Da non crederci: Coco Chanel non ha mai rilasciato interviste o vere menzioni riguardo al suo amore per questa candida cultivar giapponese. Solo una volta, quando una giornalista le chiese cosa mangiasse al mattino, rispose: «Una camelia». Frase di sicuro non preparata, uscita da una fantasia costruita sui libri, i segreti e lo spirito del tempo. Con un certo pensare snob o intellettuale, magari ispirato da libri o artisti, è stata la prima a dare importanza a materiali e simboli (es: tweed, perle, leoni, stelle, eccetera…), prima considerati popolari. Come Marcel Proust dava un significato a tutto.
E per lei questa acidofila divenne il simbolo di raffinatezza, coesione e ambiguità. Leggenda narra che Mademoiselle Coco fu impressionata da un’interpretazione di Sarah Bernhardt in La signora delle camelie. Più che per le doti del personaggio Marie Duplessis (una cortigiana che appuntava ogni sera al vestito una camelia bianca o rossa), Mademoiselle, da astuta e razionale che era, volle questo fiore come portafortuna. Ne analizzò le qualità estetiche e la elesse a suo passepartout. Grazie ai petali così precisi e grafici, la trasformò in una spilla, cugina perfetta dei suoi cappelli. E, come per certi copricapi, per realizzare le camelie occorrono ancora oggi tessuto, vapore e utensili di precisione.
Gabrielle amava le camelie sulle donne perché erano senza profumo (così ognuna poteva indossare il suo) e illuminavano gli abiti in chiffon che realizzava per loro. Era il 1923 quando ne posò una sui fianchi: e da allora quel fiore, come la Camellia Sasanqua, fiorisce anche d’inverno in ogni categoria Chanel. Nel make-up si posa su rossetti o polveri compatte e aleggia perfino nei profumi, con il nitore dei petali e l’idea dell’essenza evocati dalla gardenia. Nella moda Coco, Karl Lagerfeld e oggi Virginie Viard propongono questi boccioli in mille varianti grazie ai laboratori Lemarié, che li realizzano in esclusiva. Il culmine lo raggiunse Karl, quando realizzò nel 2005 un abito da sposa con più di 2.000 camelie; poi l’anno scorso Virginie Viard, in un giacchino di batuffoli di camelia. Per l’ultima collezione di Haute Couture, sempre Virginie ha chiesto al regista Anton Corbijn di disegnarne una sull’invito.
La gioielleria prima (era il 2001) e l’orologeria poi non hanno resistito a fregiarsi di questo fiore stondato nelle loro collezioni. Se il “debutto” fu nel 2005, da allora non si contano le versioni con variazioni fra le più diverse: con quadrante ricamato da Lesage (il Mademoiselle Privé brodé par Lesage), con tourbillon su cassa trasparente (Première Squelette Camélia) o a vista (il Première Tourbillon Volant). E ancora con i petali incastonati sulla cassa (montre Camélia), con madreperla sul quadrante (Mademoiselle Privé Marqueterie), e sulla manchette in tweed in cui la camelia nasconde minuti e ore (Mademoiselle Privé Bouton).
Oggi il più costoso invece è il Camélia Baroque, un esemplare dell’ultima collezione di alta gioielleria dedicata a Venezia. Ci vogliono 650mila euro per averlo. Ma il prezzo è giustificato dall’importante caratura oltre che dalle lavorazioni orafe. Patrice Leguéreau, Direttore dello Studio de Création Joaillerie Chanel, l’ha immaginato guardando le cornici di vetro degli specchi veneziani nell’appartamento di Mademoiselle in rue Cambon. Un orologio che rappresenta il dono ideale di un moderno Casanova o l’espressione massima di una donna indipendente che però non rinuncia al proprio carattere complesso e romantico. Un fiore che brilla di notte e che è, allo stesso tempo, un investimento per il futuro.
Una scelta che si bilancia perfettamente con il Première Extrait de Camélia: modello ben più essenziale, in cui il lato frivolo del fiore è tutto nel charm mobile legato alla corona. Solo mille pezzi al mondo. Che sia, o no, tempestato dai diamanti, porta ancora più lo sguardo alle tipiche forme ottagonali Art Déco. Dopo il successo di Mademoiselle (anche lei diventata un charm grazie ad Arnaud Chastaingt sul modello J12 Mademoiselle Acte II), ora a smuovere la geometria perfetta del Première è un ciondolo.
Avete paura di rovinare con questo pendente sempre in movimento la cassa con segni o striature? Chi l’ha provato garantisce che la gravità faccia in modo che il fiore resti più a contatto della pelle di quanto si pensi. E ogni volta che si muoverà penserete a chi ve lo ha regalato – visto che, nel linguaggio dei fiori, i sentimenti collegati alla camelia sono amore, stima e ammirazione. Doti già raccontate dal medico e botanico Carlo Linneo, che nel 1735 l’aveva dedicata al religioso Joseph Kamel. Questo fiore infatti non perde i petali e ricorda chi sa affrontare bene le difficoltà. Altra particolarità: se i petali si staccano, di norma, lo fanno accompagnati dal calice, dopo che il fiore è appassito. Ecco perché in Cina la camelia rappresenta l’unione perfetta e la devozione tra due innamorati.