Attualità

Gino Macaluso, una vita per la meccanica d’eccezione. In un libro

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Diciamolo subito: questo tipo di libri è spesso un po’ noioso. Biografie in cui le azioni del biografato non possono essere collocate nella storia perché il ricordo è ancora fresco. Si parla di quanto bello e buono fosse il defunto, e si cerca di entrare in dettagli che, tutto sommato interessano solo ai parenti e agli amici stretti.
Mac, il libro su Luigi “Gino” Macaluso è diverso. Molto. Edito da Rizzoli (252 pagine, 75 euro), a cura della Fondazione Gino Macaluso per l’auto storica, più che sulla persona spinge l’acceleratore sul percorso compiuto da Macaluso e sulla logica di questo percorso. Che si può sintetizzare in un sentiero che esplora la meccanica d’eccezione con il gusto per il bello, derivato da una laurea in architettura. Potrebbe apparire fin banale se non si comprendesse che questo sentiero è stato in gran parte tracciato dallo stesso Macaluso.

Il rally

Gino inizia giovanissimo come navigatore in uno sport che proprio negli anni del suo impegno stava radicalmente mutando. Il rally diventava uno sport motoristico ricco di seguito popolare perché univa il consueto (autovetture apparentemente uguali a quelle di tutti i giorni) con l’eccezionale, ossia la trasformazione di queste auto in bolidi in grado di sfrecciare su qualunque terreno. Il pilota, come sempre, appare protagonista. Eppure chi va a scavare scopre che il navigatore alla sua destra diventa l’occhio sul futuro del pilota, quello che avverte di quel che l’equipaggio troverà fra breve, brevissimo tempo.

Per fare il navigatore devi essere preciso, meticoloso, attento, devi sapere cosa dire e quando dirlo. Forse Gino era così, forse lo è diventato: non importa. Sta di fatto che Macaluso, nel suo tutto sommato breve percorso nell’ambiente dei rally, comincia presto ad assumere incarichi più importanti che lo portano allo sviluppo di auto pensate in maniera specifica per i rally. E già comincia ad unire la passione per le vetture a quella per la vocazione tecnica ed estetica dell’architetto.

L’orologeria

Lasciato l’ambiente dei rally Gino Macaluso passa all’orologeria. Prima lavorando per un grande, storico distributore d’orologi, poi aprendo una propria azienda, la Tradema. Distribuisce Breitling, Blancpain, Hamilton e Girard-Perregaux. Per il mercato italiano dell’orologeria sono anni d’oro non solo in termini di vendite, ma anche per il contributo di disegnatori italiani. Tra i quali si colloca, appunto, Gino Macaluso, il cui apporto al successo di Breitling in Italia è stato determinante.

Poi, nel 1992, il passo decisivo. Macaluso acquista uno dei più antichi marchi d’orologeria svizzera: Girard-Perregaux. Ma non sono rose e fiori: affronta inizialmente forme di protezionismo piuttosto severe e le supera gradualmente. Come pure una certa diffidenza che solo dopo molti anni e molti risultati si trasformerà in ammirazione.

Non è una vita facile. Paga prezzi anche elevati, ma non molla mai, non deroga dalla strada ben delineata nella sua mente: la vocazione dell’architetto ad unire tecnica ed estetica. L’amore per la meccanica d’eccezione che sfocerà, infine, in una collezione di orologi dedicati alla Ferrari. I primi orologi d’alto lignaggio dedicati ad una marca d’automobili. Orologi di qualità tale da far comprendere come la strada migliore per unire automobilismo e orologeria debba essere quella che prevede pari dignità per entrambi i marchi.

Mac – la Fondazione Gino Macaluso per l’auto storica

Ecco, a ben vedere questo libro, per altro corredato da un notevolissimo impianto fotografico, possiede il valore di un manuale pratico ad uso delle nuove generazioni. Un manuale per comprendere come il talento vada supportato da studio e pazienza, da meticolosa volontà e dal coraggio di andare avanti quando tutto sembra remare conto. Tutte cose già dette mille volte, se vogliamo, che però in questo libro su Gino Macaluso emergono finalmente senza intenti agiografici, senza esagerazioni. Semmai – posso dirlo perché l’ho conosciuto – con la discrezione, con il pudore di chi lo sente ancora vivo e saprebbe bene quanto Gino non gradirebbe sentirsi trasformato in un santino. Un bel libro davvero. E utile.

Vorrei far notare infine che la Fondazione a lui intitolata non gestisce solo una pur ricca collezione d’automobili; ma un vero e proprio percorso storico, concepito non tanto per stupire con la bellezza di certe vetture, quanto per comprendere l’evoluzione dell’automobilismo italiano. Ancora una volta percorsi logici, ben espressi nello spirito di Gino Macaluso.