Protagonisti

Guido Terreni, Michel Parmigiani e la forza del pensiero lento – 1

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Intervista al Ceo di Parmigiani Fleurier, Guido Terreni. In due puntate

L’orologeria, oggi come ieri, cerca personaggi eccezionali. Cerca soprattutto tecnici in grado di far progredire l’arte della micromeccanica. L’obiettivo è quello di migliorare sempre sotto tutti gli aspetti: dall’estetica all’efficienza del movimento meccanico, ogni orologio nasce da un personale equilibrio fra un’infinità di parametri. E però noi dimentichiamo spesso che tu puoi fare l’orologio più bello del mondo, il migliore in assoluto, ma se non sai venderlo, se sei “fuori prezzo”, se non puoi consegnare nei tempi previsti, comunque il tuo orologio è destinato al fallimento. È, per certi versi, quel che accade in una orchestra: hai il grande solista, hai una bella quantità di musicisti fantastici, ma senza il direttore d’orchestra non vai lontano.

Nella musica il direttore d’orchestra è il protagonista quasi assoluto. In orologeria un po’ meno. Sì, certo, le interviste vengono quasi sempre fatte ai dirigenti, ma spesso con una certa diffidenza dovuta al fatto che i dirigenti, talvolta, cambiano casacca, proprio come gli allenatori di una squadra sportiva. Eppure sono determinanti.
Guido Terreni, ad esempio, viene da Bulgari – dove ha trascorso 20 anni, fino a diventare Direttore del reparto orologi – e dalla fine dello scorso anno è Ceo di Parmigiani Fleurier. Un fatto importante, con molte implicazioni che – la faccio corta – scopriremo parlando con lui.

Partiamo dalle tue peculiarità professionali. Spicca quella di aver sempre fatto marketing “buono”. Io considero cattivo il marketing che promette più di quel che mantiene, e ovviamente buono il contrario. Quello buono prima ti incuriosisce e poi ti lascia il piacere di una sorpresa inaspettata. Lo hai fatto nel passato e immagino lo farai anche con Parmigiani Fleurier. Hai già trovato modelli sui quali basarti?

Guido Terreni: «Vuoi la verità? No. Sto ancora studiando la marca. Un po’ perché Parmigiani Fleurier è un’entità molto più complessa di quanto possa apparire a prima vista. Ma è ovviamente anche molto diversa dalle mie precedenti esperienze.
Non posso e non voglio fare un copia/incolla del mio passato. Piuttosto voglio procedere con i tempi necessari per capire meglio sia la marca che i suoi clienti. Parmigiani Fleurier è una marca colta, molto colta, e questo è un piacere personale e professionale: corrisponde moltissimo alla mia visione del vero lusso. Il vero lusso, come hai detto, non è un esercizio di marketing. Il vero lusso è un’emozione, un piacere intimo, che poi chiaramente si riverbera anche sull’effetto che ha sugli altri. È una scelta di gusto, di cultura, di affinità personale.

Non sono tante le persone che conoscono la ricchezza interiore di questo marchio e io stesso lo conoscevo solo dall’esterno. Avrò pure vent’anni d’esperienza nell’orologeria “di lusso”, ma quando entri in Parmigiani Fleurier la scoperta ti apre nuovi orizzonti. A partire dal suo fondatore, Michel Parmigiani, che è una persona di eleganza interiore e valoriale sopraffine. La sua natura, i suoi interessi stanno nel voler perpetuare l’arte della meccanica. Per sempre. Parliamo di una leggenda vivente dell’orologeria e dare del tu ad una leggenda dell’orologeria è un privilegio enorme. Ho bisogno di tempo. Non ostante i miei vent’anni d’esperienza nell’orologeria, mi sto rendendo conto che ora devo vedere tutto con occhi diversi».

Parmigiani Fleurier, per giunta, è una marca straordinaria perché è l’unica, fra le artigianali, ad avere una struttura di produzione articolata per realizzare da sé tutto quel che è importante sia “fatto in casa”. E produce componenti anche per altre marche artigianali. Per un dirigente con forti competenze tecniche come te deve essere un piccolo paradiso in terra…

Guido Terreni: «Qualità e competenza tecnica. Sono le due ragioni per cui ho scelto di aderire a questa sfida, che è una sfida grande perché Parmigiani è un marchio che ha bisogno di ritrovare un po’ la direzione. E le sfide mi piacciono. Ma poi, effettivamente… Parmigiani Fleurier è chiaramente una marca di nicchia, non avrebbe la massa critica per sopportare, da un punto di vista economico, una struttura produttiva così articolata. Ma aprendo questa struttura ad altri marchi e condividendo con loro la possibilità di realizzare componenti di estrema qualità, allora tutto è diverso.
Avere questo a disposizione è una fortuna, è un piacere. Ti consente di avere un dialogo con la parte tecnica e tu sai quanto mi appassioni. E il meglio ancora è poter discutere di una tua intuizione con persone straordinarie che non si limitano a fare da “bravi esecutori”, ma che ti rilanciano, moltiplicato, ogni stimolo ricevuto. Anche questo però richiede tempo. È una sensazione spettacolare poter avere delle intuizioni e scoprire che ti vengono rilanciate con altre idee ancora e altri dettagli. Il risultato arriverà nel tempo. Oggi stiamo ragionando in una maniera molto introspettiva, molto profonda, cercando di aggiungere un tocco di contemporaneità allo stile che forse potrebbe essere più attuale
».

Nessuna fretta, quindi?

Guido Terreni: «Beh, entro certi limiti, è chiaro. Stiamo parlando comunque di una impresa che come tutte deve rispondere a determinate regole. Bisogna far tornare i conti. La pressione per fare le cose abbastanza rapidamente c’è, però tu sai che io non faccio le cose rapide a priori. Cerco di conciliarle con la qualità. Ma qui la struttura è diversa, molto peculiare.

Ci sono interi reparti tecnici che lavorano uno accanto all’altro, in simbiosi. L’integrazione, qui, è un valore vero e ti consente di essere molto più rapido rispetto ad altre situazioni. Poter parlare in maniera sincrona dello sviluppo con i vari reparti è una vera fortuna. Chiaramente all’inizio ci baseremo sui movimenti già esistenti perché non c’è il tempo di introdurre un movimento nuovo. Servirebbero anni e non avrebbe senso anche perché i calibri di Parmigiani Fleurier sono stratosferici. C’è già un assortimento tecnico di “motori” eccezionali e quindi non ho bisogno, come mi era accaduto precedentemente, di creare quel che non c’era. Dobbiamo quindi valorizzare il già presente e trovare uno stile che esalti gli elementi di iconicità presenti nel marchio, ma che non sempre vengono utilizzati in maniera comprensibile per il pubblico finale. Per ora il mio principale obiettivo è quello di rendere più chiara, più percettibile l’anima di questo marchio meraviglioso che oggi conoscono in pochi. Poi…». (continua)