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Abraham-Louis Breguet e Napoleone. “Ei fu. Siccome immobile…”

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A dirla tutta, Abraham-Louis Breguet deve aver dato un bel sospiro di sollievo al “mortal sospiro” (Manzoni dixit) di Napoleone. Perché fra i due non c’erano mai stati grandi rapporti. Napoleone probabilmente rimproverava a Breguet la sua indole monarchica, prima, e rivoluzionaria, poi.

Beh, a quei tempi in realtà era piuttosto difficile cavarsela in un tourbillon (battutaccia!) di eventi che hanno cambiato il mondo nel giro di un decennio, fra il 1789 e il 1799, quando Napoleone dichiarò conclusa la fase rivoluzionaria. Periodo seguito, poi, dal decennio dell’Impero napoleonico (1804-1814) e culminato infine dalla restaurazione della monarchia dei Borboni (1814). Abraham-Louis Breguet, nato nel 1747 e morto nel 1823, è stato travolto in pieno da tutti questi avvenimenti. E dalle loro conseguenze.

Breguet e i potenti del suo tempo

L’apice della carriera di Breguet si chiama Maria Antonietta. Nello specifico parliamo dell’orologio che una misteriosa persona ordinò alla Breguet (senza limiti di spesa: bastava fosse il meglio del meglio) per farne dono alla Regina di Francia. Il gossip dice che l’ordine provenisse da un presunto amante o spasimante (forse il conte Hans Axel von Fersen) di Maria Antonietta. Che era grande estimatrice ed acquirente di Breguet. Sta di fatto che l’orologio venne purtroppo completato molti anni dopo che la Regina aveva perso la testa nella ghigliottina rivoluzionaria. Ma Breguet lo tenne sempre da parte per Maria Antonietta.

Alla Rivoluzione Abraham-Louis Breguet era piuttosto favorevole, anche a causa della propria amicizia con Jean-Paul Marat, la cui sorella Albertine produceva lancette per gli orologi Breguet. Non solo: Jean-Paul Marat, di origini sarde, veniva da una famiglia emigrata in Svizzera, a Boudry – 8 km da Neuchâtel, dove Abraham-Louis Breguet era nato. Erano “compaesani”, insomma. E fu proprio Breguet a salvare Marat dalla folla inferocita che voleva ucciderlo (lo fece travestire da vecchietta e lo portò in salvo tenendolo sottobraccio). E più tardi fu proprio Marat a fornire poi a Breguet il salvacondotto che gli consentì di rifugiarsi in Svizzera, mentre lo stesso Marat finì accoltellato da Charlotte Corday.

Breguet, insomma, seppe barcamenarsi in tempi grami e pericolosi, ma non si interessò mai più di tanto di politica. Non a caso anche in piena Rivoluzione conservò ottimi rapporti con l’aristocrazia di mezzo mondo, pur se questo lo costrinse a tornare in Svizzera, nel 1793 dopo la morte dell’amico Marat. Solo nel 1795, dopo la caduta di Robespierre, il nuovo governo gli consentì di rientrare nel suo laboratorio, devastato nel 1794, durante il periodo del Terrore.

Il primo incontro fra un membro della famiglia Bonaparte e Breguet avvenne nel 1797, quando il generale Charles-Victor-Emmanuel Leclerc, che di lì a poco sposerà Paolina Bonaparte, aprì le danze. E con ogni probabilità fu proprio lui a segnalare Breguet a Napoleone.

Napoleone d’Egitto e il Breguet insabbiato

Abraham-Louis Breguet, a primo coronamento di una carriera che aveva resistito alla caduta della monarchia e agli anni più sanguinosi della Rivoluzione francese, ottenne una menzione d’onore, allora massimo riconoscimento, alla prima Esposizione nazionale dei prodotti dell’industria francese di Parigi, al Champ-de-Mars, dal 17 al 21 settembre 1798.

In quello stesso 1798 Napoleone era un personaggio molto amato in Francia. La sua crescente popolarità rendeva però diffidente il Direttorio, che decise di spedirlo in Egitto per toglierselo dai piedi e per bloccare agli inglesi l’accesso all’India. Prima di partire, Napoleone – che sapeva ben gestire la propria immagine – comprò tre orologi Breguet. Erano gli assoluti status symbol dell’epoca e quindi la sua immagine ne guadagnava. Ma erano anche orologi eccezionalmente robusti, precisi ed affidabili. Gli strumenti di cui Napoleone aveva bisogno.

Gli acquisti? Il tasca con ripetizione n. 38, definito “segnatempo con scappamento isolato”; la pendola da viaggio n. 178 con calendario e ripetizione; e l’orologio perpetuo (ossia a ricarica automatica) a ripetizione n. 216. Per un totale di circa 7mila franchi. Il Breguet 216 sarà stizzosamente restituito a Breguet, nel 1801, perché non funzionante. Certo che portare con sé un ripetizione minuti nelle sabbie d’Egitto non era una grande idea. O forse è un indizio di quanto il generale Bonaparte avesse sottovalutato le difficoltà dell’impresa.

E infatti da un punto di vista militare la spedizione fu un deciso insuccesso. E l’anno dopo Napoleone tornò in Francia, quasi di nascosto, prima che il suo prestigio ne soffrisse. Sbarcò a Frejus, a metà strada fra Cannes e Saint-Tropez, e di lì iniziò un percorso trionfale verso Parigi, dove con il decisivo aiuto del fratello Luciano evitò di essere dichiarato traditore e quindi ghigliottinato. Perché il Bonaparte stava per fare il colpo grosso. E infatti pochi giorni dopo, il 18 Brumaio 1799, il colpo di Stato era compiuto. Tre Consoli assumevano su di sé pieni poteri: Roger Ducos, Sieyès e Napoleone, appunto, che più tardi si fece nominare Console a vita e, infine (18 maggio 1804), Imperatore dei francesi.

A Napoleone Abraham-Louis Breguet sta sullo stomaco

Sta di fatto che quei tre orologi d’Egitto furono l’unico acquisto che Napoleone fece da Breguet. Molte prove dimostrano che Napoleone lo avesse in decisa antipatia. Né si pensa Napoleone abbia gradito l’idea che il suo ripetizione minuti guasto venisse – secondo i gossip dell’epoca – ripulito, riparato e rivenduto da Abraham-Louis Breguet. Genio della meccanica, ottimo industriale e commerciante assennato, ma poco, molto poco diplomatico. Cosa pericolosa, quando di fronte hai un uomo come Bonaparte.

E allora Napoleone non muoverà un dito per far entrare Breguet nell’Accademia delle Scienze. Non gli farà mai avere la Legion d’Onore, che pure Breguet avrebbe meritato per i numerosi premi ottenuti alle esposizioni internazionali, portando alla Francia un prestigio di cui l’Impero aveva bisogno. Napoleone non gli darà il brevetto di Fornitore di corte né nominerà mai Breguet Orologiaio della Marina, preferendogli nel 1802 Ferdinand Berthoud. E arriverà poi ad osteggiarlo apertamente, imponendo alla propria famiglia di non comprare i suoi pur ambitissimi orologi. Perché?

Probabilmente la causa non fu tanto il trionfale passato di Breguet con la Corte di Luigi XVI. Napoleone, piuttosto, deve essersi fatto saltare la mosca al naso per i suoi stretti legami con l’Inghilterra e la sua amicizia con lo Zar Alessandro I, che verrà a trovarlo a Parigi e nel 1808 nominerà Breguet Orologiaio di Corte e della Marina, fin quando le sanzioni contro la Francia non bloccheranno le esportazioni.

Clienti sì, clienti no

All’inizio l’atteggiamento della famiglia Bonaparte nei confronti di Breguet è entusiastico. Marie-Josèphe-Rose Tascher de La Pagerie (Giuseppina di Beauharnais), moglie di Napoleone, compra da lui alcuni orologi nel 1798 e nel 1800; Luigi e Luciano Bonaparte (fratelli) comprano nel 1800 e nel 1801; Giuseppe Bonaparte (fratello) nel 1801 e il generale Leclerc (primo marito di Maria Paola Bonaparte, sorella) comprerà, fra il 1798 e il 1801, la bellezza di 19 orologi.

Poi, dopo la restituzione del ripetizione minuti, nel 1801, sembra che i Bonaparte diventino allergici agli orologi Breguet. Più nessuna vendita a Napoleone e nemmeno ai parenti. E la cosa andò avanti fin dopo l’incoronazione ad Imperatore, nel 1804. Come se qualcuno avesse espressamente vietato alla propria famiglia di comprare orologi Breguet. Peggio ancora, la voce sembrò spargersi e le vendite in patria calarono proprio in un periodo particolarmente propizio per la vendita di oggetti di lusso. Fra l’incoronazione di Napoleone e la nuova ricchezza della Francia le occasioni per soddisfare la propria vanità non mancavano certo.

Fortunatamente, se calavano quella in patria, le vendite all’estero di Breguet migliorano in continuazione, insieme alla sua fama. E forse anche per questo la famiglia Bonaparte (piuttosto avida di onori e ricchezze) finisce per cedere. E torna ad aprire i cordoni della borsa.

Napoleone Bonaparte e il “tengo famiglia”

Nepotismo? Necessità di piazzare persone fidate nei posti chiave dell’Impero? Sta di fatto che Napoleone trattò piuttosto bene i quattro fratelli e le tre sorelle.

Giuseppe, il maggiore, fu Re di Napoli dal 1806 al 1808 e Re di Spagna dal 1808 al 1813.

Luciano, che pure gli aveva salvato la vita (davanti al Direttorio che accusava Napoleone sguainò la spada dicendo che se solo avesse sospettato un tradimento sarebbe stato il primo ad uccidere suo fratello) fu solo Ministro. Sposò Alexandrine de Bleschamp, vedova del banchiere Jouberthon, e questo non piacque a Napoleone, che voleva usarlo per stringere alleanze. Luciano, insomma, fu l’unico ad esser trattato come la pecora nera della famiglia.

Luigi diventò Re d’Olanda. Sposò la figlia di Giuseppina di Beauharnais, Ortensia, e loro figlio Napoleone III fu l’ultimo Re di Francia.

Girolamo fu prima Re di Vestfalia, poi Principe di Montfort e infine Maresciallo di Francia.

Elisa sposò, contro il volere del fratello, il capitano Felice Baciocchi, membro della nobiltà corsa. Non ostante il disappunto, Napoleone creò e assegnò a Felice il principato di Lucca e Piombino. L’anno dopo (proteste della sorella?) Napoleone aggiunse il ducato di Massa e Carrara. Di fatto, a governare era quel peperino di Elisa Bonaparte, che poi ottenere di riunificare il tutto in un unico governo insediato a Firenze. Messo da parte il marito, la nuova struttura venne affidata ad Elisa, dichiarata Granduchessa di Toscana.

A Napoli venne insediato Gioacchino Murat, vecchio amico e collega di Napoleone nonché marito della sorella Carolina Bonaparte, che divenne Regina di Napoli.

E infine la bellissima Maria Paola Buonaparte, per gli amici Paolina, prima moglie e poi vedova del generale Victor Emanuel Leclerc, amico di Napoleone. Il quale, dopo un anno di vedovanza, la fece sposare con il Principe Camillo Borghese. Venne nominata dal fratello Principessa di Guastalla.

Dopo l’incoronazione di Napoleone, la famiglia Bonaparte si scatena: e compra, compra orologi Breguet. Comincia nel 1805 Gerolamo, che nel periodo fino al 1809 comprerà ben 12 Breguet. Meglio di lui fa Carolina Murat, che collezionerà almeno 34 Breguet, fra cui il progenitore degli orologi da polso, da cui discenderà l’attuale Reine de Naples. E così via. Complessivamente, tra il 1797 e il 1814 la famiglia di Napoleone comprerà circa cento Breguet. Equivalenti all’intera produzione di un anno “ricco” come il 1798.

Abraham-Louis Breguet, le vacche magre e la lettera a Napoleone

Ma gli anni di vacche magre arrivano con l’isolamento della Francia dal resto d’Europa. Non ostante gli acquisti fatti da militari e politici francesi, alla fine Abraham-Louis Breguet si vede costretto a scrivere a Napoleone (1811) per lamentare la propria situazione economica, disastrosa. Breguet ricorda a Napoleone che il 90 per cento della sua produzione veniva esportata. E ora le esportazioni sono bloccate. Un tantino esagerato – in realtà Breguet vendeva all’estero percentuali che salgono, tra il 1798 e il 1811, dal 30 al 65 per cento. Ma si sa che queste cose vanno così. Breguet conclude la lettera chiedendo a Napoleone di far acquistare alla Francia orologi per una somma fra i 12mila e i 15mila franchi al mese per un anno e mezzo.

Napoleone si limita a passare la lettera alle autorità della Marina, che però lasciano cadere la richiesta. La motivazione? Breguet non è in grado di produrre i cronometri da Marina economici di cui loro hanno bisogno.

Ma dopo qualche mese Napoleone comprende che far fallire Breguet non conviene alla propria immagine, e fa ordini per 250mila franchi in due anni. Più di 130 orologi al prezzo medio di 1.900 franchi ciascuno. L’equivalente del fatturato di un anno ottimo come il 1805.

Per capirci meglio sulle monete, fino ai tempi di Luigi XVI la moneta ufficiale francese era la livre tournois (livre di Tours o lire tornesi) e una famiglia nobile poteva dirsi ricca se aveva una rendita di 100, 150mila livres all’anno. Ma in provincia te la cavavi benissimo anche con 10mila. Il re Luigi XVI nel 1774 concesse al fratello Luigi Stanislao (che in seguito sarebbe a sua volta diventato re con il nome di Luigi XVIII) il ducato di Alençon, che generava rendite per circa 300mila livres l’anno. Nel 1795 il governo rivoluzionario sostituì la livre tournois con il franco francese, che aveva un valore quasi equivalente, solo leggermente superiore.

Per Breguet saranno comunque tre anni neri. E però anche la stella di Napoleone si sta spegnendo. Nel 1814 i Borboni tornano re e Napoleone cerca in ogni modo di reagire. Poi l’esilio all’Elba, il ritorno in Francia, i 100 giorni, la caduta definitiva e infine Sant’Elena, dove muore il 5 maggio 1821. Esattamente 200 anni fa.

Morto Napoleone, le vendite in patria e all’estero s’impenneranno. Un sospiro di sollievo… E Luigi Stanislao Saverio di Borbone-Francia (ossia il Re Luigi XVIII di Francia, fratello minore del decapitato Luigi XVI) sarà uno dei massimi estimatori di Abraham-Louis Breguet.

Ah, e non è affatto vero che Napoleone fosse di bassa statura. Gli inglesi ne misurarono l’altezza in un metro e settanta, che all’epoca era superiore alla media.