Approfondimenti

Endurance Pro: la sostenibile leggerezza di Breitling

{"autoplay":"false","autoplay_speed":"3000","speed":"300","arrows":"true","dots":"true","loop":"true","nav_slide_column":5}
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image
Slider Nav Image

«Semplificare vuol dire anche aggiungere leggerezza», sosteneva Anthony Colin Bruce Chapman, l’ingegnere inglese che fondò la mitica casa automobilistica Lotus. Mica l’ultimo dei cretini: se diceva qualcosa, non era per dare aria ai denti. Ecco, questa frase potrebbe essere presa e incollata come payoff sulla scatola del nuovo Endurance Pro, il supersportivo professionale firmato Breitling, lanciato quest’anno dalla Casa di Grenchen. L’orologio è infatti come uno degli atleti che lo indossano abitualmente in gara, l’ironman tedesco Jan Frodeno: tosto ma leggero.

Merito, diciamolo subito, del combinato disposto di due elementi tecnologici utilizzati insieme, all’interno della cassa e per creare la cassa stessa dell’Endurance Pro. Che ne migliorano le prestazioni e la portabilità: il movimento SuperQuartz e il materiale Breitlight.

Endurance Pro e Breitlight

Partiamo da quest’ultimo, non una novità per la Maison. Lanciato in prima mondiale a Baselworld 2016 sull’Avenger Hurricane, questo materiale è “3,3 volte più leggero del titanio e 5,8 volte più leggero dell’acciaio inossidabile”, come ricorda Breitling con orgoglio. Numeri stupefacenti, ma che cosa significano? Intanto, che nella cassa dell’Endurance Pro fa capolino quel diavolo di un carbonio.

Il Breitlight, sviluppato e brevettato dal marchio, si aggiunge alla lista dei materiali creati dalle case orologiere per dar forma alle proprie casse: dal Texalium di Hublot al Carbotech di Panerai. È una sorta di polimero termoplastico rinforzato con l’inserimento di fibre di carbonio; come gli altri polimeri di questa derivazione può essere modellato per iniezione o stampo (alcuni possono persino “filati” in fibre sottilissime), con un solo risultato: la leggerezza, appunto. E leggero era anche l’orologio cui, nelle intenzioni della Maison, si ispira l’Endurance Pro, ossia lo Sprint degli anni ’70 con cassa in resina a cuscino. Forma scelta in quel decennio da diverse case per i propri sportivi, Heuer Autavia in primis.

Oltre all’essere leggerissimo, termicamente stabile, ipoallergenico, resistente a qualsiasi maltrattamento e amagnetico (sì, nella cassa c’è un quarzo, ma anche i quarzi, come sapete, il magnetismo lo soffrono, eccome se lo soffrono, ahiloro…), il Breitlight dà alla cassa dell’Endurance Pro un ulteriore plus. Grazie alla texture sempre differente che gli deriva dalla lavorazione, ogni orologio può essere considerato un pezzo unico. Vero o no, è una cosa che per qualcuno può fare la differenza.

Quarzo, per la precisione

La modernità del Breitlight, dicevamo, è abbinata a quella del movimento SuperQuartz termocompensato Breitling 82. Modernità relativa, a dirla tutta, dal momento che i quarzi termocompensati sono antichi almeno quanto il quarzo in orologeria. O quasi, visto che li montavano già i Seiko VFA e Twin Quartz degli anni ’70 e ‘80.

Se il quarzo soffre il magnetismo, ancora di più è influenzato dalle variazioni di calore, tanto che gli orologi tendono ad anticipare se fa caldo e a perdere secondi con il freddo. Per ovviare a questo, il movimento termocompensato introduce un circuito elettronico specifico, o una coppia di quarzi, che regolano l’oscillazione del cristallo in funzione della temperatura.

La frequenza di oscillazione del singolo cristallo di quarzo è infatti mantenuta costante utilizzando un rilevatore di temperatura esterna, che consente al circuito analogico di regolare in base a essa il voltaggio da inviare al cristallo. Un sistema complesso, celebre perché impiegato nei calibri 5035 e 5055 Oysterquartz di Rolex. I calibri ETA termocompensati, invece, regolano le oscillazioni del cristallo attraverso un conteggio digitale. Rilevando la frequenza e la temperatura del cristallo, il circuito riesce a regolare le oscillazioni di quest’ultimo, correggendo scostamenti indotti dalle variazioni di temperatura.

La regolazione delle oscillazioni del cristallo attraverso un conteggio digitale è utilizzata anche nei sistemi che impiegano la coppia di quarzi, uno dei quali lavora a 32kHz, l’altro a una frequenza maggiore. Entrambi subiscono variazioni nel numero di oscillazioni al cambiare della temperatura, ma in modo diverso; ciascuna discrepanza tra le frequenze dei cristalli corrisponde a una determinata temperatura che il circuito digitale utilizza per autoregolarsi e ovviare agli effetti della variazione subita dal cristallo che lavora a 32kHz, mantenendo la precisione di marcia. Detto in parole quasi semplici…

Endurance Pro: i vantaggi

A chi indossa l’orologio per lavoro, però, oscillazioni, quarzi, temperature interessano pochino, perché è gente che guarda al sodo; che in questo caso è una precisione “professionale”, unita a un altro vantaggio non indifferente: sono orologi pressoché indistruttibili. Di qualità spesso pari a quella dei meccanici e a un prezzo tutt’altro che inarrivabile; a differenza di molti altri sportivi meccanici creati in materiali hi-tech che costano come una berlina di lusso, se non come un appartamento. Ma ad abitare comodi in una cassa da 44-45 mm, a noi umani riesce difficilino.

Nello specifico, poi, la precisione di questo orologio fa sì che il Breitling Endurance Pro sia al polso di gente come Federica Brignone, Vincenzo Nibali e Toni Cairoli; ma che possa essere portato anche con camicia e cravatta per tenere sotto controllo la durata di un noiosissimo marketing meeting.

Endurance Pro: perché è sì

C’è da dire, però, che sotto al polsino la cassa da 44 mm dell’Endurance Pro qualche problemino d’ingombro lo può dare; ma è facilmente superabile anche senza dover arrotolare la manica fino al gomito come amava fare Barack Obama. Merito del cinturino morbido e avvolgente in caucciù Diver Pro, arancione, bianco, blu, giallo o rosso; e soprattutto della fibbia a doppio ardiglione (no déployante, please…) anch’essa in Breitlight. In alternativa, possono essere acquistati separatamente i cinturini Nato Outerknown in filo Econyl, rigenerato da materiali di scarto come le reti da pesca. Così, anche chi ha la coscienza ambientalista sta tranquillo, oltre che comodo.

Tiriamo le somme, allora. È vero, noi guardiamo il quarzo con un misto di ammirazione (per la sua precisione) e di sussiego (perché… ah, ma il fascino del meccanico è un’altra cosa!). E, oltretutto, possiamo contare su un polso non proprio adatto a un 44 mm. L’Endurance Pro è stato però un piacevole incontro. Ci ha convinto, oltre che per la sua vestibilità, per il suo mix di estetica e prestazioni e per la tecnologia impiegata da Breitling per crearla.

Se avete la pazienza di scrollare l’articolo in su, di andarvi a rileggere le righe in cui abbiamo parlato del Breitlight e del quarzo termocompensato e di metterle insieme a quanto scritto dopo, capirete che, per noi, questo ricorso alla tecnologia non svilisce il valore dell’Endurance Pro. Lo esalta. Perché, come spiega Sir Arthur C. Clarke, il padre di 2001: Odissea nello spazio (così chiudiamo con un’altra citazione…): «Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia».