Approfondimenti

[Re]master01, il passato futuro di Audemars Piguet

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Con il [Re]master01 Audemars Piguet reinterpreta un proprio, raro cronografo datato 1943. Con un’estetica appena ritoccata (nelle proporzioni e in poco altro), ma con una nuova tecnologia. Un’opera di “rimasterizzazione” che lascia intendere prossimi sviluppi.

Io parlerei di rivalità, più che di concorrenza. Bernini mal sopportava il carattere austero di Borromini, ma all’atto pratico ne riconosceva la superiorità, quanto ad architettura. Raffaello non amava qual vecchio bacucco di Michelangelo, ma davanti alla statua della Pietà capiva che il Buonarroti era nato genio in grado di far quel che nessun altro poteva. E così Patek Philippe e Audemars Piguet si battono all’ultima vite, con il risultato che sfornano capolavori a ripetizione.

Ad esempio i cronografi. Audemars Piguet non ha mai sentito un gran bisogno di movimenti cronografici. Tendeva a prenderli all’esterno e li innestava in qualche Royal Oak, che tanto si vendeva e si vende da sé. Ottimi movimenti, ma non di manifattura. Audemars Piguet, del resto, è stata pioniera relativamente ad una impressionante quantità di complicazioni, ma ha sempre avuto un atteggiamento diffidente nei confronti dei cronografi.

Poi è arrivato François-Henry Bennahmias: un tipo tosto che nei vent’anni in cui ha lavorato per Audemars Piguet, prima di diventarne Ceo, ha avuto tutto il tempo di progettare idee nuove. Fra cui avere un movimento cronografico Audemars Piguet totalmente prodotto in casa. E così arrivata la famiglia di movimenti 4300/4400. Che certamente si svilupperà nel futuro.

Credo che Bennahmias sia diventato, nei suoi vent’anni di Audemars Piguet, una parte essenziale del marchio. Lo spirito di Audemars Piguet/Bernini, in competizione con lo spirito di Patek Philippe/Borromini, non poteva accennare che la rivale fosse l’unica ad avere movimenti cronografici. Compreso (dal 2009) quel piccolo capolavoro che è il Calibro CH 29‑535 PS. E allora ha voluto dimostrare che Audemars Piguet non era da meno.

È riuscito nel suo proposito ed oggi Audemars Piguet possiede un movimento cronografico versatile. Sia per una meccanica che si presta a successive variazioni sul tema (la stessa lunga autonomia sembra nascere per non dover pagare dazio con l’eventuale aggiunta di moduli specializzati); sia per essere riuscito ad avviare rapidamente una produzione sufficiente per le attuali richieste.

Tanto da potersi permettere un esercizio di stile (ogni riferimento a “Esercizi di stile” di Raymond Queneau – operina indispensabile per chiunque sogni di scrivere e pazzesca nella traduzione di Umberto Eco – è perfettamente calibrato) come questo [Re]master01 che già nel nome si sintonizza – appunto – con l’opera di Queneau.

Un pochino di storia. Audemars Piguet è stata pioniera in una notevole quantità di orologi complicati: dai calendari perpetui ai ripetizione minuti ha portato al polso squisitezze meccaniche che nessuno pensava di poter adattare alle dimensioni del “polso”. Tenete presente che solo nel 1936 le vendite degli orologi da polso superarono quelle dei “tasca”.

I “polso” venivano considerati giocattoli per persone dalla dubbia virilità, forse perché il ridotto diametro (già 34 millimetri era un diametro considerato da gigante) imponeva movimenti che solo oggi si riesce a dotare di qualità cronometriche. ‘Sta storia della [s]virilità degli orologi da polso (sostanzialmente nati per tostissimi guerrieri) è materia sulla quale prometto di tornare perché comporta aspetti esilaranti, ancor oggi in bilico fra leggenda e fantasia.

Sta di fatto che Audemars Piguet lasciava il cronografo ad altri specialisti. L’oggetto di questa rimasterizzazione (il [Re]master01, appunto) era originariamente un “premodello”, come si diceva allora. Un prototipo di diametro pazzescamente ampio per allora: ben 36 millimetri. Realizzato nel 1943, mi lascia sbalordito per due ragioni: la sottilissima lunetta, che ancora oggi non è facile da realizzare, e la sensuale rotondità della cassa. Entrambe caratteristiche ancor oggi molto costose, ma a quei tempi a far cose del genere dovevi avere neuroni provocatori come pochi.

La versione attuale (solo 500 pezzi venduti nelle boutique – quando riapriranno – a 54.800 euro) conserva la maggior parte delle caratteristiche originali. Oltre al diametro (ora di 40 millimetri) cambiano solo piccoli dettagli. Cambia la disposizione dei totalizzatori (con quello dei secondi corredato di un indice per segnalare la durata di un tempo d’una partita di calcio), per via dell’adozione del nuovo movimento. Cambia la lancetta dei minuti (non più curva per via di una migliore gestione degli spazi verticali); e cambia, infine, il vetro di protezione (ora zaffiro).

Non ostante l’oblò sul fondello, freddino, si moltiplica il feeling sensuale di una cassa curva in maniera studiata molto bene, ieri come oggi. Bene per chi guarda e tocca, perché per chi deve eseguire la finitura… L’alta lunetta d’oro confina con la cassa d’acciaio appena sopra la corona e i pulsanti crono. Ciò vuol dire che la spazzola per la lucidatura finale deve inevitabilmente passare sull’oro e sull’acciaio, che però hanno una durezza ben diversa.

Immagino che il tecnico avrà affrontato a muso duro Bennahmias lamentandosi e pensando cose molto poco gentili. Ma Bennahmias, inflessibile, gli avrà detto che se ce l’avevano fatta nel Quarantatré lui non poteva mica essere da meno. E immagino le volte che il tecnico lucidatore (più o meno soddisfatto) abbia cercato di convincere Bennahmias che di più non si poteva fare. E lui a ripetergli che migliorasse, perché tanto più di 500 casse non doveva lucidare…

Beh, è finita bene. Il [Re]master01 – il che lascia supporre che poi arriveranno lo 02, lo 03 e così via – è una realtà. Che, mi direte voi, ha due difetti: è molto delicato, proprio per quanto riguarda la finitura; e poi quell’incastro funzionale fra acciaio e oro riduce orribilmente l’impermeabilità. Avete ragione, risponderò io. Avete ragione se considerate l’Audemars Piguet [Re]master01 una normale edizione limitata. Pensateci bene: in questo, come nel caso di pochi altri orologi, siamo forse in un territorio diverso.

Pensate, ripeto, se qualcuno avesse detto a Borromini di lasciar perdere quelle linee curve così costose rispetto alle minuscole dimensioni della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane. Pensate, se lui avesse accettato, cose avrebbe perso Roma, il mondo e la storia dell’arte. Pensate se Michelangelo avesse mandato a quel paese Papa Giulio II dicendogli che lasciare il cielo stellato costava meno; e che comunque a lui, per affrescare il soffitto della Cappella Sistina, sarebbe scoppiata la cervicale. Pensate.

E allora se voi foste d’accordo potremmo cominciare a parlar di un piccolo, piccolissimo territorio che potremmo chiamare Orologeria d’Arte. Fatemi sapere, per favore. E grazie per la pazienza. Spero possiate toccarlo presto, questo [Re]master01 di Audemars Piguet, perché è cultura seria.