Certe cosa vanno dette con chiarezza. Quando Girard-Perregaux ha annunciato in pompa magna la collaborazione con Aston Martin mi sono detto che sì, la cosa era carina, ma mica diversa da tanti altri accoppiamenti fra orologi e auto. Il nome dell’orologio? Girard-Perregaux Tourbillon with Three Flying Bridges – Aston Martin Edition. Tourbillon su Tre Ponti Volanti.
Il frutto di questi accoppiamenti talvolta è piacevole, talvolta banale, spesso assolutamente rinunciabile. La mia prima reazione è quindi stata l’idea di relegare il tutto in un ideale cassetto che ho intitolato “Chissenefrega”. E però non mi fido mai delle reazioni a caldo, nemmeno delle mie. Ci ho dormito sopra perché qualcosa mi ronzava per la testa. Un dubbio che ancora non riuscivo nemmeno a formulare. Ma qualcosa, dal cassetto “Chissenefrega” sembrava mandarmi un richiamo a ragionare. Poi ho capito. E ho deciso di seguire la conferenza stampa telematica. Ora vi racconto.
Girard-Perregaux, ma soprattutto Patrick Pruniaux
Patrick Pruniaux (l’ho intervistato qui) è il responsabile di Girard-Perregaux e Ulysse Nardin, le due marche d’alta orologeria appartenenti al gruppo Kering. Quando l’ho intervistato la mia personale impressione è stata positiva, molto positiva. Migliore, per dirla tutta, di quanto ho espresso nell’articolo. Proprio perché non mi piace cedere ai facili entusiasmi e fare la parte di quello che si ruffiana il capo. Non mi era quindi facile capire per quale ragione Pruniaux si spendesse in maniera diretta per una serie di 18 orologi che, in un certo senso, nemmeno costavano molto: 146mila dollari l’uno, circa 123mila euro. E sono andati via in pochi giorni nemmeno fossero ghiaccioli gratis in un pomeriggio d’agosto.
E poi il dubbio. Girard-Perregaux fa tourbillon su tre ponti d’oro fin dal 1889. Dov’è la novità? Nella parola flying, “volante”. E durante la conferenza stampa ho avuto la conferma ai miei dubbi: modificare radicalmente l’architettura meccanica del movimento e costruire una cassa decisamente innovativa non era solo un fenomeno passeggero per vendere 18 orologi. Era l’inizio di una storia. E alla fine la conferma l’ho ricevuta proprio da Patrick Pruniaux, quando gli ho chiesto se il compito della nuova cassa si sarebbe esaurito qui. Ha fatto uno dei suoi rari sorrisi e mi ha detto che in effetti avevo colpito il bersaglio. Questo è un inizio e ne vedremo presto altri sviluppi. Ma non se ne parli più, per ora.
La storia dei Tre Ponti
Nell’orologio iniziale, il “tasca” del 1889 chiamato Esmeralda, i tre ponti servivano a sostenere il bariletto, in alto, le lancette, al centro, e la gabbia del tourbillon, in basso. Il tutto era montato sulla parte posteriore della platina, ossia la piastra che fa da supporto alle parti del movimento. Ed era visibile solo dal lato opposto al quadrante.
Fu Luigi “Gino” Macaluso (1948/2010), proprietario di Girard-Perregaux per circa vent’anni, ad avere l’idea geniale di portare ponti e lancette sullo stesso lato, creando una lunga e fortunata serie di orologi in cui questa architettura era finalmente ben visibile. In seguito si sperimentò ogni tipo di materiali, ma l’architettura del movimento rimaneva sostanzialmente invariata. Solo negli ultimi anni si erano cercate altre strade per seguire la moda delle trasparenze meccaniche, ma nulla di simile a questo Girard-Perregaux su Tre Ponti Volanti per Aston Martin.
Analisi tecnica del Girard-Perregaux su Tre Ponti Volanti per Aston Martin
La faccio breve, perché tanto scommetto che dovrò tornare sull’argomento dopo l’estate. In buona sostanza i tre ponti assumono una forte curvatura trasversale e si congiungono con tre ponti inferiori, pressoché speculari, che fungono da platina. Le componenti del movimento seguono un percorso che va dalla struttura centrale, coincidente con la posizione della corona. Per arrampicarsi poi fino al bariletto, in alto, coassiale con un piccolo rotore in oro bianco. Scendendo infine in verticale sul ponte centrale e infine quello del tourbillon. Con l’unica (quasi) eccezione di un piccolo ponte che sostiene la ruota di collegamento al tourbillon. Un piccolo “braccio” (visibile dal lato fondello) che esce dal ponte inferiore.
Mi sono tenuto in una sintesi davvero estrema che – noteranno i più esperti – ha qualche lacuna. Ma in questo caso mi interessava solo far capire quanto profondamente sia stata cambiata l’architettura del movimento per eliminare di fatto la platina. Abbiamo quindi tre ponti e una platina divisa in tre parti, di forma quasi identica ai ponti.
È chiaro che nessuno è così pazzo da studiare e realizzare tutto questo casino per soli 18 esemplari nemmeno poi troppo costosi, in fin dei conti. Anche per questo sono andati esauriti in men che non si dica. Ci sarà un futuro che (è solo una mia ipotesi logica: davvero non so nulla) potrebbe un giorno limitarsi ad avere, in luogo del tourbillon, solo lo spettacolare bilanciere recentemente utilizzato da Girard-Perregaux.
Ma non finisce qui: anche la cassa è solo un primo assaggio
Ne parlo per ultima, ma nella conferenza stampa telematica la cassa del Girard-Perregaux su Tre Ponti Volanti per Aston Martin è stata la prima cosa che mi ha colpito. Anche in questo caso è una di quelle genialate che bastava pensarci. E qualcuno ci ha pensato. In estrema sintesi, abbiamo non uno, ma due vetri box (di quelli a forte curvatura, che riprendono la forma dei vetri sintetici di una volta) montati su una carrure (la parte mediana della cassa) molto più sottile del solito. Del resto con due vetri box diventa facile ottenere lo spessore necessario per il movimento, riducendo quello della carrure. Che ovviamente è determinato dalla necessità di fornire solido fissaggio per i tre ponti e le tre platine.
Ma tra il dire e il fare, come dice l’antico proverbio, c’è di mezzo il mare. E potrete rendervene conto osservando i sei punti di attacco nella foto frontale, quella con totale trasparenza. Guardando e riguardando vi renderete conto, come ho fatto io, che si tratta di una soluzione di estrema eleganza sia estetica, sia tecnica. E ricca di sviluppi futuri: i tre ponti e le tre “platine” possono essere realizzate con una infinità di materiali diversi. Ecco perché mi sono subito convinto che questo sia solo il primo passo verso una nuova generazione di Tre Ponti. Volanti. Tutti sempre per Aston Martin? Forse sì, forse no: non ne ho davvero idea. Ma mi entusiasmo comunque a pensare quanti e quali possano essere le variazioni sul tema solo giocando con i materiali usati e con (wow!) i colori.
Girard-Perregaux su Tre Ponti Volanti per Aston Martin: i dettagli
Studiate bene le foto, che abbiamo ingrandito quanto più fosse possibile. Vedrete ad esempio che il microrotore in oro bianco porta incisa la scritta Aston Martin sulla parte esterna. Ma l’incisione è riempita di materiale luminescente che al buio fa la sua porca bella figura. Un dettaglio mooolto smart. Come pure la forma degli indici che, poggiati su una fascia periferica inclinata salgono fino ad appoggiarsi, quasi, al vetro box superiore. Facilitando molto la lettura (in ogni condizione di luce: la parte centrale è ricoperta di materiale luminescente) e al tempo stesso creando affascinanti effetti ottici.
Sommate tutto: movimento, dettagli e cassa. E poi venitemi a dire che non c’è tecnica nell’estetica. Vorrei potervi dire, come al solito, di andare da un concessionario Girard-Perregaux per dare un’occhiata, ma i 18 esemplari di questo Tre Ponti Volanti per Aston Martin sono già al polso di altrettanti fortunati collezionisti. Ne riparliamo a settembre. Spero. Quando dovrebbe uscire… Beh, ancora non so cosa, ma cerco di immaginare.