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Il SIHH diventa Watches & Wonders. E gira il mondo

L’annuncio è chiaro: il Salon International de la Haute Horlogerie si trasforma in Watches & Wonders. La prima reazione è dire che il cambio di nome non sembra nemmeno una notizia, ma un giochino di marketing. Errore: cambia tutto.

Negli scorsi anni c’è stata una vera e propria battaglia delle fiere specializzate, che ha avuto per protagonisti Baselworld e il SIHH, appunto. Fra manie di grandezza e autentici imbrogli, tutti – e i vecchi dirigenti di Baselworld in particolare – hanno perso il controllo della situazione. Quando una camera d’albergo passa dai 95/120 franchi svizzeri agli oltre 900 a notte, è chiaro che una o più persone se ne approfittano; (e non sto certo parlando di grandi alberghi: tutt’altro). Faccio notare che quando a Milano il costo degli alberghi lievita – ad esempio durante la Fashion Week – di tre o quattro volte, i giornali urlano allo scandalo.

Sta di fatto che negli ultimi anni i costi della partecipazione a Baselworld sono talmente cresciuti che una enorme quantità di marchi sono scappati. E sono scappati nell’interesse dei compratori. Dal momento che tutte le spese convergono alla fine nel prezzo di vendita degli orologi, molti marchi si sono chiesti se potessero risparmiare proprio per tenere sotto controllo il prezzo degli orologi. Man mano che si andava avanti, la maggior parte degli operatori scoprivano che questa strada era tutt’altro che un ripiego, ma poteva far parte di un sistema.

Contemporaneamente e sempre per far fronte al contenimento di costi (uno stand non troppo grande arrivava a costare, per una marca da poche decine di migliaia d’orologi, oltre un milione di franchi svizzeri), diventavano più competitive piccole manifestazioni fieristiche locali. Poco costose, ma efficaci almeno su specifici mercati. Proprio in questi giorni si svolge in Messico il Siar (Salón Internacional Alta Relojería), una fiera che sembra stia portando buoni risultati senza per questo costare troppo – oltre a raggiungere molti paesi del Sudamerica.

In questo senso l’annuncio del cambio di nome del SIHH non va semplicemente letto come un gioco di marketing, ma come la creazione ufficiale di un vero e proprio circuito di manifestazioni fieristiche. Già lo scorso anno c’era stata Watches & Wonders a Miami, che aveva consentito agli operatori statunitensi un risparmio di tempo e danaro. E poi c’è la storica presenza di Watches & Wonders a Hong Kong (sia pure considerando le difficoltà attuali); cui probabilmente si aggiungerà qualcosa a Dubai (alcuni marchi già stanno muovendosi in questo senso) o da qualche altra parte in Cina. E così via.

Chiamatela come volete: “globalizzazione localizzata”, chiamatela “tutti insieme, sì, ma nei mercati locali”, però qualcosa si sta muovendo. Perché alcuni operatori sanno finalmente dire di no, nell’interesse del compratore finale, a chi non è più capace di essere uno strumento utile per il mercato, anziché uno strumento per arricchire gli organizzatori. E già quest’anno, per quanto mi riguarda, farò un bel risparmio (di tempo, danaro e fatica) evitando di trasferirmi a Baselworld subito dopo il SIHH. O meglio: subito dopo Watches & Wonders Geneva. L’anno prossimo si vedrà.