Conosco – e apprezzo molto, moltissimo – Fabienne Lupo da una ventina d’anni. Da quando è entrata nella Fondation de la Haute Horlogerie per dirigere il SIHH, la manifestazione fieristica ginevrina nata come secessione dalla fiera di Basilea. Ma proprio Fabienne Lupo trasforma il SIHH nel proprio contrario: una manifestazione inclusiva che, nel tempo, raccoglie un sempre maggior numero di marche. Diplomatica, paziente, negli anni diventa un elemento fondamentale dell’orologeria Svizzera, riscendo a sfuggire alla nomea di “figlia di Richemont”, il gruppo cui fanno capo sia la Fondazione che il Salone dell’Alta Orologeria.
Se dovessi paragonare Fabienne Lupo ad un componente dell’orologio sarebbe la ruota di scappamento. Che trasforma un inutile avanti e indré sul perno in moto continuo, fondamentale per ogni orologio meccanico. Ma preferisco vederla come una donna che indossa il proprio immenso potere come un esclusivo abito d’Alta Moda. Il potere, conquistato man mano negli anni, non esibito come un esercizio brutale, ma come una vocazione al servizio di un progetto ampio e unificante. Una pax orologiera oggi indispensabile, ma sulla quale aveva già cominciato a lavorare da anni con pazienza e diplomazia, dicevo.
E che si concretizzerà l’anno prossimo in una seconda manifestazione a Ginevra della quale per ora si conoscono solo alcuni partecipanti: Patek Philippe, Rolex, Chopard, Chanel. Nulla si sa del nome, nulla si sa dell’organizzazione, ma è certo che sarà almeno parzialmente aperta al pubblico e che si è già formata una bella fila di marchi desiderosi di partecipare. Fermo restando che in queste circostanze – anche per un rugginoso residuo di misoginia – i dissidenti non mancano (ne vorrei parlare nell’articolo che concluderà questo “supplemento” Watch Update). Ma finiranno per cedere, perché unificare anziché dividere è fondamentale per un settore tutto sommato piccolo come quello dell’orologeria svizzera.
Vorrei iniziare con la domanda che più mi sta a cuore: la nuova manifestazione è riservata ai grandi nomi o si estenderà, magari nel tempo, fino ad offrire una panoramica completa dell’orologeria svizzera?
Fabienne Lupo: Quello che abbiamo passato questa primavera è stato uno tsunami e nessuno poteva immaginarlo, ma comunque è successo e inevitabilmente rallenta ogni progetto. Da vent’anni lavoro per una visione totale dell’orologeria, e Franco Cologni da ancora più anni di me. Ora cominciavamo ad avvicinarci all’obiettivo… Comunque io preferisco muovermi lentamente. È sempre stato il mio modo di lavorare, passo per passo. Non dobbiamo accelerare troppo, perché se vuoi accontentare tutti alla fine non accontenti nessuno. Ora questa prima edizione del nuovo salone, con i nostri nuovi partner, con queste grandi marche che raggiungono Ginevra… Bisogna capire esattamente quello che vogliamo fare insieme.
Il Salon International de la Haute Horlogerie ha sempre voluto essere un salone dell’eccellenza, dell’Alta Orologeria ed è quindi logico non volerne fare un doppione. Ma al tempo stesso vogliamo capitalizzare il lavoro che siamo riusciti a fare negli ultimi trent’anni. Abbiamo costruito un patrimonio di credibilità ed è per questo che ora grandi marche vengono a Ginevra. È quindi importante continuare ad agire insieme, tutti compatti verso lo stesso obiettivo: fare qualcosa di bello insieme e radunare tutta l’Alta Orologeria, l’orologeria d’eccellenza. Per il resto potrebbe volerci del tempo. Dubito che riusciremo a compattare tutta l’orologeria già nel 2021, perché il 2021 è troppo vicino per poter fare bene le cose, per poter creare una solida base per costruire un futuro altrettanto solido. È questo il futuro che vogliamo.
Ma questo non rischia di favorire altre iniziative?
Fabienne Lupo: Noi non abbiamo intenzione di ignorare nessuno, ma – ripeto – abbiamo bisogno di tempo. Io credo che per l’anno prossimo dobbiamo considerarci come “fidanzati” che devono innanzitutto iniziare a conoscersi. Poi, se le cose vanno bene, vedremo quale saranno le strategie di apertura ad altri segmenti di mercato. Perché puoi stare tranquillo che già ci stiamo pensando: un’apertura nei confronti di una visione totale del mercato è nelle nostre prospettive. Ma prima dobbiamo consolidarci con le marche ginevrine. Perché Ginevra è il luogo dov’è nata l’Alta Orologeria.
Dopodiché è vero: è importante che operatori e visitatori, che gli stessi appassionati possano avere una visione totale dell’orologeria. Ma nel frattempo dobbiamo imparare a impostare un incontro diverso. Oggi credo che la strada maestra non sia più quella tradizionale di Basilea. Fare un grande minestrone di orologeria, gioielleria, perle, diamanti oggi non è possibile senza scontentare molti protagonisti, come dicevo prima. A Basilea si ritrovavamo tutti insieme, nello stesso momento e nello stesso luogo, pur avendo pubblici diversi. Questo rendeva quasi impossibile scegliere chi vedere e incontrare chi veramente volevi.
Dobbiamo comportarci in maniera diversa: prendendo tempo per parlarci, sperimentare idee e migliorare costantemente. Dobbiamo continuare a discuterne e parlarne con i nuovi partner della Fondazione. L’obiettivo – lo ripeto – non è solo quello di impostare un futuro qualunque, ma un futuro solido, un futuro con un’ampia e solida prospettiva.
È interessante anche il vostro sito, che costituirà un appuntamento costante per tutto l’anno.
Fabienne Lupo: Certo, sarà l’elemento di unione anche per altre iniziative. Speriamo ad esempio, di poter tornare a portare Watches & Wonders nel mondo. In passato lo abbiamo fatto negli USA e in Cina, e non abbiamo certo abbandonato l’idea. Così, visto che il Covid ci ha confinati tutti in casa, abbiamo pensato di lanciare una piattaforma digitale per consentire alle nostre marche di presentare le novità. Abbiamo dovuto farlo un po’ in fretta e quindi c’è ancora molto da migliorare, ma oggi Watches & Wonders ha anche un proprio ecosistema digitale che non vive solo in funzione della manifestazione di Ginevra, ma è attivo tutto l’anno e in tutto il mondo.
E Swatch Group?
Fabienne Lupo: Io ho sempre avuto un rispetto totale per la famiglia Hayek e per la sua capacità di costruire un “impero” straordinario e solido, con bellissime marche.
Del resto, Swatch Group vale un terzo dell’intero fatturato orologiero svizzero.
Fabienne Lupo: Poter lavorare con loro sarebbe un sogno… Sarei felicissima se un giorno fosse possibile trovare punti di convergenza, perché chiaramente senza di loro non è lo stesso. Ripeto: il mio primo obiettivo è di trovare un terreno comune per poter mostrare al mondo cos’è l’orologeria svizzera. E in questo senso Ginevra è una città straordinariamente funzionale allo scopo. Certo, l’orologeria non è solo Ginevra, ma Bienne, la Chaux-de-Fonds, Le Locle, Neuchâtel… C’è grande orologeria dappertutto, in Svizzera, ma resto dell’idea che il luogo emblematico debba essere Ginevra. Conviene a tutti.
Anche perché Ginevra è la città più facile da raggiungere, da dovunque. Alberghi ne ha tanti…
Fabienne Lupo: Sì, è la città più ricca di servizi e questo rende più facile far bene questo tipo di manifestazioni. E poi è la città svizzera più conosciuta nel mondo. Ha un aeroporto che funziona molto bene, tutte le organizzazioni internazionali… Dunque Ginevra ha come una sorta di neutralità, è un luogo dove le cose si possono unire in uno sforzo comune.
E offre anche nuove possibilità come quella di dire: “Venite a Ginevra per questa grande manifestazione di Alta Orologeria, ma poi venite anche a visitare le nostre manifatture, dovunque si trovino”. Alla gente − dagli operatori agli appassionati − piace visitare posti un po’ segreti. La Svizzera non è poi così grande e si viaggia bene. Intendo dire che credo sia possibile, nel tempo, avere un momento in cui tutta l’orologeria si riunisce a Ginevra, si fa bella per il mondo. E da Ginevra poi andare a visitare tutto quel che normalmente è nascosto e inaccessibile, ma che è importante vedere per capire bene.
È la trasparenza dell’orologeria, la ragione per cui dopo tanti anni di lavoro in questo settore continuo ad amarla. Ripeto spesso che non sono tanto un appassionato di orologi quanto di orologeria e delle persone che vi lavorano. Perché è l’orologeria che fa gli orologi, non il contrario.
E c’è un altro settore del lusso che sta cambiando, in questo momento. Parlo della moda. Comincia ad esserci, almeno in Italia, un accenno di “solidarietà di settore” che una volta era il perno dell’orologeria. Poi si era passati a forme di concorrenza molto forti, come nella moda. Ti tieni informata su quel che sta facendo la moda per trovare ritmi meno convulsi?
Fabienne Lupo: Sì, molto, sia per interesse personale sia perché, appunto, ci si era spinti un po’ troppo oltre. Una sorta di intasamento dovuto all’eccesso di collezioni e prodotti. Il risultato era un appiattimento generale su quel che sembrava avere più successo, con l’aggravante della fast fashion che copiava la couture rendendo difficile distinguere la qualità creativa e di esecuzione dei prodotti. Penso che quel che stanno facendo marchi come Armani o Saint Laurent sia positivo: cioè fare meno sfilate, non lasciarsi guidare dal marketing, ma dalla creatività.
Il marketing viene dopo, quando la creatività ha fatto il suo lavoro nei tempi che le sono propri. Ossia quando la collezione è pronta, quando le tendenze sono decise dallo stilista. Dopo, solo dopo può entrare in azione il marketing. Fino a oggi nella maggioranza di casi è avvenuto esattamente il contrario. Volevano tutti solo vendere, vendere, vendere: facevano sei, otto, dieci sfilate o collezioni all’anno, ma non è possibile imporre alla creatività di fare dieci collezioni l’anno. E questo, moltiplicato per il numero delle marche, era diventato eccessivo anche per il pubblico. Credo che oggi si cominci a tornare entro limiti molto più ragionevoli.
Beh, fatte le debite proporzioni è un po’ quel che è accaduto nell’orologeria. Un eccesso di novità e di produzione per far fatturato.
Fabienne Lupo: Sì, è vero, però l’orologeria è in una situazione un po’ diversa. Sono d’accordo che ci siano state molte collezioni, ma senza gli eccessi di altri settori. L’orologeria non ha avuto gli stessi ritmi frenetici che spingono per fare fare fare, creare creare creare. Secondo me l’orologeria non si è spinta troppo oltre in questa modalità di funzionamento perché comunque servono anni per immaginare, sviluppare e creare orologi.
Di recente sono stata intervistata da una giornalista americana di moda che mi ha detto: “È interessante quello che fate: la moda dovrebbe ispirarsi a quello che fate voi in orologeria”. Lei quindi la vede in maniera diametralmente opposta. E io sono abbastanza d’accordo. Ad esempio, non abbiamo potuto fare il Watches & Wonders a Ginevra in aprile, ma lo abbiamo fatto online. E la moda, recentemente, ha fatto la stessa cosa: la fashion week che avrebbe dovuto svolgersi nelle scorse settimane si è spostata sul digitale.
Ritmi più umani, che tornano a mettere la creatività e i suoi ritmi naturali in primo piano.
Fabienne Lupo: Sì, è sbagliato correre, correre sempre senza sapere dove andare. Credo sia molto pericoloso, per il lusso, perché così perde la caratteristica dell’esclusività, della rarità e se vuoi anche il senso della cultura. Ma anche dell’iconicità: quando fai una collezione dopo l’altra, senza sosta, non hai più il tempo per creare nuovi modelli iconici.