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Patek Philippe 7340: il valore del Twenty~4 calendario perpetuo

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La collezione Twenty~4 Automatic si evolve: va oltre i semplici “solo tempo” e diventa una piattaforma per le complicazioni. Per quella d’esordio Patek Philippe punta subito in alto e sceglie il calendario perpetuo, una delle più emblematiche del proprio savoir-faire, perfettamente padroneggiata fin dal 1925. Tant’è che utilizza un movimento famoso: non solo rodato, ma soprattutto considerato dagli esperti uno degli esempi più rappresentativi dello stile e della tecnica della Manifattura. Dopodiché lo ha “vestito” con un metallo nobile. Cassa e bracciale sono interamente oro rosa, un lingottino dalla finitura lucida e dalla vocazione elegante che non ha bisogno di gemme per somigliare a un gioiello. Il risultato è il Patek Philippe 7340, declinato in due versioni di quadrante: verde oliva soleil o argenté effetto shantung.

La meccanica di pregio, l’habillage prezioso, il nome più blasonato dell’industria del tempo elvetica. Le condizioni per una creazione esclusiva, destinata al polso di poche fortunate, ci sono tutte. E in effetti, lo scrivo subito nero su bianco, il prezzo del Patek Philippe 7340 raggiunge la ragguardevole cifra di 101.175 euro. Una cifra che noi comuni mortali – parlo per me e forse per molti di voi – non possiamo permetterci di spendere per un orologio. Ma non è il caso di farsi prendere dalla sindrome della “volpe e l’uva”. Meglio piuttosto cercare di capire il motivo per cui un esemplare può valere più di 100mila euro. Stavolta non mi limito alla frase fatta “è l’alta orologeria, bellezza!” che sgorga spontanea di fronte a certi mugugni. Nelle prossime righe, proveremo quindi a comprendere a cosa è dovuto un prezzo simile.

Dal Twenty~4 al Twenty~4 Automatic

Prima di tutto un po’ di storia. Il Twenty~4 nasce nel 1997 dalla matita di Roberto Boglietti – come abbiamo scritto già più volte in queste pagine. Il gioielliere di Biella disegna un particolare orologio-manchette – un genere all’epoca molto in voga per il pubblico femminile -, dalle influenze Art Déco, che viene messo in produzione grazie alla lungimiranza di Philippe Stern. Presentato nel ’99, riscuote tanto successo da dar vita nel tempo a un’intera collezione – ricca di referenze, anche di alta gioielleria. E da allora rimane sempre in catalogo. Prova ne sia l’attuale Referenza 4910, in acciaio o in oro, rispettivamente con il quadrante soleil blu e verde oliva oppure guilloché color porpora, con gli immancabili brancard incastonati di diamanti. Un grande classico dallo chic intramontabile.

Ma per Patek non è abbastanza. La svolta avviene nel 2018, quando un totale re-styling trasforma completamente il Twenty~4, nell’estetica come nella meccanica. La cassa di forma con bracciale integrato diventa rotonda, il movimento al quarzo è sostituito da un calibro automatico, di manifattura. Ma non si tratta di un “Calatrava da donna”, come lo definiscono i soliti criticoni. Il Twenty~4 Automatic è piuttosto un esemplare dalla spiccata personalità, come Augusto Veroni non esita a sottolineare nell’entusiastica recensione scritta al momento del lancio. Da allora conosce numerose versioni: oggi la Referenza 7300 è disponibile in acciaio con quadrante soleil blu, verde oliva o cioccolato, oppure in oro rosa, con quadrante soleil cioccolato o effetto shantung. Tutte con la lunetta ornata di due file di diamanti (0.77 ct in totale, mica bruscolini) e tutti sempre “solo tempo”.

Il Patek Philippe 7340: un bene sicuro

Ecco quindi l’assoluta novità del Patek Philippe 7340: il primo Twenty~4 Automatic con calendario perpetuo, appunto. Che sembrerebbe inaugurare una nuova era di complicazioni per la collezione – o almeno così è come me la immagino io in un futuro tutt’altro che remoto. Perché l’adozione del movimento meccanico ha creato il presupposto per dotare l’orologio di una serie di funzioni aggiuntive. Già me lo vedo come Cronografo o come Travel Time… Ma, al di là delle mie fantasie, le complicazioni (in senso lato) aumentano il valore collezionistico di un esemplare che già di per sé è un investimento sicuro, a lungo termine. Un dettaglio non da poco nel nostro discorso.

Detto ciò, consideriamo che a incidere sui costi del Patek Philippe 7340 c’è innanzitutto la materia prima: l’oro rosa. Sappiamo tutti quanto il prezzo dell’oro sia aumentato negli ultimi anni (mentre scrivo, in tempo reale, ha una quotazione di 97,86 euro al grammo). La Manifattura non dichiara la quantità del metallo prezioso presente nell’orologio, e io evito di azzardare numeri a caso. Sta di fatto che cassa e bracciale interamente in oro massiccio influiscono parecchio sul valore finale. Non solo ai nostri giorni, ma anche in proiettato in prospettiva.

Produzione e finiture a regola d’arte

In più dobbiamo tener presente il livello di finitura, indissolubilmente legato a una qualità estrema. La fabbricazione “a regola d’arte”, proverbiale da Patek, riguarda la cura di ogni minimo dettaglio – anche in conformità dei dettami imposti dal Sigillo Patek Philippe. Per questo la produzione di un orologio richiede mesi di lavoro di artigiani specializzati (e non sto esagerando). Cosa resa possibile soltanto dall’indipendenza della Manifattura, che le consente di prendersi tutto il tempo necessario per eseguire le infinite operazioni richieste dai canoni della grande orologeria di tradizione su ogni singolo componente.

A complicare le cose, poi, ci si mette anche il design della cassa, che definire “rotonda” è riduttivo. In realtà ha una forma complessa, fatta di volumi articolati e ricca di rilievi, curve, gradini accostati o sovrapposti, ma sempre sagomati, levigati – così da evitare qualsiasi asperità e regalare al tatto sensazioni piacevoli di compattezza e solidità. Stesso discorso per il bracciale integrato, a tre file, con i link centrali leggermente bombati e le maglie laterali arrotondate e godronate. L’insieme deve essere stato un vero incubo per gli artigiani che hanno dovuto lucidare a mano tutte le superfici in modo maniacale…

Il calibro 240 Q

E poi c’è la meccanica, che nella produzione del Patek Philippe 7340 ha un peso specifico notevole. Il calibro 240 è un movimento storico – nato nel 1977 -, ma continuamente aggiornato dal punto di vista delle tecnologie. Così, per esempio, monta il tipico bilanciere Gyromax® insieme alla spirale Spiromax® (in un derivato del silicio), che lo tiene al sicuro dalle alterazioni provocate dai campi magnetici e incide positivamente sulla costanza di marcia. Si tratta di un movimento ultrapiatto, sottile 2,53 mm anche grazie al micro-rotore decentrato in oro 22 Kt, integrato nello spessore dei componenti.

In particolare, però il Patek Philippe 7340 ospita la versione con calendario perpetuo: il calibro 240 Q (la lettera Q sta proprio per Quantième, calendario in francese). È quindi dotato di un modulo della complicazione, ma mantiene comunque uno spessore contenuto di 3,88 mm. Pochissimi, se si pensa ai 275 componenti in grado di fornire una grande quantità di informazioni. Ricordo infatti che il calendario perpetuo è dotato di una “memoria meccanica” capace di riconoscere la durata di tutti i mesi dell’anno, di distinguere quelli di 31, 30 o 28 giorni e perfino i 29 del febbraio negli anni bisestili. Cui si aggiungono, in questo caso, le fasi di luna e l’indicazione delle 24 ore.

Concludo anche qui con le finiture. Basta dare un’occhiata al fondello in vetro zaffiro dell’orologio per rendersi conto dell’eccellenza delle decorazioni effettuate anche sulla parte meccanica. Platina rifinita col motivo circolare del perlage, ponti smussati e decorati a Côtes de Genève, perfino la testa delle viti è lucidata a mano. Una cura assoluta, una perfezione estetica realizzata anche nelle zone non visibili del movimento, quelle che la proprietaria dell’orologio probabilmente non vedrà mai. Non fine a sé stessa, ma per far durare ciascun esemplare per molte generazioni. E, come scrive la Maison stessa, “per creare emozioni”. Come si quantificano le emozioni?