli i tempi delle grandi battaglie tra Protestanti e Cattolici: molti, tra gli smaltatori, non nascondevano la loro inclinazione, quasi sempre ugonotta. Perseguitati per la fede protestante, gli Huaud si rifugiarono a Ginevra, insieme ad altri, meno insigni, ma comunque eccellenti maestri.
Pierre I Huaud (1612/1680), nato poco lontano da Blois, si trasferì in Svizzera già nel 1630. Di lui non sopravvivono esempi noti, ma sappiamo che era maestro nell’arte degli smalti e la insegnò ai tre figli: Pierre II (1647/1698 circa); Jean-Pierre (1655/1723) e Ami (1657–1724). Il primogenito, forse il più celebre della famiglia, si trasferì nel 1685 a Berlino, dove – grazie alla sua bravura – divenne artista di corte dell’Elettore di Brandeburgo. Chiamò a raggiungerlo anche i fratelli minori, dando inizio a una produzione di altissima qualità, ancor oggi assai ambita dai collezionisti e – come prevedibile – talvolta oggetto di falsificazioni.
La nuova capitale degli smalti secenteschi
L’arte dello smalto era ricercatissima, oltre che per decorare e arricchire gli orologi, per impreziosire gioielli e ogni sorta di oggetto pregiato, dai calici ai cofanetti, sempre naturalmente parlando di pezzi a livello di Wunderkammer.
Ginevra accolse gli smaltatori come aveva già accolto gli orafi e gli orologiai. E divenne una nuova patria, in cui operare e dare il meglio di sé. Blois perse ogni importanza, come centro di produzione degli smalti e il testimone giustamente passò alla città sul Lemano, dove i discendenti e gli allievi degli antichi artisti continuarono a portare avanti una tradizione di qualità che si adatterà ai mutamenti del gusto e delle mode.
Continua…