Sentiamo sempre più spesso parlare di sostenibilità, in vari settori e sotto varie forme. Ma come si è evoluta l’orologeria in questo senso? Sostenibilità può essere un orologio rispettoso dell’ambiente, un packaging meno ingombrante e quindi meno inquinante, fino ad arrivare a livelli più alti che fanno cerchio intorno a questi concetti. Ecco, ci sono aziende che abbracciano solo alcuni di questi ambiti appena citati, e poi c’è TFP che mira di raggiungere una sostenibilità d’insieme.
TFP, Time for Planet, si definisce un “atelier del lusso accessibile e sostenibile” che produce orologi dal design italiano con movimento meccanico svizzero. Fondata di recente da Maurizio Mattucci, è una delle prime aziende italiane ad essersi costituita come “società benefit”. Le società benefit, meglio conosciute come BCorp, sono aziende la cui forma societaria prevede nello statuto la possibilità di destinare parte degli utili ad attività “altre” che non riguardino solo il profitto.
Dichiararsi società benefit prevede che l’azienda abbia una dirittura morale tale da raggiungere gli obiettivi economici prefissati perseguendo allo stesso modo obiettivi sociali ed ecologici. Per esempio per ogni orologio venduto pianta uno o più alberi per contrastare l’anidride carbonica e supporta progetti per dotare di acqua potabile villaggi africani che ne sono privi. Del resto la sostenibilità è il driver principale di TFP, il cui scopo è quello di contribuire alla trasformazione del settore verso un cammino green. Ne abbiamo parlato con il Ceo, Maurizio Mattucci.
Qual è il principio alla base della sua idea e qual è il servizio che può offrire al settore orologiero? «I brand tendono a parlare di sostenibilità applicandola per lo più a iniziative pro-bono e non al prodotto stesso. Si parla al massimo di plastica riciclata ma, ad oggi, pochi hanno un approccio completo verso la sostenibilità». E i pochi che lo fanno sono di solito marchi alto di gamma rivolti a un pubblico d’élite. «La forza di TFP è proprio questa. Offriamo al mercato e al settore un prodotto con le caratteristiche tipiche del lusso ma con un design originale e sostenibile ad un prezzo accessibile».
Ma qual è la genesi di TFP? Mattucci racconta di avere alle spalle una lunga esperienza nel mondo del lusso. «Per 12 anni ho lavorato in un’azienda di Firenze che fornisce accessori e bijoux a Chanel, Vuitton ed Hermès. Sono stato Ceo di Visconti Firenze, in cui il progettista di orologi era Antonio Ambuchi, che oggi è il capo designer di TPF». Antonio Ambuchi è una figura nota tra gli addetti ai lavori dell’orologeria italiana: il padre realizzava casse anche per Panerai (a Firenze), mentre Antonio ha collaborato tra l’altro con Locman, Anonimo e Dino Zei, U-Boat o Kendall.
«Panerai prima e, nel suo piccolo, Anonimo poi hanno tracciato una virata importante nello stile orologiero: hanno introdotto esemplari di grande visibilità, con cassa più grande e robusta, da portare tutti i giorni, sport compreso». Anche gli orologi TFP hanno un’estetica di forte impatto. Basta guardare la collezione Windrose: d’impronta virile e dalla vocazione sportiva subito evidente. Ma la sostenibilità?
«Noi soci di TFP siamo tutti appassionati di orologi e di sostenibilità», dichiara ancora Mattucci. «Nella nostra età matura, anche guardando alle nuove generazioni, abbiamo pensato di dare un seppur modesto contributo per un mondo “eco-sostenibile”. Con il nostro prodotto di nicchia e lavorando in un’ottica sostenibile».
Gli orologi TFP sono infatti concepiti per garantire il minor impatto ambientale possibile, in molte fasi della realizzazione. Ogni esemplare infatti è costruito utilizzando materiali riciclabili/riciclati o comunque rispettosi dell’ambiente. E un tocco di esclusività è dato dal fatto che le collezioni sono in edizione limitata di massimo 888 pezzi. Vediamo nel dettaglio, appunto, la collezione Windrose.
Come ci spiega Mattucci, la cassa è prodotta in microfusione high-tech con materiali come l’acciaio o il bronzo che hanno un’elevata percentuale di riutilizzo. E la tecnica della microfusione (uno sviluppo della tradizionale “cera persa” in chiave tecnologica) riduce al massimo lo spreco di metallo rispetto alle consuete lavorazioni con tornio a controllo numerico. Il quadrante è colorato attraverso processi naturali o con vernici senza solventi, a basso impatto ambientale. I cinturini, il cui sistema produttivo contribuisce in maniera importante all’inquinamento, sono realizzati con pelle italiana a concia vegetale.
Nota importante è la scelta del movimento. Per un brand sostenibile è fondamentale la scelta di un calibro meccanico, che non preveda quindi l’utilizzo di batteria. TFP monta movimenti a carica automatica dell’azienda svizzera Landeron, prodotti nella zona di Basilea. Mentre per il packaging, racconta ancora Mattucci, «la scatola dei TFP è “eretica” per la tradizione orologiera: è in cartone riciclato (Lucca è la capitale della carta in Europa) e rivestita di una carta realizzata con residui di agrumi. Infine, per quanto riguarda la distribuzione, ci avvaliamo principalmente del canale digitale».
Quanto tempo ha impiegato a sviluppare l’idea e a mettere sul mercato gli orologi? «Ci siamo costituiti a novembre 2019 e in un solo anno abbiamo realizzato il primo lotto di produzione sul mercato. E vediamo già i primi riscontri positivi. Si tratta di un tempo breve e di un gran risultato, del quale andiamo fieri. E che ci spinge ad andare avanti con entusiasmo e voglia di migliorarci sempre».