Approfondimenti

Harry Winston e la quadratura del tourbillon

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Nel 2019 Harry Winston aveva presentato un impressionante quadruplo tourbillon da polso. Un orologio tecnicamente di grande interesse, ma un po’ difficile da gestire anche per le dimensioni: un rettangolo di 45 per 32 mm, con uno spessore di quasi 13. Emesso in serie limitata per celebrare il decimo anno della collezione Histoire de Tourbillon, il modello numero 10 affrontava un argomento intrigante: fino a che punto ci si può spingere per raggiungere o almeno avvicinarsi all’agognata precisione assoluta?

Beh, Harry Winston e i suoi tecnici (vale la pena di ricordare che il marchio appartiene alla costellazione Swatch Group, depositaria di un patrimonio tecnico di grande valore) si sono spinti molto, molto avanti. Fin quasi a raggiungere territori in cui si parla del sesso degli angeli e di altri eterei sofismi da conversazione. E però quando penso ad Harry Winston (il re dei diamanti) e a Nayla Hayek (che di Harry Winston è Amministratore Delegato), tutto mi viene in mente tranne che voli pindarici e discussioni da salotto per tecnici iniziati al culto di Santa Costanza di Marcia. Anche perché parliamo di orologi milionari. Magari c’è dell’altro.

Il tourbillon negli orologi da polso

Lo sanno tutti: il tourbillon è un’idea concepita e realizzata da Abraham-Louis Breguet, brevettata per dieci anni a partire dal 26 giugno 1801. L’organo regolatore dell’orologio (bilanciere, spirale e scappamento) è inserito in una gabbia che compie una rotazione ogni 60 secondi. Serviva a compensare gli effetti negativi della forza di gravità sulla costanza di marcia degli orologi da tasca. Tasca. Orologi che passavano la loro vita in posizione verticale, nel panciotto o nei supporti cui venivano appesi nelle ore notturne.

Il bilanciere compie una semi-oscillazione “verso terra” e la forza di gravità accelera questo movimento. Poi compie una semi-oscillazione “verso il cielo” e la forza di gravità rallenta il moto del bilanciere. Ne soffre la costanza di marcia e quindi la precisione. Breguet, inserendo l’organo regolazione in una gabbia rotante, fa in modo che ogni 360 gradi (ogni minuto) la sommatoria delle variazioni negative e positive si annulli totalmente. Un grande risultato. Orologeria batte fisica 1 a 0? In questo caso e in questi limiti sì.

Ma un orologio da polso? Un orologio da polso non sta sempre in posizione verticale. Al contrario, assume così tante posizioni diverse da trasformarsi in una sorta di tourbillon naturale. Se poi si ha l’accortezza di posare l’orologio orizzontalmente, durante la notte, l’influenza negativa della forza di gravità dovrebbe essere ridotta al minimo.
Vero, ma… Qui entriamo in discussioni per iniziati della micromeccanica di precisione. È ridotta al minimo, yes, ma rompe le scatole comunque, ’sta forza di gravità, e allora si può fare di meglio. E noi tecnici, dicono i tecnici, vogliamo sempre fare di meglio.

Di fronte a certe sfide l’orologeria va in trance, entra nell’arte esoterica. E i tourbillon da polso semplici, carpiati, inclinati, veloci, lenti, volanti o coi piedi per terra, multipli e talvolta persino sferici entrano a far parte di una lunghissima serie di esercitazioni i cui effetti pratici sono limitati, molto limitati. E però sempre più affascinanti per chi – i tecnici e chi condivide la loro ossessione per la costanza di marcia, senza se e senza ma – non vuole limiti. Andare oltre.

Il riso e la scacchiera

È una storiella edificante antichissima, attribuita via via alla cultura indiana, a quella dell’antico Egitto o persino ad Archimede. Un ricchissimo (per default una brutta persona tirannica) chiede ad un povero saggio di chiedergli qualunque cosa voglia. Per premiarlo di aver inventato il gioco degli scacchi o per qualunque altro motivo meriti un premio da ricchi, ma ricchi veri.

Il saggio in questione sogghigna e chiede gli venga dato un chicco di grano o riso per il primo quadrato della scacchiera, due per il secondo quadrato, quattro per il terzo e così via, fino a coprire i 64 quadrati della scacchiera. Il ricco e potente ride, e incarica il proprio amministratore di pagare quell’elemosina. L’amministratore fa i calcoli, esita e poi torna a farli, ma il risultato è sempre quello. Servono oltre 18.000 miliardi di miliardi di chicchi di riso o grano. Ricco e amministratore sbiancano. L’intelligenza frega la ricchezza usando come arma una proporzione esponenziale.

Carina. Ma ora vediamo la cosa al contrario. Un tourbillon elimina gli effetti negativi della forza di gravità. Tutti? Tutti tutti? Beh, quasi. Sulla pancia tonda di molte persone non è che la posizione sia proprio verticale, ad esempio. Due tourbillon possono fare di meglio. Tre ancora meglio, e quattro poi…
Questo proliferare di tourbillon migliora sì la situazione, ma in maniera esponenzialmente sempre minore rispetto alla quantità dei dispositivi. Il contrario del gioco dei chicchi di riso. E per giunta la moltiplicazione dei tourbillon rende sempre più difficile e costosa la realizzazione dell’orologio. Tanto per capirci, la versione meno sofisticata dell’Harry Winston Histoire de Tourbillon Numero 10 viaggiava sui 700.000 euro.

E qui sento il possessore di un cervello fatto di neuroni scaduti dire ma che sciocchezza, non serve a nulla. La stessa cosa spingeva a dire altre persone con neuroni avariati a dire che i freni a disco non servivano a niente e anzi favorivano i tamponamenti. Che l’iniezione elettronica rendeva le automobili schiave dell’elettricità. Che non serve a nulla fare auto da 300 all’ora se i limiti sono di 120. E così via.
Ricerca, si chiama. Talvolta si rivela molto utile, talvolta meno utile, ma la ricerca è la chiave di volta per far evolvere l’umanità (sia pur fatta da una maggioranza di persone con sogni immobili o retrogradi come gamberi). In ogni campo e in ogni settore, sia pure il più frivolo.

The Ultimate Quadri Tourbillon by Harry Winston

Ci siamo. Dieci anni di esperimenti, di ricerche, tentativi e persino autentiche follie convergono infine in un orologio da tasca. Cassa in oro bianco, pezzo unico. Si aggiungeranno solo altri otto (otto come il numero fortunato per i cinesi, otto come i lati del taglio dei diamanti tipico di Harry Winston) meno accecanti di luce. 272 diamanti taglio baguette per un totale (base compresa) di 27,17 carati. Cui si aggiunge, sopra il logo Harry Winston, sul quadrante, un nonnulla da mezzo carato, taglio smeraldo, e infine un piccolissimo rubino da 0,001 carati.

Ma io mi attizzo molto di più per il movimento, composto da 662 componenti (dei quali 78 per ogni tourbillon) montati sulla bellezza di 95 rubini. Ponti in platino, quelli dei tourbillon in titanio e tutta la doverosa sinfonia delle finiture tradizionali, epperò reinterpretate in chiave attuale.
Ogni coppia di tourbillon è mossa da una coppia di bariletti a rotazione rapida (scaricano una rotazione ogni 3,2 ore), in serie. E ovviamente con brida scorrevole a piena carica per non rischiare di rompere le molle caricando l’orologio.

Interessante la scelta di far muovere i tourbillon in senso antiorario e a grande velocità: compiono una rotazione ogni 36 secondi, non ostante il bilanciere si muova a 21.800 alternanze/ora. Si risparmia una ruota dentata e quindi energia. È chiaro che in quest’orologio tutto è ottimizzato per ottenere il massimo effetto positivo sulla costanza di marcia e chissenefrega del resto. E già la velocità della gabbia, quasi doppia rispetto al solito, la dice lunga, sotto questo aspetto. In ognuna delle due coppie il tourbillon è indipendente, nel senso che se ne frega di entrare in risonanza con l’altro.

Al contrario, la differenza facilita, in un certo senso, il gioco di sommatoria (+ o – qualche secondo al giorno: quel che conta è che, ad esempio, +4/-3 dia come risultato +1) che porta ad una miglior costanza di marcia. Questa sommatoria viene di fatto “eseguita” da un pignone fra i due tourbillon. Altrettanto avviene per la seconda coppia di tourbillon. E il moto viene poi convogliato a un terzo pignone che a sua volta lo trasmette al treno del tempo. Concettualmente la cosa non è poi così sbalorditiva (questo gioco di pignoni era già presente nel Quatuor presentato da Roger Dubuis al Sihh del 2013: però erano quattro bilancieri, non quattro tourbillon). Ma il difficile sta nella realizzazione.
Tu mi dirai: ecchissenefrega. A me cosa ne viene? Va bene: ora te lo dico.

Tanta fatica per nulla?

Sembra che la cosa sia wow, ma alla resa dei conti potrebbe essere considerata un’esercitazione tecnica per gente ricchissima. Gente che non sa più dove buttar via i soldi e non riesce a centrare le mie tasche. Certo, alla resa dei conti non è poi folle pensare così. Ma l’occhio del tecnico ha bene in mente altri obiettivi.
Oltre al gioco – esponenzialmente a perdere – sulla costanza di marcia (ma ormai il progresso è tale che per ottenere un zinzino meglio bisogna lavorar di progetto e prototipi per anni), quel che avrà riflessi sull’orologeria “da strada” è lo studio sul modo di immagazzinare e distribuire l’energia, magari riducendo i consumi.

Io mi sarei persino spinto oltre, mettendoci un fuso per ogni coppia di tourbillon ed ottenere quindi maggior costanza di cessione d’energia. Ma avrebbe causato consumi ancor più elevati, dal momento che non ostante i quattro bariletti l’autonomia complessiva è di 55 ore, poco più di due giorni. Che comunque 55 ore non sono poche, per un orologio di questo tipo. Se ci pensate bene, se ci fate caso, l’Ultimate Quadri Tourbillon di Harry Winston si inscrive autorevolmente nell’attuale filone che, da Patek Philippe a Swatch (il Sistem51), cerca di gestire con padronanza l’energia degli orologi meccanici.

Al netto dei brillanti, del bellissimo arco per sostenere l’orologio in verticale durante le ore notturne, l’Ultimate Quadri Tourbillon di Harry Winston costituisce una pagina tecnica di tutto rispetto. Tecnica, ripeto, e poco c’entra la gioielleria di cui Harry Winston è indubbiamente fra i maggiori esponenti. Tanto di cappello. E non venitemi a dire che i grandi gioiellieri non riescono a fare anche grandi orologi, se possono contare sui tecnici giusti.