Nei giorni scorsi, a WatchTime New York, Bell & Ross ha presentato il nuovo BR-X5. Che, come il nome lascia intuire, amplia la collezione BR 05, lanciata nel 2019 con un’impronta più “cittadina” – tecnica ma non militare –, priva delle connotazioni da “strumento professionale” degli altri esemplari già nel catalogo della Marca. Ma con quella X – “simbolo di segretezza, sperimentazione e futuro”, secondo il marketing di Bell & Ross – che in realtà lo differenzia ulteriormente. E allude alla presenza di un movimento di manifattura.
O, almeno, così si legge nella cartella stampa. Devo ammettere infatti di non aver ancora visto né toccato l’orologio, per cui per questa recensione mi affido solo al comunicato ufficiale. Ma non posso aspettare di aver visionato fisicamente il BR-X5, anche se dovrebbe arrivare a breve nei negozi. Meglio mettere in chiaro fin d’ora le cose, visto che ha contenuti tali da ingolosire qualunque appassionato. Perché? Il movimento è realizzato da Kenissi, ecco perché.
Cos’è Kenissi
Non ho intenzione di ripercorrere di nuovo la storia di Kenissi. Ne avevo scritto nel 2019, all’epoca dell’acquisizione di una quota societaria da parte di Chanel, quindi rimando i più curiosi a quell’articolo. Qui mi limito invece ad aggiornare i fatti, visto che – rispetto ad allora – il cosiddetto “Progetto Gemini” è stato portato a termine. Oggi lo stabilimento Kenissi è una realtà industriale di Le Locle, sorta su un terreno che in passato era di proprietà Rolex, al civico 65 di rue de France (in continuità con Tudor, che si trova al n° 63, e vicino a una sede Rolex). E si sta affermando come produttore di movimenti, come valida alternativa ai vari Eta e Sellita soprattutto per il segmento medio-alto del mercato.
Con un assetto societario immutato – 80% Tudor, 20% Chanel –, oltre alla consueta partnership commerciale con Breitling (sempre in atto), Kenissi in questi anni ha raggiunto una certa potenza produttiva che gli permette di vendere anche ad altri marchi. È diventato infatti fornitore di TAG Heuer (con il calibro TH30-00 montato nell’Aquaracer Professional 1000 Superdiver); di Fortis (calibro Werk 11 del Marinemaster); e di Norqain (calibri NN20/1 dell’Indipendence Limited Edition e NN20/2 del Neverest Gmt), brand emergente finito da poco sotto i riflettori per l’ingresso nel proprio Consiglio di amministrazione nientepopodimeno che di Jean-Claude Biver. Nel cui board – per inciso – siede anche Ted Schneider, ex membro del CdA di Breitling.
Kenissi e Bell & Ross
Ma non divaghiamo. A questi marchi si aggiunge ora anche Bell & Ross, per cui Kenissi produce il BR-Cal 323, montato appunto nel nuovo BR-X5. No, per favore: evitiamo di star qui a cincischiare sul fatto che si possa o non si possa definire “di manifattura”. Sul Giornale degli Orologi abbiamo già affrontato più volte l’argomento (potete rileggere gli articoli di Augusto Veroni, che ha spiegato bene in diverse occasioni il nostro punto di vista). Poi, se proprio volete dire la vostra, vi invito a farlo attraverso i nostri social. In questo caso, se trovate inopportuna o inappropriata la definizione, potete sempre sostituirla con “sviluppato in esclusiva da (oppure con) Kenissi”. Chiudiamola qui.
Prima alludevo al rapporto indiretto Norqain / Breitling che – per logica – potrebbe aver costituito un antefatto alla collaborazione del “microbrand” con Kenissi. Qualche parola andrebbe aggiunta anche sui trascorsi che legano Bell & Ross e Chanel. E che chiunque abbia un minimo di memoria orologiera ricorda. Nel 2002, infatti, la Maison della Doppia C è diventata azionista di minoranza nella società fondata da Bruno Belamich e Carlos Rosillo. Cosa che contribuì all’abbandono della partnership con Sinn e al trasferimento in Svizzera, a La Chaux-de-Fonds, della sede del Marchio. Tra l’altro la G&F Chatelain, ovvero la Manifattura Chanel – che si trova anch’essa a La Chaux-de-Fonds – ha sempre prodotto la cassa e il bracciale degli orologi in ceramica di Bell & Ross. Tanto per dire…
Il movimento del BR-X5
Il BR-Cal 323, dicevo, è un movimento meccanico a carica automatica progettato e fabbricato da Kenissi. Tutti i movimenti dell’azienda di Le Locle – lo si legge sul sito ufficiale – sono derivati dai calibri di manifattura Tudor, secondo tre standard costruttivi ben definiti. Uno, la robustezza e l’affidabilità, con un’architettura in certi casi abbastanza simile e ben riconoscibile. Due, la precisione: la costanza di marcia risponde ai criteri richiesti dal Cosc, ma è personalizzabile perfino con intervalli di tolleranza inferiori. Tre, la lunga autonomia – 70 ore – che in azienda chiamano “weekend-proof” (almeno per i movimenti di grandi e medie dimensioni, per quelli più piccoli ci si ferma alle 50 ore). E il calibro di Bell & Ross non fa eccezione.
Il BR-Cal 323 ospitato nella cassa del BR-X5 è montato su 28 rubini. Ha un bilanciere a inerzia variabile che lavora a 28.800 alternanze orarie, sorretto da un grande ponte che è anch’esso una caratteristica comune alla famiglia di movimenti cui questo calibro appartiene. Ha un’autonomia di 3 giorni, alimentata da un rotore scheletrato personalizzato, e riportata sul quadrante per mezzo di un contatore a ore 9. Al 3, invece, si trova il datario “a carosello”, con un dispositivo di correzione rapida che ne permette la regolazione anche negli orari un tempo “proibiti”, senza compromettere il funzionamento del calibro stesso. Dulcis in fundo, è certificato cronometro dal Cosc. Ed è fornito di una garanzia di 5 anni (che riguarda anche la cassa), contro i 2 anni che di solito corredano i Bell & Ross.
Le caratteristiche estetiche e i prezzi del BR-X5
La cassa in acciaio misura 41 mm di lato, un millimetro più grande rispetto agli esemplari della collezione BR 05, ed è impermeabile fino a 10 atm. Ma soprattutto ha un design interamente ristudiato, che accentua l’aspetto possente, “muscolare”, della costruzione.
La caratteristica architettura del cerchio inserito in un quadrato qui è resa con una struttura più complessa del solito, che qualcuno ha definito “a sandwich”. È articolata in un “container” centrale – come lo definisce il marchio stesso –, dov’è alloggiato il movimento, e una cornice aggettante – quasi una sorta di ponte, aperto lateralmente – che lo racchiude e lo protegge. Il tutto è fissato da 4 viti passanti, che rafforzano la solidità dell’insieme. Per comprenderla meglio, vi rimando alle immagini in alto. Aggiungo però che le superfici sono ben rifinite con un’alternanza di finiture lucide, spazzolate e microbillé.
Quindi il quadrante soleil, declinato in due versioni: nero oppure azzurro (blu ghiaccio, secondo la cartella stampa). Una scelta cromatica, quest’ultima, che ha già suscitato un coro di “no” da parte dei tradizionalisti, ma che personalmente trovo divertente. Coraggiosa perché inattesa, in aperto contrasto con l’idea di mascolinità decisa che sottende il BR-X5 stesso. Probabilmente rivolta alle generazioni più giovani, a quanti sono privi di preconcetti orologieri o semplicemente sono così sicuri della propria virilità da non aver nulla da temere perfino se ostentano colori pastello. Che piaccia o meno, la cosa è ininfluente. Lo ripeto per l’ennesima volta: i gusti sono personali e indiscutibili.
Infine il bracciale in acciaio, integrato e rastremato – tipico della collezione –, con le maglie centrali lucide che spiccano nei profili ad H allungata, spazzolati. In alternativa esiste anche il cinturino in caucciù, coordinato al colore del quadrante, dalla struttura aperta che permette una migliore traspirazione dell’epidermide e risulta quindi più confortevole al polso. La presenza di uno o dell’altro ovviamente influisce sul prezzo finale del BR-X5, che varia da 6.900 a 7.400 euro. Per la cronaca, esiste anche una versione con cassa in carbonio e quadrante arancione, chiamata appunto BR-X5 Carbon Ornage, che raggiunge invece gli 11.900 euro. Magari ne riparleremo.